Liberazione 22.10.04
Il punto è: come battere il riformismo blairiano
di Fabio Mussi
"Si respira un clima di nuovo dinamismo", scrive Rina Gagliardi su Liberazione del 20 ottobre, parlando della sinistra italiana sulla scia delle dichiarazioni di Fausto Bertinotti. Posso convenire con lei, a patto che si sappia che le rotte e gli approdi non sono già tutti tracciati. Che c'è una incertezza vera sugli esiti, e una lotta politica in corso, e una battaglia culturale, dentro e fuori i partiti. Vorrei provare a parlar chiaro.
Nascerà un "partito riformista", inesorabilmente spostato al centro, figlio legittimo delle suggestioni blairiane che tanto hanno pesato in questi anni sulla sinistra italiana maggioritaria? Quelle suggestioni che hanno fatto dire anche a D'Alema, in un impeto di sincerità, "abbiamo troppo subito il fascino del liberismo"? E' evidente che a sinistra allora nascerà una nuova forza. Le cose hanno una loro logica, persino a prescindere dalle intenzioni e dalle volontà soggettive.
Il punto è che io non dò affatto per scontato il compimento di questo progetto. Penso anzi che, se lì dovessimo andare a parare, sarebbe una sconfitta di tutti. Penso che occorra agire per evitare, nella alleanza democratica che si sta costituendo, l'effetto "maionese impazzita", quando gli ingredienti si separano, l'olio con l'olio, il limone con il limone, i riformisti coi riformisti, i radicali con i radicali. Sospetto che una tale separazione intaccherebbe le basi politiche della alleanza e ne farebbe regredire i contenuti programmatici. Maestra è l'esperienza: quando la squadra del centrosinistra è al completo, vengono proposte buone (lo si è visto nella riunione dell'11 ottobre), quando si chiude il recinto dei riformisti, si cammina come i gamberi (qualche esempio? La stralunata discussione di mezza estate sull'invio di truppe Nato in Iraq, o la danza al tempo stesso semilaica e semiclericale a proposito del referendum sulla procreazione assistita).
Per questo io sono nei Ds, sto nei Ds, mi batto nel Congresso dei Ds, e, galileianamente, ypotheses non fingo, non immagino ipotesi di "Cose" alternative, di "Case della sinistra alternativa", come scrive Gagliardi. Non vorrei mai offrire su un piatto d'argento, con una separazione volontaria, esattamente quella divisione in due campi - riformisti e radicali - di cui vedo troppi paladini. L'imperativo attuale è: mescolare, mescolare, mescolare….
In questo senso mi interessa il rapporto con Bertinotti. Mi interessa che fermentino le idee di una cultura critica innovativa, l'immaginazione di "un altro mondo possibile", la rielaborazione del pensiero dei diritti universalistici nelle società contemporanee, l'indicazione di un nuovo inventario dei beni comuni dell'umanità, la critica radicale al sistema della violenza, del terrorismo e della guerra. E il progetto di un governo per l'Italia. C'è però un'ambiguità nell'espressione "sinistra alternativa". L'alternatività deve riferirsi al programma della alleanza, alternativo a quello della destra: troppo spesso invece il concetto viene coniugato con lo spirito minoritario di una parte della sinistra che c'è. Con l'idea che, alla fine, siamo nati per l'opposizione. Non lo dico naturalmente a Rifondazione: il passaggio dall'accordo di desistenza del 1996 alla proposta di un "programma comune" per il governo, è una delle novità più importanti della situazione politica italiana. Ho la presunzione di aver dato un qualche contributo, con il "correntone", a riaprire i canali intasati a sinistra, a ricostruire così alcune delle condizioni per la Grande alleanza democratica.
Critico ora la "Federazione riformista". Vedo che Fassino tira dritto. Vedo anche che le difficoltà sono enormi, come risulta dallo stesso inquieto dubbio sulle liste da presentare alle regionali, e dall'indecisione forte nell'indicare apertamente la meta del partito unico riformista. Dubbi e indecisioni che salgono dal fondo della società (ricordo un magnifico Cesare Luporini: "Il Grund di cui parla Marx non è "fondamento", come traducono le anime belle hegeliane, è "fondo": le cose hanno un fondo, piuttosto che un fondamento ….). Non c'è, nella coscienza politica profonda della società italiana, qualcosa che corrisponda davvero al "soggetto riformista". Tale progetto ha una matrice elitaria. L'Ulivo aveva, nel maggioritario, il 45% nel 1996 e il 43.7% nel 2001 (quando perse). "Uniti nell'Ulivo" lo ritroviamo al 31.1% nel proporzionale delle europee 2004. Nel '96 era un fiume in piena che correva più di noi, ora è una pioggia fredda che cade dall'alto. E per la Grande Alleanza Democratica dobbiamo trovare, alla svelta, un nuovo universo simbolico in cui possano riconoscersi e identificarsi milioni di persone.
Per queste ragioni penso che la partita non sia chiusa, nei Ds. Questo è il mio partito. Figlio della svolta dell'89 di cui io sono stato fervente sostenitore. Riconoscendo oggi che, nella foga dello strappo dal Pci, vennero via allora anche radici buone, come il valore forte dell'uguaglianza che il fallimento della globalizzazione liberista ci ripropone intatto, semmai ancora più vivo e attuale. Ma trovo improbabile che si ritrovi un sentiero nel campo devastato del comunismo del 900. Dobbiamo piuttosto guardare avanti, verso una sinistra e un socialismo pacifista, ambientalista, antiliberista, libertario. E questo è un nodo assolutamente non sciolto.
Penso perciò che non ci sia bisogno di tracciare le frontiere di nuovi "contenitori". E di gettarsi nel tango di nuove "scissioni e fusioni" - come scrive Rina Gagliardi -. Le nostre azioni devono essere misurate sull'obiettivo di battere la destra. Invece c'è un buon lavoro programmatico nel quale impegnare, anche trasversalmente, le forze. Tra le cose che mi preoccupano, c'è questo costante rinvio dell'appuntamento del programma. Sappiamo bene che occorrerà, nella coalizione, trovare un punto di sintesi, e anche di compromesso. Darci anche delle regole: Bertinotti ha aperto sul principio di maggioranza nella coalizione, a patto - egli dice giustamente - che il processo sia democratico e partecipato. Vedo qui una possibilità, ognuno dalla postazione che occupa, di fare un lavoro importante sui contenuti, tenendo aperta la stagione che ha visto irrompere, e non solo sulla scena nazionale, grandi movimenti portatori di buona politica.
Proviamo a fare questo lavoro sul programma, cioè a dare un contributo serio, qui e ora, alla sinistra e alla alleanza democratica?
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»