domenica 12 settembre 2004

plasticità

Repubblica Salute
L'intervista
"Ecco come si rigenera il cervello"
Il professor Malgaroli racconta le tappe della rivoluzione in neurologia

E' il 1999 quando Elizabeth Gould e Charles Gross, neurobiologi all'Università di Princeton pubblicano sulla rivista "Science" la loro rivoluzionaria scoperta: il cervello continua a rigenerarsi anche negli adulti e ogni giorno ci sono migliaia di nuove cellule nervose. Queste migrano dal centro verso la superficie del cervello, la corteccia, sede delle funzioni cognitive superiori. Nel viaggio maturano e, giunte a destinazione, creano nuove connessioni. La scoperta smentisce la convinzione che il cervello si sviluppi sino a tre anni di età. Solo un anno dopo, su "Stroke" appare lo studio che dimostra, per la prima volta, la capacità di rimodellarsi del cervello degli esseri umani. La corteccia, se stimolata, è in grado di compensare la perdita di neuroni distrutti da un ictus.
Così l'americano Edward Taub apre la strada alle ricerche sulla "plasticità neuronale".
Questo ha rivoluzionato le prospettive terapeutiche e riabilitative, ma anche aperto la strada alla possibilità di tenere il cervello in allenamento, e quindi, alla stregua del lavoro muscolare, di ottenere effetti benefici, primo tra tutti il rallentamento dell'invecchiamento e della perdita delle facoltà cognitive. "E' stato osservato che la formazione lenta di grandi masse tumorali cerebrali possono non dare sintomi di malfunzionamento", racconta Antonio Malgaroli, direttore dell'Unità di Neurobiologia dell'Apprendimento, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, "perché il cervello è in grado di compensare le funzioni perse".
Per alcune funzioni, pensiamo ad esempio alla coordinazione motoria in un ginnasta, esiste però un "periodo d'oro", in genere precoce, ed è la ragione per cui è possibile raggiungere l'eccellenza in talune attività solo se iniziate da piccoli. Ma sappiamo che è sempre possibile imparare cose nuove e creare nuove connessioni tra i neuroni e questo rallenta l'invecchiamento nervoso. Alla stregua di un bicipite quindi anche il cervello può essere tenuto in allenamento. "Ma dato che il cervello è contenuto in una scatola ossea e non può aumentare di dimensioni, le zone allenate si espandono a scapito di quelle vicine", continua Malgaroli, "in questo senso ogni allenamento è selettivo, ma ciò non deve indurre a pensare che sia uno svantaggio. Serve invece a contrastare l'effetto dannoso di alcuni fattori ambientali sui neuroni e alla base delle più comuni malattie degenerative nervose, come le demenze. Inoltre è chiaro che queste patologie devono colpire proprio i meccanismi alla base della plasticità: è proprio in questa direzione che si stanno dirigendo molte ricerche".
Se la maggior parte dei fattori alla base dell'insorgenza delle malattie nervose sono ambientali (traumi, inquinamento, infezioni) è intuitivo che farsi trovare preparati ad eventuali 'insulti' sia una ottima prevenzione. Così come un buon sistema immunitario ci protegge dalle aggressioni esterne, in maniera analoga un cervello ricco di neuroni e connessioni sarà meglio difeso da eventuali aggressioni o risponderà meglio alla fisiologica perdita dei neuroni più vecchi.
Che fare allora? Moltissimo, perché il 90% delle attività che noi compiamo ogni giorno vengono svolte dal cervello senza alcuno sforzo, in maniera automatica, pensiamo al camminare, guidare l'auto, parlare, eseguire compiti noti.
Diventa quindi fondamentale intraprendere di tanto in tanto delle attività completamente nuove, perché è proprio nella fase di apprendimento che il cervello si esercita al meglio. Malgaroli sottolinea e conclude: "La conferma definitiva grazie, come al solito, agli animali di laboratorio con tecniche di visualizzazione cerebrale "in vivo" che mostrano le nuove connessioni dopo particolari esercizi".
(j. r. m.)