Repubblica edizione di Bari 24.10.04
Emirati, minareti e fortezze
"Qui una convivenza esemplare"
Medioevo da mille e una notte le tracce dell´Islam in Puglia
VITO BIANCHI
Federico II, Al-inbiratur, aveva trascorso la fanciullezza alla corte di Palermo. Arabi erano stati i suoi precettori. Araba la lingua che aveva orecchiato nelle stanze delle cancellerie. Araba la matrice delle favole ascoltate: col Kitab Kalila wa Dimna s´era sgranato agli occhi del principino tutto un fantastico mondo di cose mirabili e animali parlanti. Per le sale del Palazzo Reale, il piccolo re s´era poi edotto ai Conforti politici che Ibn Zafer, arabo di Sicilia, aveva composto nel XII secolo. E per i cortili e i giardini palermitani il fanciullo era cresciuto nel vivace cosmopolitismo post-normanno. L´eclettismo culturale assorbito nell´infanzia sarà un bagaglio che lo stupor mundi porterà sempre con sé e lo renderà sensibile non tanto all´Islam-religione, quanto all´Islam-pensiero, al fascino di un patrimonio che per spirito di sperimentazione e metodo d´indagine sopravanzava l´Europa cristiana. Filo-islamismo? Non del tutto: dal 1222 al 1233, e ancora oltre, Federico II condusse contro i Saraceni di Sicilia un´operazione di polizia che si risolse in un bagno di sangue.
I sopravvissuti furono deportati in Puglia, a Stornara, Girofalco o Castelluccio dei Sauri. E soprattutto a Lucera, civitas sarracenorum. Al tempo di Manfredi è inoltre ricordata un´ambasciata di Ibn Wasil (un erudito), in cui si narra dell´esistenza, nell´abitato lucerino, di una "Casa della scienza", dove si coltivavano le dottrine speculative, sulla falsariga degli istituti scientifici della Baghdad abbaside e del Cairo fatimide.
Prima di Federico II la componente musulmana non era estranea al territorio, tutt´altro: la stessa realizzazione del castello di Bari, nel 1132, fu demandata da re Ruggero II a costruttori saraceni. Senza parlare dell´instaurazione dell´emirato di Bari (847-871), menzionato da quell´al-Baladhuri che visse alla corte di Bagdad nel IX secolo. Secondo una tradizione locale, fu proprio in quel frangente che vennero traslate le ossa di San Sabino (l´altro protettore cittadino, insieme a San Nicola) da Canosa a Bari. Fu allora che l´emiro barese Sawdan, pianse il giorno in cui vide il dotto ebreo Abu Aaron, per sei mesi suo prezioso consigliere, lasciare la corte per tornare in Oriente. E sempre a quel periodo diversi studiosi hanno addebitato l´origine delle fortune commerciali di Bari. Durante l´emirato, non un tumulto, non una rivolta, non una protesta si levò da parte della popolazione locale, diversamente da quanto accadde con Longobardi, Bizantini e Normanni.
Nel Medioevo un governo di matrice islamica pareva essere più conveniente per tutti, anche per ebrei e cristiani erano sì sottoposti a una tassa di religione. Ma rientravano in tal modo nella fascia dei "dhimmi", i protetti. Anche a Taranto, fra l´840 e l´880, prosperò una base saracena, probabile emirato. Si è spesso affermato che, in Puglia, la presenza di tracce della cultura islamica, al di là della ricorrenza nei cognomi (come il diffusissimo Morabito, da al-murabitun) o nel dialetto (in barese il denaro è ancora detto tarnìse, da tarì, la moneta araba fresca di conio), non sia percepibile. Ma basta uno sguardo al portale dei Santi Niccolò e Cataldo a Lecce, alla Cattedra di Ursone nel duomo di Canosa o all´Archivolto del portale del Duomo di Trani o all´assetto urbanistico di molti piccoli centri per convincersi del contrario. Ancora fra Ottocento e Novecento, nel Salento, sorgeranno dimore signorili ispirate ai profumi d´Oriente: villa Sticchi a Santa Cesarea Terme, o villa De Francesco, a Santa Maria di Leuca, architetture che componevano ambienti da "Mille e una notte". Più perspicua è la costruzione del sontuoso minareto di Selva di Fasano, voluto da un pittore barese, Damaso Bianchi, con maestranze e materiali fatti arrivare dalla Tunisia e dalla Libia.
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