lunedì 15 novembre 2004

un libro sul movimento pacifista

il manifesto 10 novembre 2004
La mite potenza della pace
«I giorni dell'arcobaleno» di Francesco Pugliese. Un'accurata cronologia del movimento contro la guerra dall'inizio della seconda guerra nel Golfo. Ma anche una puntuale radiografia delle culture politiche e delle componenti sociali che hanno animato e organizzato per un anno le mobiltazioni pacifiste in Italia
ENRICO MARIA MASSUCCI

Quale che sia il giudizio sulla stabilità e «permanenza», o sui «carsismi» e la debolezza, del movimento contro la guerra, riemerso in forme tanto massicce quanto pervasive ai tempi dello scoppio del secondo conflitto del Golfo, pochi dubbi rimangono sul fatto che esso ha rappresentato una novità assoluta e significativa, in termini di estensione e profondità, nel panorama politico mondiale degli ultimi anni. Tanto, da rendere pienamente credibile l'affermazione secondo la quale «mai nella storia una guerra aveva incontrato tanta manifesta ostilità». La definizione, coniata dal New York Times, di «seconda potenza mondiale» la dice lunga sulla capillarità e imponenza di un'istanza antimilitarista che, dismessi i toni queruli e vagamente irenistici di un pacifismo generico e fatta propria un'idea più matura e politica del fenomeno bellico contemporaneo, si è posta e si pone almeno tendenzialmente come vero e proprio soggetto collettivo, in grado di inserirsi nell'agenda degli «stati-guerra» per incepparne il «funzionamento». Non solo, ma essa è quasi miracolosamente riuscita a spezzare l'incantesimo «naturalistico» che negli ultimi venti anni è parso accreditare una fissità metastorica dei dispositivi di produzione e riproduzione della guerra e della violenza, eternizzate quali figure intemporali della vicenda umana, e ha posto, anche se non sempre in modo esplicito e consapevole, di nuovo all'ordine del giorno il tema della trasformazione.
Ancora una volta, e non a caso, è stato il «segmento» italiano del movimento a rappresentarne, insieme a quello europeo, lo scheletro organizzativo e politico e a dare un segno determinato ad un «sentimento», con il quale la politica ufficiale ha dovuto confrontarsi, in un arco di posizioni che oscilla dall'adesione piena e convinta, al malcelato imbarazzo, all'obliquità, all'ovvio fastidio per un fenomeno di massa che frantumava il conformismo e l'immobilismo degli ultimi decenni, conquistando anche la coscienza dei nessi tra conflitto «caldo» e retropensiero economico e geo-strategico, tra la guerra come strumento «normale» di gestione della realtà e conservazione del dominio e del privilegio.
Quel denso e non episodico sussulto storico di lotta e mobilitazione, di passione e ragione, è fotografato, nel senso più pregnante, dal bel volume di Francesco Pugliese (I giorni dell'arcobaleno. Diario-cronologia del movimento per la pace. Settembre2002-maggio 2003, Edizioni Grafiche Futura, Mattarello (Tn), pp. 284, € 13) che fa precedere il suo lavoro dall'appassionata prefazione di Alex Zanotelli e regala anche un prodotto di vero pregio editoriale ed elegante fattura, i cui proventi, ci avverte l'autore, andranno per metà alla costruzione di un centro chirurgico a Kerbala, in Iraq, da parte di Emergency.
Giornalista impegnato sul versante della pace, Pugliese ha seguito e attentamente monitorato su numerose fonti giornalistiche l'intero svolgimento dei fatti a partire da l5 settembre 2002 fino a domenica 1 giugno 2003, che trasforma in un racconto avvincente e «realistico», quasi una presa diretta, ove la restituzione degli eventi sembra vivere di una sua propria autonomia narrativa, e di essi possiede e conserva la mobilità e la drammaticità. Cosicché, quella che vorrebbe apparire una rassegna stampa, una cronaca ben costruita, un agile promemoria «evenemenziale», lievita fino a rivelarsi un insostituibile documento d'epoca, generoso precipitato storico e temporale, con attori e comparse ben delineati, sullo sfondo di un evento cruciale della contemporaneità, al quale aderiscono diventandone agenti consapevoli, fautori di storia.
Il libro non si limita, dunque, a rincorrere tappe e appuntamenti che scandirono la duplice e parallela traiettoria della determinazione guerrafondaia e della corrispondente opposizione popolare, ma disegna la fisionomia stessa del movimento, al tempo stesso unitario e plurale, e il suo valore aggiunto di cosciente, quasi incredula opzione di civiltà. E ne descrive le «anime», i modi, le creative caratterizzazioni culturali dentro il denominatore comune dello shifting politico, la nuova resistenza, che nell'arcobaleno trova l'iconizzazione forte e mite al medesimo tempo. Quel simbolo, del quale Pugliese ci racconta anche la storia, a partiredall'invenzione ad opera dei laburisti inglesi del secondo dopoguerra, e che fu introdotta nel nostro paese dal filosofo pacifista Aldo Capitini, fondatore del «Movimento Nonviolento» e ideatore della storica Marcia della Pace Perugina-Assisi «dove nel 1961 per la prima volta compare in corteo la bandiera arcobaleno».
Dunque, un testo che riproduce sismograficamente il clima di quei mesi febbrili, nei quali crebbero, occupando prepotentemente gli spazi mediatici, a loro modo di concerto, escalation militare e contrarietà di massa alla guerra neo-coloniale dell'amministrazione americana e dei suoi vassalli. Un utile vademecum, dunque, di quei giorni memorabili, ma anche uno strumento interpretativo, che della sua parzialità fa proprio la leva di una comprensione degli eventi, nell'era che indulge alle mollezze bipartisan, agli obliqui relativismi e alle rinnovate suggestioni della «guerra giusta». E che rilancia, nella semplicità dell'assunto, la sproporzione, terribile esconfortante, tra ampiezza e altezza dei valori che quel movimento ha espresso e nobilmente mobilitato, la domanda radicale di liberazione che ha reso visibile, e quel trontiano «miserabilismo delle classi dirigenti», che è insieme causa ed effetto del nuovo secolo di ferro.