lunedì 6 dicembre 2004

Luca Bonaccorsi
«La svalutazione del dollaro e quella del renminbi»

Liberazione 5.12.04
La svalutazione del dollaro e quella del renminbi
di LUCA BONACCORSI

Le pagine economiche di questi giorni sono piene di discussioni ed analisi sull’impatto sociale ed economico della manovra finanziaria del governo Berlusconi.
16,5 miliardi di euro (lo 0,5% del Pil) di tagli di tasse avranno effettivamente un impatto espansivo sull’economia? In realtà ad una analisi più attenta pare ormai evidente che anche nel più ottimistico degli scenari il contributo al consumo sarà circa della metà (0,25 del pil). È una somma ridicola dal punto di vista macroeconomico. Siamo dunque ben lontani dalla svolta epocale sbandierata dal governo.
Nel frattempo però l’euro si è rivalutato di circa il 50% contro il dollaro USA, e contro tutte le valute ad esso agganciate, prima fra tutte quella cinese. Perché Liberazione non parla del crollo del dollaro/renminbi? La finanza ha cambiato il mondo nell’ultimo quarto di secolo. La finanza ha sponsorizzato la rivoluzione neocom negli Stati Uniti negli anni Ottanta. E i politici neocon hannno ripagato il favore combattendo, e vincendo, la Grande Guerra del Capitale, quella della liberalizzazione dei movimenti di capitale.
La liberalizzazione dei movimenti di capitali è la madre della globalizzazione. E la globalizzazione, con lo spostamento della produzione manifatturiera nei paesi del terzo mondo, è il singolo più potente fattore di impoverimento delle economie come la nostra, mature e con un altro grado di protezione sociale. Il processo è difficilmente reversibile. Quando una fabbrica chiude in Italia per trasferirsi in Malaysia o in Brasile o in Romania il danno economico e sociale è di quelli che si sanano difficilmente.
I tickets sui medicinali si possono cancellare con un decreto legge. Ma fabbriche, macchinari e, soprattutto uomini e donne che vi lavorano per produrre ricchezza, quelli no, non si ordinano per decreto. Quando una fabbrica si smantella, per non dire di interi settori industriali, di solito è per sempre.
Il capitale finanziario e le sue dinamiche non sono questioni per signori in abito grigio che lavorano nelle grandi banche d’affari nella City di Londra o a Wall Street. Il capitale finanziario e le sue dinamiche determinano anche il tipo di scuola e ospedali che avremo domani. E che tipo di contratti avremo sul posto di lavoro. Il legame è meno diretto ed evidente di quello con la politica nazionale. Ma è più forte. Come preambolo per parlare del collasso del dollaro di questi mesi forse è un po’ lungo ma...
Perché il dollaro collassa, e qual’è il senso economico di questa svalutazione? L’amministrazione Bush ha preso la recessione sul serio dal 2001 e sta adottando tutti gli strumenti che ha per rilanciare l’economia. Come in un esercizio di macroeconomia al primo anno di università, Bush sta usando leva fiscale, leva monetaria e politica valutaria insieme, senza timori. La ricetta è semplicissima: fai spendere quanto puoi al tuo governo (cioè metti in tasca alla gente/imprese soldi che tu prendi in prestito sui mercati), abbassa il costo del denaro a zero (per invogliare famiglie e imprese ad indebitarsi per spendere) e svaluta la tua valuta per favorire la vendita dei tuoi prodotti sui mercati mondiali (“fregando” quelli degli altri paesi). Bush lo sta facendo da tre anni circa senza remore. E se non fosse legato ai peggiori gruppi di interesse che la terra abbia mai espresso (militare, farmaceutico, petrolio, tabacco, inquinamento) a quest’ora avrebbe un’economia floridissima. Invece fa le guerre, inquina, favorisce lo sfruttamento dei più, e regala soldi ai ricchi (che più di tanto non possono consumare, quindi vanificando lo stimolo impresso).
Ciononostante, lo stimolo applicato all’economia americana è tale che l’ha riportata a crescere intorno al 4% all’anno, un dato che farebbe gridare di giubilo i politici europei. In pratica gli Usa si indebitano come matti e comprano le merci un po’ d tutto il mondo: specie Cina, Giappone ed Europa. Questi paesi vendono i loro beni e ricevono dollari, tanti dollari, e una parte la conservano. Il dollaro è la valuta di riserva del mondo e la valuta in cui si comprano le materie prime (l’euro sta gradualmente cambiando le cose, ma essenzialmente la sovranità del dollaro è ancora intatta). Finché dura questo processo di “prendi in prestito e spendi” le riserve estere di dollari crescono. Fino al punto di far desiderare ai detentori di dollari di “diversificare” questo rischio.
Ora, in questi mesi, stiamo vivendo questo processo. E la crescita in più che l’America si sta creando la pagheremo anche noi. Nel breve periodo attraverso minori esportazioni a causa dell’euro caro che rende i nostri beni meno competitivi. E quindi con minore crescita. Ma minore crescita vuol dire anche minori entrate fiscali e quindi maggiore deficit di bilancio. Ma visto che noi ci siamo auto-imposti un limite al deficit (il mitico 3% del Patto di Stabilità) dovremo necessariamente tagliare le spese. Fare cioè manovre manovre recessive (esattamente il contrario di quello che ci serve) e di tagli alla spesa sociale.
Chiaro no? Bush spende... e noi non solo gli prestiamo i soldi per farlo ma gli paghiamo anche una parte del conto.
Ma questo è un ragionamento di breve periodo in fondo. Che c’entra con la deindustrializzazione? Beh, oggi possiamo, con uno sconto del 40% rispetto al 2001, comprarci una fabbrica in Cina. E possiamo farlo prendendo i soldi a prestito ai tassi più bassi degli ultimi 50 anni. In Cina, o in Malaysia, gli operai guadagnano il 5-10% di quello che guadagnano gli operai italiani. E non fanno sciopero, e non chiedono aumenti.
Se voi foste un imprenditore, cosa fareste oggi? Continuate a litigare con la rappresentanza sindacale qui a Lecco o a Taranto o ve ne andate? La risposta non serve, la sappiamo già tutti è la storia degli ultimi 25 anni. E di questo passo, dei prossimi 25. Ecco perché il dollaro (e la finanza) è un elemento molto importante della nostra vita.

Ndr. il testo di questo articolo, presente a pag.27 nell’edizione cartacea di Liberazione del 5.12.04, non lo si trova, inspiegabilmente per noi, nell’archivio on line del giornale, benché sia reperibile nella versione in .pdf)