domenica 24 ottobre 2004

ossimori
l'«Associazione psichiatri e psicologi cattolici»:
santità
(sic!) e follia

Avvenire 23.10.04
Travolti dallo spirito
di Pierluigi Fornari

Roma. Santità e follia. Un binomio a volte superficialmente appiattito in un'identità. Per superare indebite «commistioni» si tiene oggi e domani a Roma il Forum su «Santità e Follia, oltre la confusione», quinto Meeting organizzato dal Movimento europeo per la psicologia e l'antropologia cristiana. L'organizzazione unisce cristiani di tutti i paesi dell'Europa: teologi, psicologi, antropologi, consulenti, psichiatri, medici e altri professionisti. Dalle relazioni di ricercatori che provengono da Polonia, Gran Bretagna, Germania, Italia emergono i tratti specifici della santità che trova nella fede, nella capacità di perdono, nell'amore al nemico «la sua misura». «Perdonare il prossimo, il nemico, se stessi - spiega Alberto Scicchitano, vicepresidente dell'Associazione italiana di psichiatri e psicologi cattolici - "perdonare" la propria storia, significa recuperare la libertà, salvando preziose energie psichiche».
«Il convegno si propone di affrontare i rapporti tra scienza e fede - spiega Ermes Luparia, presidente dell'Aipcc - dal punto di vista di un spaccato particolare, di frontiera, come quello del tema prescelto. In secondo luogo puntiamo a costituire un coordinamento europeo, con un mutuo arricchimento attraverso lo scambio delle esperienze».
«Si deve superare l'equivoco riduzionista per cui con la psichiatria si cerca di spiegare la santità - aggiunge Tonino Cantelmi, fondatore dell'Aippc, che domani concluderà il forum -. Ma non si è santi perché folli, ma perché si è fatto un incontro personale con Gesù Cristo e questo può riguardare ogni categoria di persone».
A evidenziare i caratteri precipui della santità, Scicchitano indica la vicenda di san Giovanni Calabria, che affrontava i suoi alti e i suoi bassi ancorato ai consigli del padre spirituale. E allora infaticabile si dava da fare per costruire l'opera per i bimbi abbandonati, e poi durante la fase depressiva, sempre ben consigliato e confortato tiene ferma la fede: «Sono giorni di tenebra, di prove inaudite, sento il mio nulla e la mia miseria ma sento che Gesù vuole su questo costruire in questa ora oscura anche se sono invaso dall'angoscia per l'inutilità della mia vita».
Agli inizi del '800, un celebre malato, Sir Perceval, figlio del primo ministro inglese, così individuava il discrimine della follia: «Nelle operazioni dell'intelletto umano accade sovente che una voce manifesti il suo volere così celiando; nel fraintendere o pervertire queste rivelazioni, nel prendere sul serio questa forma di discorso consiste forse il peccato originale. Perché la mente dell'uomo dopo la caduta nello stato di disgrazia scambia lo spirito d'umorismo per spirito di Verità, questa è la pazzia».
Dunque per ricondurre in un circolo virtuoso la sofferenza mentale, sottolinea Scicchitano, sono necessarie risorse l'umiltà e una comunità di appartenenza che «consenta una forte "resistenza a terra" per non restare fulminati».
Nell'ambito del convegno sarà trattato anche il tema particolarmente delicato della psicoterapia vocazionale. «È la sacralità dell'opera a richiedere da parte dello psicoterapeuta la necessaria coscienza di essere egli stesso in un personale percorso di vocazione e di conversione», ammonisce Luparia. «La chiamata ad affiancare i consacrati nel loro cammino di discernimento, formazione o difficoltà comunitarie ed individuali, non può essere considerata un ambito del tutto simile a quello che riguarda il "mondo secolare"». «Lo psicoterapeuta o psicologo vocazionale - sottolinea il presidente dell'Aippc - riceve un mandato speciale, quello di entrare nella storia vocazionale della persona senza interferire sul progetto divino, ma entrandoci con tutta la propria sensibilità, intuizione ed attento ascolto, per sostenere ed alleviare il cammino di crescita, là dove esistono dei nodi evolutivi che non permettano un cammino vocazionale sereno».