domenica 5 settembre 2004

Piergiorgio Odifreddi

La Stampa 4/9/2004
Ci vuole logica, se non vuoi cadere in trappola
Piergiorgio Odifreddi divulga le regole essenziali del pensiero e del linguaggio, fra teorie e aneddoti, da Parmenide a Gödel da Kant a Amartya Sen: una disciplina che in matematica come in politica «redime dalla metafisica»
Piero Bianucci


SE in una stazione domandi qual è il treno per Brindisi, qualcuno ti risponderà l’IC 726, qualcun altro l’Inter City in partenza dal terzo binario e qualcun altro ancora farà segno con il dito dicendo: «Quello lì». Sono tre livelli di discorso: accademico, «medio-alto» e popolare. Piergiorgio Odifreddi li pratica tutti e tre con la stessa dedizione e disinvoltura. Da accademico, insegna logica matematica all’Università di Torino e, stagionalmente, alla Cornell University di New York. Divulgazione alta è, per esempio, Il diavolo in cattedra, una storia della logica che ha pubblicato un anno fa da Einaudi, dove parecchie pagine sono irte di formule. Divulgazione più popolare nel senso migliore della parola è Le menzogne di Ulisse, un’altra storia della logica ma più narrativa e colorita, appena uscita da Longanesi. Come nel caso della stazione l’importante è che il viaggiatore salga sul treno giusto, così nei tre esempi fatti si può stare tranquilli che Odifreddi ti porterà felicemente a destinazione. Collane librarie, saggi, passaggi in tv, conferenze, dibattiti: convinto che in sostanza comunicare e divulgare sia quasi la stessa cosa, Odifreddi non tralascia nessuna opportunità. Questo pomeriggio, per esempio, è a Sarzana per il «Festival della Mente»: nel Chiostro di San Francesco spiegherà che «Creare è una questione di logica»; sabato prossimo sarà al Festival della Letteratura di Mantova per l’evento «Ti racconto... Alan Turing» a Palazzo San Sebastiano. Le menzogne di Ulisse è un libro intessuto di aneddoti e curiosità, merce che tra i matematici e i logici sovrabbonda. Per restare al tema del pensiero creativo di cui a Sarzana stanno discutendo biologi, filosofi, psicologi, musicisti e scrittori, è interessante scoprire come sia stato diverso l’approccio alla logica di persone ugualmente geniali come Pitagora, Newton, Kant, Goedel, Turing o Einstein. Chi operava nella massima concentrazione razionale, chi partiva dall’esperienza, chi, come Poincaré, aveva ispirazioni improvvise nelle situazioni più varie: «Dopo aver bevuto una tazza di caffè, sul predellino di un autobus, passeggiando sulla spiaggia, attraversando la strada». E infatti, riferisce lo psicologo Toulouse, si dedicava allo studio dei problemi dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, «lasciando la mente vagare nel resto del tempo». Spesso incominciava a scrivere senza sapere dove sarebbe andato a parare, cambiando tema se il discorso non veniva bene. Così produsse 500 lavori e una trentina di libri, inclusi quelli che hanno fondato la teoria del caos deterministico. La logica però non la prendeva sul serio, pensava che tutt’al più servisse a controllare le intuizioni, il che non gli impedì di darle contributi geniali. In quanto disciplina che studia il pensiero e il linguaggio, la logica ha qualcosa da dire su tutto, ma è in matematica e informatica che ha avuto gli sbocchi più rilevanti: con Goedel e il suo teorema di incompletezza, secondo il quale di alcune affermazioni non si può dire né che sono vere né che sono false perché sono indecidibili («come nei migliori processi di mafia», soggiunge Odifreddi maliziosamente); e con Turing, la cui tesi di laurea pose le basi della macchina universale, il computer, nella quale lo stesso hardware è programmabile in una quantità illimitata di modi, così da poter affrontare illimitati problemi. Il teorema di Goedel, fa notare Odifreddi, ha un peso analogo al principio di indeterminazione di Heisenberg, fondamentale nella fisica quantistica: «Come il teorema di incompletezza ha decostruito la nozione metafisica di verità matematica sostituendola con quella operativa di dimostrabilità e scoprendo l’esistenza di verità non dimostrabili, così il principio di indeterminazione ha decostruito la nozione metafisica di realtà fisica, sostituendola con quella di misurabilità e scoprendo l’esistenza di realtà non misurabili». Ma la logica ha contribuito alle scienze della vita (in particolare al problema-cardine dell’autoriproduzione, dal Dna al replicarsi delle cellule e degli organismi), alla politica (il teorema di Arrow mette in crisi la possibilità della democrazia), alla nozione di diritto (decostruita da Amartya Sen, premio Nobel nel 1998). Ancora più in generale, la logica ha il ruolo di smontare quelle sublimi trappole che il pensiero e il linguaggio costruiscono, rimanendo poi prigionieri di concetti come essere, infinito, verità. «Fino a quando la cosa si mantiene nel sano ambito della logomachia e della logopaidia, cioè della battaglia o del gioco di parole, tutto va bene - conclude Odifreddi -. Ma quando si soffre di logopatia o di logolatria, cioè di patologia o di adorazione del linguaggio, allora diventano necessarie una logopedia o una logotomia, una rieducazione o una asportazione del logos, che solo la logica ha dimostrato di saper effettuare». Insomma: la logica non si limita a far piazza pulita della metafisica ma è «una redentrice dal peccato originale del linguaggio, apparsa in Terra per riscattare chi parla e chi pensa».