domenica 10 ottobre 2004

medioevo

Corriere della Sera 10.10.04
Dalla trama dei conflitti fra papato, impero e comuni emerge la vera chiave di lettura per capire il Medioevo

Il Medioevo: un'età, nel migliore dei casi, di gestazione di embrionalità, di conati, di violenze belluine e di misticismi. Un periodo magmatico, il cui connotato tendenzialmente «negativo», per umanisti, protestanti, illuministi, sembra comunemente riscattarsi nella funzione di preparare l'età moderna. Né una visione progressiva del Medioevo, in una storia peraltro eurocentrica, si può oggi accogliere per una vera comprensione, allorché si è cercata un'autentica interpretazione di quell'epoca attraverso la valorizzazione di miti e saghe, in un ribaltamento della «fatale» razionalità della storia. Questo non è stato, felicemente, l’approccio del libro di Giovanni Tabacco e Grado Giovanni Merlo ora in edicola con il Corriere . Un tratto originale del libro è rappresentato intanto dall’attenzione posta al riordinamento delle società romano-germaniche, sollecitate da culture autoctone (germaniche, nord-orientali, asiatiche) e attratte, peraltro, da modelli di molto più elaborata cultura, per un verso filtrati attraverso l'assunzione delle tipologie tardo imperiali fatte proprie dalle giurisdizioni ecclesiastiche, per un altro mutuati dai rituali politico-linguistici orientali, mentre conosceva diffusione e successo un'altra esperienza religiosa, culturale e sociale, quella monastica, che proponeva, su scala ridotta, un altro modello di aggregazione sociale razionale, in vista di una finalità salvifica pienamente compatibile con la spiritualità del cristianesimo, che è lungi dall'essere, sino al IV-V secolo, «romanocentrico». L'ottica «globale» di un Medioevo occidentale, religiosamente accentrato su Roma e idealmente collegato col mito universale della stessa Roma, viene ampiamente riconsiderata. A segnare una prima divisione di processi di sviluppo non fu tanto l'irruzione islamica nel Mediterraneo (tesi Pirenne), quanto il costituirsi, proprio in Italia, di una monarchia longobarda, che nel corso di una lunga durata (due secoli!), assunse la funzione di catalizzatore degli sviluppi successivi: i Longobardi a) non permisero che si realizzasse l’aspirazione dell’impero bizantino di ricostituire l'unità ecumenica dell'antica Roma intorno al Mediterraneo; b) indussero la Chiesa di Roma a compiere una scelta occidentale, per non divenire la Chiesa nazionale longobarda, cercando una protezione più efficace e meno invasiva dell'impero bizantino nella forza emergente dei Franchi; c) offrirono, al momento del loro crollo, l'occasione per il costituirsi di un’entità che rappresentò un riferimento, per la società altomedievale, paritetico a quello che, comunque, s'era mantenuto ad Oriente. Nel contempo, fallito il disegno «tripolare» universale di una società cristiana fondata sulla Chiesa di Roma e sui due imperi (Bisanzio nel secolo IX dovette riconoscere l'impero dei Franchi), il carattere occidentale dei processi storici del Medioevo si espresse per un verso nel rapporto simbiotico, ma istituzionalmente ambiguo, tra sacerdozio e regno, sulla cui carismaticità aveva posto una pesante ipoteca l'iniziativa di Leone III di incoronare imperatore Carlo Magno, per un altro sull'oggettiva difficoltà e poi impossibilità di far coesistere il disegno perlomeno coordinato dell'esercizio di un potere politico-economico condiviso ed ambíto nello stesso tempo tra le stesse forze che teoricamente in un ordinamento «pubblico» avrebbero dovuto garantire il disegno carolingio. E quindi la società europea continua ad esprimere più forze autonome che centripete, più gestioni signorili autonome che funzionalità gerarchiche: ed in questo senso il Medioevo occidentale è ben lontano dal poter essere identificato con il «feudalesimo», o, ancor peggio, visto come anticipazione di un'idea di «stato», modernamente inteso, poiché coinvolgeva nel suo stesso dinamismo per l'esercizio del potere forze laiche ed ecclesiastiche, indifferentemente.
Sino a tutto il secolo XII, non ci fu più invasione «laica» di ambiti patrimoniali e giurisdizionali «ecclesiastici» di quanto ci fosse gestione «ecclesiastica» sollecitata, concessa e difesa di ambiti patrimoniali e giurisdizionali «laici». Questa fu una componente essenziale della cosiddetta «Lotta delle investiture»: che, peraltro, accelerò notevolmente il processo di centralizzazione del papato nei confronti dell'episcopato e delle chiese d'Occidente. I caratteri stessi delle ragioni e dell'esercizio del potere furono necessariamente riconsiderati, gli universalismi tradizionali si andarono specificando come assolutismo spirituale e temporale nel papato, che coinvolgeva nel suo disegno anche l'Oriente islamico (Crociate); e come istanza suprema del fondamento della società degli uomini nel diritto, che non cessava di essere immaginato come lex imperialis . Ma a questo punto - e solo a questo punto - si avviava un processo di legittimazione del convivere che può lasciare intravedere tratti fisiognomici del mondo moderno.
Il cosiddetto Basso Medioevo, (secoli XIII-XV, all'incirca) appare allora periodo di una lenta decantazione: il processo si presenta come sempre più ispirato ad una razionalizzazione, che si esprime nello sviluppo della scienza giuridica, di quella filosofica, di quella sperimentale.
Non si può affermare con decisa sicurezza che l'evolversi della città-stato comunale italiana, che mentre agiva in piena autonomia rispetto all'impero, ne ricercava una legittimazione inserendosi, con la pace di Costanza (1183), nell'ordinamento della gerarchia feudale, dovesse portare alla costituzione della signoria e al principato: ma è innegabile che il processo di semplificazione delle contrastanti forze in gioco (si pensi alla Firenze di Dante!) possa essere valutato come una costante. Così come la progressiva prevalenza della monarchia francese tende coscientemente a far valere la propria funzione in un meccanismo che si può ben definire «statuale», nei confronti di una feudalità gelosa dei propri poteri. E in Inghilterra la corona è precocemente indotta a sottoporsi al controllo del proprio governo da parte di organi che possono ben essere assunti come forme di «parlamento», mentre il carattere universale dell’impero si ridimensiona in quello più realistico di un Reich tedesco e nella penisola iberica la diaspora dei regni cattolici si polarizza verso la Castiglia e l'Aragona. La completa monarchizzazione della Chiesa romana, del resto, se si attua secondo modelli temporali e statuali, dà luogo a sempre più numerose richieste di legittimazione dei valori spirituali, pauperistici e sociali di cui l'istituzione non appare più portatrice e garante, suscitando contestazioni decise, rifiuti e sconfinamenti in un'eresia che è tale non tanto perché trasgressione al messaggio evangelico o ai dogmi, ma perché rifiuto di una certa ecclesiologia. Una serie di sviluppi che avvengono nel contesto di una società in crescita demografica ed economica che muta radicalmente la valutazione del potere, sempre più collegato con la ricchezza e con l'organizzazione politico-militare. Questo, per sommi capi, un Medioevo che si secolarizza e soprattutto demitizza ogni divinizzazione del potere, nel momento stesso in cui interpreta in termini umanamente assoluti il suo esercizio da parte degli Stati.

* Socio dell’Accademia dei Lincei e professore ordinario di Storia medievale all’Università di Bologna