domenica 13 febbraio 2005

la questione degli embrioni
tre posizioni diverse all'Accademia dei Lincei

Corriere della Sera 13.2.05
ALL’ACCADEMIA
Redi: un dovere usare le staminali. La mozione guidata dallo storico Prodi: no ai laboratori nazisti
Embrioni congelati, la disputa dei tre partiti dei Lincei
I 130 membri divisi sulla ricerca Il decano Falsea: il sacrificio può essere compensato da conoscenze utili
Margherita De Bac

ROMA - Divide anche l’Accademia dei Lincei il futuro dei 30 mila embrioni congelati nei frigoriferi dei centri di fecondazione artificiale italiani. I 130 saggi che si sono riuniti a Palazzo Corsini nell’ultima assemblea, venerdì scorso, non sono riusciti a trovare un accordo. E sono emerse tre correnti. Quelli che, in sintonia col documento base proposto dalla commissione interna di bioetica, spingono per una ricerca libera e per avviare gli embrioni sovrannumerari verso i laboratori. Quelli che, pur non rifiutando la prospettiva, pretendono garanzie sul fatto che a diventare oggetti di studio siano solo i frutti del concepimento «già esistenti». Infine, i contrari ad ogni forma di intervento. Per dare un parere definitivo servirà una nuova convocazione. L’appuntamento coincide con la vigilia dei referendum.
Il documento proposto dagli 8 lincei della bioetica insiste sul principio «dell’autonomia della ricerca di base». Gli scienziati devono essere «gli unici possessori dei criteri necessari alla valutazione della verità e della qualità della ricerca col solo vincolo del rispetto dei diritti umani». L’Accademia si augura quindi che il Parlamento «approvi rapidamente leggi che consentano in condizioni severe, controllate e protette da abusi, la donazione di staminali embrionali (da parte delle coppie, ndr) per la ricerca di base e clinica».
Posizione molto equilibrata secondo il biologo molecolare Carlo Alberto Redi, assente alla plenaria: «Avrei voluto anzi maggior forza. Utilizzare le staminali dell’embrione è un dovere. Piantamola con l’accostamento tra concepito e persona, è una mostruosità giuridica. Non è vero che con la fecondazione inizia il nuovo individuo. Mi fa piacere che l’abbia riconosciuto sul Corriere anche Giuliano Amato. Il lavoro pubblicato su Nature nel 2000, prima firma il tedesco Wolfgang Mayer, dimostra che l’individuo si forma solo quando l’embrione ha 4 cellule, e questo avviene non prima del secondo giorno».
Si dissocia Giuseppe Zerbi. Il docente di scienza dei materiali al Politecnico di Milano, riassume il contenuto della mozione sottoscritta dallo storico Paolo Prodi, fratello di Romano, leader dell’opposizione, e poi dal fisico Vincenzo Balzani, il filosofo Enrico Berti, il matematico Alfio Quarteroni e il chimico Fernando Montanari: «Lasciare libertà significa perdere la capacità di interferire. E poi magari finiamo con i laboratori nazisti. Da quell’ammasso di poche cellule nasce un essere vivente, un’entità complessa». Sulla sorte dei sovrannumerari Zerbi sostiene che «fermo restando la contrarietà ad ucciderli ci rendiamo conto che nei frigoriferi ce ne sono circa 30 mila. Una legge potrebbe fissare condizioni severe perché siano donati ai laboratori solo quelli già esistenti».
Massimo rigore invece da parte dell’autorevole giurista Giorgio Oppo, che è per il no assoluto. Il problema non lo convince «a monte». In particolare, manca chiarezza su un punto cruciale: alla ricerca verrebbero avviati solo i sovrannumerari che già ci sono? Il timore è che, una volta dato il via libera alla sperimentazione su quelli ora disponibili perché congelati e non più adatti allo sviluppo, si finisca per accettare che ne vengano creati di nuovi sotto la spinta di eventuali scoperte. Il biologo Riccardo Arrigoni, famoso per le scoperte sulla vitamina C, accusa molti scienziati «di imbrogliare, non ci sono prove sull’efficacia delle staminali embrionali, il futuro risiede nelle cellule dell’adulto o nella riprogrammazione genica». Però apre agli esperimenti sulle minuscole entità che giacciono in frigo e «non solo valide neppure per l’impianto».
Controcorrente la visione naturalistica del giurista Angelo Falsea, decano dell’Accademia, 90 anni e più: «L’uomo non è diverso dagli altri animali. Per sopravvivere la specie pretende che molte potenzialità della vita siano sacrificate. Il sacrificio di embrioni verrebbe compensato a livello di conoscenze utili per la messa a punto di nuove cure».