domenica 4 luglio 2004

Bernardo Bertolucci

una segnaazione di Paolo Izzo

Repubblica 3.7.04
Il regista racconta l'amicizia con l'attore di "Ultimo tango" e come si sono ritrovati dopo 12 anni di silenzio
L'ultimo omaggio di Bertolucci "Sul set mi innamorai di lui"
"Con le lacrime agli occhi penso che morendo Marlon è diventato immortale"


«Con le lacrime agli occhi penso che morendo Marlon è diventato immortale. Ma forse lo era già allora, sul ponte di Passy, a Parigi. È quello che provava ogni giorno l´intera troupe di Ultimo Tango totalmente ipnotizzata dalla sua presenza. Nessuno di noi si era mai trovato davanti a una grande leggenda vivente. Lui era forse, per chi ama il cinema, l'unica vera mai esistita». Bernardo Bertolucci racconta il rapporto unico, difficile, complesso, con l'attore del film scandalo del '72. Brando definì Ultimo tango «una delle esperienze più imbarazzanti della sua carriera professionale». Nell'autobiografia svelò particolari scabrosi della lavorazione: «Un giorno volevano fotografarmi in un vero amplesso con Maria Schneider, ma faceva freddo e il mio pene si ridusse alla dimensione di una noce. Si era semplicemente prosciugato. Tutto il corpo sembrava essersi ritirato e la situazione era ulteriormente peggiorata dalla tensione, dall'imbarazzo e dallo stress. Ho persino parlato al mio pene e ai testicoli per farli crescere ma non ci fu verso».
Se per l'attore girare il film fu un incubo, Bertolucci rimase folgorato dalla personalità di Brando e dal suo talento. «Ricordo il primo ciak. Io grido: "Buona la prima!". Umetelli, l´operatore di macchina, arrossendo, mi sussurra: "Scusami ma mi sono trovato Marlon Brando nel mirino e sono rimasto a guardarlo, paralizzato". L'inquadratura è da rifare. All'Actor's Studio aveva imparato meglio di tutti a sentirsi un altro, a diventare un rivoluzionario messicano, o un Hell's Angel, o un portuale di New York, o un albero o un fiume. Il cinema chiede di solito a un attore di entrare nella pelle di un altro. Io invece gli ho chiesto il contrario, di portare nel film il suo vissuto, di uomo e di attore. Alla fine mi ha detto: "Non farò mai più un film così. Non mi piace fare l'attore ma questa volta è stato peggio. Mi sono sentito violentato dall´inizio alla fine, la mia vita, le mie cose più intime, anche i miei figli, mi hai strappato fuori tutto". Non mi ha parlato per dodici anni. Mi ha fatto soffrire brutalmente, mi ha fatto dubitare di me e del mio lavoro. Poi, un giorno, l'ho cercato e lui mi ha tenuto al telefono per due ore. Abbiamo ricominciato a parlare come allora, c'era un grande buco da colmare e Marlon era diabolicamente curioso. L'ultima volta l'ho visto a casa sua qualche anno fa, erano le due del pomeriggio nella luce malata di Mulholland Drive. Parlavamo parlavamo e ben presto erano le otto di sera e continuavamo a parlare senza accorgerci che era diventato completamente buio. Nel buio gli chiesi se si era mai accorto di quanto fossi stato innamorato di lui».