domenica 12 settembre 2004

Manoel De Oliveira

Giornale di Brescia 12.9.04
Il novantaseienne maestro portoghese riceve il Leone d’Oro alla carriera e parla de «Il quinto impero», in Mostra fuori concorso
De Oliveira, la mia utopia al futuro
«Grazie per aver capito i miei film; ora vi racconto il mito dell’armonia universale»

VENEZIA. «I festival hanno bisogno di chi sa vedere con anticipo, e Manoel De Oliveira sa davvero vedere il futuro del cinema». Il direttore della Mostra Marco Müller ha scelto queste parole per invitare sul palco della Sala Grande il maestro portoghese, insignito del Leone d’oro alla Carriera. E per definire il suo cinema ha citato una frase di Jean Louis Schefer: «Questo anziano signore ci insegna che il cinema non esiste: non c’è vocabolario, non ci sono costrizioni, si può inventare tutto ». A dispetto dei suoi 96 anni, de Oliveira si è presentato in piena forma a ricevere il Leone d’Oro. «Grazie per il calore dei vostri applausi - ha detto alla platea che lo acclamava con una standing ovation - è una grande soddisfazione aver fatto film che sono stati capiti». A consegnare il premio, accanto al presidente della Biennale Davide Croff, il direttore della fotografia di molti film del maestro portoghese Renato Berta, che ha anche ricordato un aneddoto della sua esperienza con lui. «Sul lavoro riesce a vedere proprio tutto - ha sottolineato - e un giorno si è anche accorto di un armadio che avevo spostato di 10 centimetri per migliorare un’inquadratura». Il suo ultimo film è dedicato a un’utopia del Cinquecento che può ancora parlare al nostro tempo. È il mito del Re Sebastiano, teatralmente riproposto nel film «Il quinto impero. Ieri come oggi», presentato fuori concorso alla Mostra. Un’utopia di armonia universale che ritorna ossessiva nella storia - rileva il regista portoghese - trovando le sue ultime incarnazioni nell’Onu e ora nell’Unione Europea. E un desiderio reso ancora più attuale dalla «violenza atavica» ricomparsa nel nostro tempo («Il mondo sembra vittima di un ritorno al Medioevo» - dice il maestro). Ma quello del giovane re portoghese, morto da giovane sul campo nella storica sconfitta di Alcacer-Quibir del 1578 è anche un mito trasposto nella cultura islamica. È il mito del re "Atteso" alla nascita e poi del re "Nascosto" dopo la morte, di cui si aspetta messianicamente il ritorno perché sconfigga per sempre il male del mondo e stabilisca la pace e l’armonia tra i popoli. «Un mito e un’utopia fondati sulle radici religiose dell’Europa Cristiana», sottolinea de Oliveira, ricordando l’attenzione che gli è stata riservata anche da pensatori del Novecento come Pessoa.