sabato 2 ottobre 2004

alla caccia della superforza

La Stampa TuttoScienze 29.9.04
PER ESPLORARE IL MICROCOSMO

ERA la teoria di Weinberg, Glashow e Salam a suggerire che due forze fondamentali della natura, quella elettromagnetica (che domina la nostra vita, regolando la chimica, l’elettronica, la luce e le altre radiazioni) e l’interazione debole (che regola i fenomeni legati alla radioattività) hanno una radice comune. E la teoria nel 1979 aveva avuto anche la consacrazione del premio Nobel ai suoi tre ideatori. Mancava però ancora la prova sperimentale. Bisognava trovare le particelle W e Z che trasportano la forza unificata, cioè l’interazione elettro-debole. La loro scoperta, compiuta nel 1982 al Cern, ha segnato il sorpasso della fisica europea su quella americana. «Sono contento che W e Z esistano davvero - commentò all’epoca Weinberg - perché così non dovrò restituire il Nobel». Nel 1976 al Cern era entrato in funzione il Super Proto Sincrotrone, SPS, un anello di magneti lungo sette chilometri costruito in un tunnel a 40 metri di profondità tra Svizzera e Francia. Questa macchina era in funzione da due anni quando Carlo Rubbia propose di modificarla per fare scontrare non più protoni contro bersagli esterni ma protoni e antiprotoni accelerati in direzioni opposte nello stesso sottile tubo a vuoto, raddoppiando così l’energia di collisione. La difficoltà stava nel tener insieme i pacchetti di protoni e antiprotoni: entrambi, infatti, essendo formati da particelle con la stessa carica elettrica (positiva i protoni, negativa gli antiprotoni) tendono a disperdersi in quanto le cariche uguali si respingono. L’ingegnere olandese Simon Van der Meer riuscì a risolvere questo problema: si ottennero così collisioni ad energia due volte più alta e W e Z divennero una realtà sperimentale. Già nel 1984 Rubbia e Van der Meer ricevevano il Nobel per la fisica. La macchina successiva, il Lep, Large Electron Collider, lunga 27 chilometri ed entrata in funzione nel 1989, ha poi studiato a fondo le due particelle ed ha fornito la prova indiretta che esistono tre e soltanto tre famiglie di particelle, a conferma del Modello Standard elaborato dai fisici negli ultimi quarant’anni, contribuendo inoltre all’individuazione del sesto e ultimo quark, il Top, scoperto poi al Fermilab di Chicago. Nel 1992 un altro premio Nobel andava a un fisico del Cern, Georges Charpack, per l’invenzione della «camera multifili», un rivelatore di particelle subnucleari che ha poi trovato applicazione anche nella diagnostica medica. Tre anni dopo, nel 1995, Walter Oelert, con la collaborazione di Mario Macrì, riusciva a creare per la prima volta atomi di anti-idrogeno: 9 in tutto, che però nel 2002 divennero più di 50 mila: era l’inizio dello studio fisico del primo anti-elemento della anti-tavola di Mendelejev. Un altro risultato di grande rilievo è datato 2000: la produzione di un plasma di quark e gluoni 20 volte più denso di un nucleo atomico che ha riprodotto le condizioni dell’universo a meno di un miliardesimo di secondo dal Big Bang. Intanto, per rendere più efficiente lo scambio di dati tra i fisici di tutto il mondo, Tim Berners Lee e Robert Caillau avevano ideato il software ipertestuale www per mettere in contatto computer con standard diversi tramite Internet: il primo server entrò in funzione al Cern nel 1990, il secondo a Stanford nel 1991, nel 1994 i server collegati erano 10 mila, oggi sono 50 milioni. Quelle tre w hanno rivoluzionato l’informazione, il costume, l’economia, forse anche la politica. Ora al Cern sta nascendo LHC, Large Hadron Collider, un acceleratore di protoni che aprirà nel 2007 una nuova fisica dando la caccia alla particella di Higgs, l’ultimo tassello latitante del Modello Standard. Per analizzare i dati si userà Grid, un software che mette in comune la potenza di calcolo dei computer in Rete. L’impatto di Grid sulla nostra vita quotidiana al momento non è prevedibile, come non lo era quello delle tre w nel 1900.