domenica 4 luglio 2004

arte e follia...
...e il fratello di Dalì

una segnalazione di Silvia Iannaco

Repubblica 2.7.04
Con Dalì all' insegna della follia

Lo scrittore e il musicista si confrontan sul tema della creazione artistica Milanesiana Questa sera si incontrano Ryuichi Sakamoto e Patrick McGrath McGrath: Scrivere un libro è una sorta di ossessione ma l' ansia riguarda la qualità della scrittur Sakamoto: Quando compongo ho bisogno di un suono che per me è come la pietra per lo scultore
di PICO FLORIDI


MILNO. Salvador Dalì ha ispirato a Elisabetta Sgarbi una serata all' insegna della follia. Una serata che anticipa la mostra di Palazzo Grassi per il centenario dell' artista con delle foto inedite e che vede protagonisti il musicista Ryuichi Sakamoto e lo scrittore Patrick McGrath. Sono stati scritti molti testi sulla follia reale o provocatoria di Dalì, ma se guardiamo la sua biografia troviamo un punto di partenza inquietante nella sua reincarnazione in un fratello morto a due anni nel 1903, un anno prima della sua nascita. Dalì fu chiamato Salvador come il bambino morto, fu vestito con gli stessi abiti e ricevette gli stessi giocattoli: una palingenesi del fratello scomparso che fu anche il destino di Vincent Van Gogh. Nacque in questo modo un uomo geniale, per il quale dipingere era una parte infinitesimale della sua personalità. La versatilità di Dalì si rispecchia in Ryuichi Sakamoto, artista che fa dell' eclettismo una virtù. Musicista classico, compositore, è uno dei padrini della techno-pop. Istintivo e camaleontico, Sakamoto attraversa le frontiere musicali e unendo generi e stili che vanno dalla bossa nova all' hip hop e anticipa un nuovo cd intitolato Chasm. In Italia è noto per le colonne sonore che ha scritto per Oshima, Stone, Almodovar, De Palma e naturalmente Bertolucci, con un Oscar per L' ultimo imperatore. Come in quella di Dalì, anche nella biografia di McGrath ci sono delle coincidenze bizzarre con quello che sarà il suo destino di scrittore. La sua promessa dell' alba è un' infanzia trascorsa a Broadmoor il manicomio criminale inglese dove il padre era responsabile della struttura. L' autore di Follia presenta Port Mungo (Bompiani, pagg. 297, euro 16) romanzo dove nulla è come sembra e dove le atmosfere minacciose fanno presa magnetica sul lettore raccontando un groviglio inestricabile di perversioni, nevrosi e insoddisfazioni. La vostra ispirazione ha mai avuto l' impeto della follia? SAKAMOTO: «La mia ispirazione non ha la forza di un demone. Quando ero più giovane cercavo gli stimoli più vari: niente sonno, droghe, ma sono metodi troppo rischiosi. Quando compongo ho bisogno di un suono, che è come la pietra per lo scultore. Un suono nel quale io possa vedere una forma bellissima. Il protocollo delle mie percezioni varia di continuo». McGRATH: «Scrivere un libro è un' ossessione, ma l' ansietà è solo rispetto alla qualità della scrittura e alla sfida di una storia ben congegnata. L' emozione è relativa solo alla paura dell' insuccesso. Le esplosioni avvengono solo nel contesto della mia scrivania e non mi seguono quando finisco la mia giornata di lavoro». Esiste una forma di scrittura musicale o letteraria che possa curare i malesseri psicologici? SAKAMOTO: «Ho scritto due pezzi per la voce di mia figlia Miu perché credo abbia delle qualità profondamente rilassanti, le qualità che ha la voce di una mamma per il suo bambino. Ma la stessa efficacia può esistere in altri suoni, naturali o artificiali. Quando ero più giovane, mi rilassavo arrivando ogni giorno nella stazione di Shinjuku, la più affollata di Tokyo. Adesso apprezzo sempre di più i suoni della natura». McGRATH: «La letteratura può essere di aiuto, è una delle sue funzioni, può aiutarci a vedere le cose con maggior chiarezza. Sto leggendo Ore italiane di Henry James. Le sue impressioni su Venezia mi aiutano a filtrare la massa di emozioni che questa città mi provoca, a dare ordine alla mia esperienza». Le vostre opere sono state descritte come a un tempo gelide e intensamente sentimentali. Come fate? SAKAMOTO: «Seguo semplicemente i miei sentimenti. Credo che ci sia sempre una parte di noi che resta obiettiva, anche quando siamo travolti da un grande dolore e la tragedia si opprime. Per l' essere umano è difficile dimenticarsi totalmente, resta sempre una specie di dislivello, un lato dal quale ci si può osservare». McGRATH: «E' una domanda difficile. Scrivo con molta cura, con molte revisioni, cercando di rendere la mia prosa chiara e musicale. La voce del narratore è molto importante perché rappresenta il controllo in superficie, lasciando erompere la passione in profondità». E' possibile l' improvvisazione pura? SAKAMOTO: «Per me il 95% della scrittura è codice. In musica non c' è un' unicità dell' originale rispetto alla copia. Siamo schiavi di un codice e possiamo solo attuare nuove combinazioni che esistono già. Quando suono il pianoforte, utilizzo lo stesso codice che era di Bach, trecento anni fa. Dov' è l' originalità, dov' è il diritto d' autore? McGRATH: «No, non esistono esperienze umane nuove. Ogni cosa che riesco a immaginare è stata vissuta da qualcun altro. A volte vi sono nuovi modi di esprimersi. Il Modernismo ha portato l' esperienza della macchina, del volo, della fotografia, forse è stato l' ultimo momento di novità in questo senso». Esiste una responsabilità sociale dell' artista? SAKAMOTO: «Non esiste un dovere preciso. La situazione di guerra che stiamo vivendo con l' Iraq è un problema attuale, ed è collegato a quello ambientale, che è a lungo termine. La ragione per cui la questione ambientale è profondamente connessa con tutti gli altri temi è che le decisioni sull' ambiente sono sempre motivate da ragioni economiche, politiche e spirituali». McGRATH: «Non come artista, forse come giornalista. La responsabilità dell' artista non esiste nemmeno nei confronti dell' arte. Se volessi cambiare il modo di pensare della gente scriverei dei pessimi romanzi. Molti credono che l' artista abbia un dovere in questo senso, per via della popolarità». Avete entrambi scelto di vivere parte del vostro tempo a New York. Come influisce sul vostro processo creativo? SAKAMOTO: «Per la creazione artistica è necessaria la pace. Dopo la tragedia dell' 11 settembre non potevo ascoltare né comporre musica. Avevo troppa paura. Adesso capisco gli iracheni. La sovranità dello stato è stata distrutta nel 2003». McGRATH: «L' 11 settembre ha avuto un impatto gigantesco. Stavo scrivendo Port Mungo e per molti mesi il mio lavoro è sembrato futile. Adesso l' incubo è cresciuto. Resta la sfrenata speranza di finirla con Bush a novembre».