domenica 13 febbraio 2005

sinistra
Liberazione cambia
e la questione toscana

Corriere della Sera 13.2.05
Il direttore di «Liberazione» spiega la svolta. Crespi: «Ecco la prova, siete conservatori»
Contrordine a sinistra, torna la terza pagina
Paolo Conti

Il primo a segnalare la novità, che poi è un deciso ritorno al passato, è stato ieri Il Giornale. L’articolo dedicato ieri a Liberazione, organo di Rifondazione comunista, e alla nuova veste grafica voluta dal neodirettore Piero Sansonetti (esordio fissato per martedì 22 febbraio), sottolineava con stupore il ritorno alla terza pagina culturale. Non un modo di dire, ma proprio quella inventata nel 1901 da Alberto Bergamini per Il Giornale d’Italia e che venne poi adottata da tutti i quotidiani italiani fino alla metà degli anni Ottanta quando cambiò collocazione e anche anima. Ora Liberazione tenta la strada del passato, quasi un paradosso per un quotidiano comunista. Angelo Crespi, docente di Storia del giornalismo italiano all’Università Cattolica, direttore de Il domenicale, è autore del libretto eloquentemente intitolato Contro la terza pagina, quella attuale, secondo lui troppo contaminata dalla cronaca più minuta e dall’audiovisivo (ecco cosa si legge: «Sotto mentite spoglie la sedicente cultura batte ancora i marciapiedi del giornalismo. Anzi, s'allarga, si fa seducente, s'imbelletta sempre pronta a fare proseliti, a mischiarsi ai nuovi generi, alla televisione, ai miti dell'effimero»). Dice però Crespi: «La sinistra, in questo momento, è in effetti la forza politica veramente conservatrice nel senso più deteriore del termine. Ma devo riconoscere che la proposta di Liberazione mi pare coraggiosa e per niente banale. Significa il ritorno a qualcosa di più serio delle attuali pagine culturali. Una scelta tradizionale che va verso una controtendenza sempre più avvertibile e chiara. L’infotainment sui quotidiani è stato una degenerazione degli anni Ottanta, ora è un fenomeno sostanzialmente sorpassato». Che cosa dovrebbe essere, oggi, una terza pagina? «Certo non il semplice luogo di segnalazione, con piccole schede, dei libri usciti: a quello provvedono le riviste e persino Internet o la tv. Né una lista di cronache culturali. Piuttosto, uno spazio di analisi critica».
E cosa ne dice l’interessato, cioè Piero Sansonetti, impegnato negli ultimi ritocchi al nuovo Liberazione (formato classico «grande», niente foto a colori, grande spazio ai commenti)? Dice il direttore: «Non penso che la terza pagina fosse un prodotto del giornalismo conservatore. Io sono cresciuto a l’Unità e ricordo una straordinaria terza pagina affollata dalle migliori intelligenze del dopoguerra, da Italo Calvino a Renato Guttuso, solo per citare i due primissimi nomi che mi affiorano nella memoria. Noi vogliamo esplicitamente invertire l’operazione di accorpamento della cultura allo spettacolo che cominciò negli anni Ottanta».
Per farne cosa, Sansonetti? «Un luogo di discussione, di creazione di idee, di proposta di nuove generazioni di intellettuali... Non è possibile che si continui a guardare a quelle legate sempre al ’68». Sansonetti aggiunge una battuta: «Ricordo che la fine della terza pagina a l’Unità fu voluta da Ferdinando Adornato, allora intellettuale comunista che stimavo molto. Chissà, c’era forse già qualcosa di berlusconiano, nel suo inconscio: questo collegare la cultura allo show...»

Liberazione 12.2.05
Toscana, la Gad esiste ma l'Ulivo non la vede
Movimenti e associazioni a San Quirico attorno a una domanda di unità e radicalità cui la coalizione del governatore uscente Martini rifiuta di dare risposte. Il candidato diserta l'assemblea
Checchino Antonini

Firenze. C'è una Gad della società civile, ma il centrosinistra sembra non vederla nemmeno. Eppure ieri sera si è materializzata alla periferia ovest di Firenze. In una delle 1.300 case del popolo di questa regione, luoghi dove l'unità della sinistra non è mai venuta meno. All'ordine del giorno la domanda lanciata da un appello firmato da centinaia di persone: perché in Toscana sembra impossibile che nasca la Grande Alleanza Democratica?
Quell'incapacità di intercettare la domanda di unità e radicalità è, in brutale sintesi, l'ormai famosa "anomalia toscana". Una querelle che riempie da settimane la stampa locale di dichiarazioni, indiscrezioni, smentite da quando Toscana democratica - così si chiama la coalizione ulivista di Claudio Martini - ha chiuso le porte in faccia a Rifondazione comunista, escludendola dall'accordo per le regionali di aprile. Casomai vi diamo un paio di assessorati e l'unità la facciamo dopo, si sono sentiti dire al Prc. Ma la chiusura non è piaciuta ai movimenti e alla ricchissima società civile - questa è la terra del primo social forum europeo, del trainstopping, dei girotondi e così via - che, domandandosi "Gad in Toscana: se non ora quando? ", ha dato vita ad un appello unitario promosso, tra gli altri, da Paolo Beni, presidente nazionale dell'Arci, docenti "girotondini" come Marcello Buiatti, Pancho Pardi e Gianpasquale Santomassimo, esponenti di movimento quali Lisa Clark, Tommaso Fattori e ancora gente di Arci, Aprile e Legambiente, più Fiom e Cgil-funzione pubblica che, insieme, fanno la maggioranza dei lavoratori sindacalizzati.
L'evento di S. Quirico doveva servire a far incontrare pubblicamente il governatore Martini con Rifondazione e i movimenti ma il presidente della Regione si è defilato per paura - ha detto - di essere travolto da una valanga di fischi che Rifondazione gli avrebbe riservato. «Macché fischi - spiega nella casa del popolo, Mario Ricci, segretario toscano del Prc - noi non abbiamo mai inteso la politica come uno stadio! Sarebbe stata un ulteriore occasione di confronto come quella del 29 novembre a S. Bartolo a Cintoia (altra casa del popolo fiorentina, ndr) dove Martini, applauditissimo, ha partecipato a un dibattito con Beni e Bertinotti sulle prospettive della sinistra».
Così la diserzione di Martini viene letta come lo strappo definitivo e Rifondazione è ormai pronta ad avviare il proprio percorso per la presentazione delle liste e la scelta del candidato presidente che, ovviamente, sarà un esponente della società civile. I giornali locali già danno per certo che l'anti-Martini sarà il segretario della Cgil Funzione Pubblica, Luca Ciabatti. «Non era semplice l'unità - continua Ricci - ma era possibile. Lo testimoniano le iniziative di movimento che, qui in Toscana si sono opposte alle politiche neoliberiste. Ora una campagna elettorale contrapposta rischia di trasmettere ulteriori elementi di divisione».
Si è detto, negli ultimi giorni, che Rifondazione avrebbe scoperto tardivamente la propria vocazione governista dopo 10 anni di opposizione dura ma le aperture a Martini datano almeno luglio del 2004 quando proprio lui fu l'ospite d'onore nella festa regionale di Liberazione a Marina di Massa e parlò al dibattito sulle regionali con Rinaldini, leader Fiom e Raffaella Bolini dell'Arci. Poi, a dicembre, il Prc s'è astenuto sul bilancio regionale volendo mandare un altro segnale forte per la risoluzione dell'"anomalia". Ma a Martini erano già arrivati i diktat dei sindaci di Firenze, Prato, Livorno, Pisa e Piombino dove Rifondazione è all'opposizione (in buona compagnia dei movimenti sociali) e che sarebbero stati scavalcati da un accordo "a monte". Al congresso regionale della Quercia, inoltre, i fassiniani avrebbero sfiorato il 90% e all'assise nazionale lo stesso D'Alema avrebbe dato carta bianca a Martini senza premere per un allineamento alla linea nazionale. I nodi che separano Rifondazione dal centrosinistra sono di natura programmatica: l'opposizione alla privatizzazione dell'acqua, il no all'inceneritore nella piana fiorentina già martoriata dall'inquinamento, la contrarietà a quel "corridoio tirrenico" che spaccherà in due la Maremma e le critiche alla gestione di trasporti, sanità e alla legge regionale sull'avviamento al lavoro. Nodi che scuotono anche Toscana democratica ma di cui non si è mai discusso pubblicamente. A bloccare a monte ogni possibilità di accordo sono i paradossi della legge elettorale regionale (non votata dal Prc) scritta su misura dell'Ulivo. Le nuove norme blindano la coalizione di maggioranza relativa (40 seggi su 65), per cui allargare al Prc significherebbe cedere seggi che comunque prenderebbero grazie al premio di maggioranza. I delusi di Martini che votassero Prc, in realtà, sottrarrebbero, entro certi limiti, seggi alle destre.
Un manifesto murale di Rifondazione ha messo nero su bianco che si tratta di una questione di poltrone diventando la pietra dello scandalo ma sia Martini che Filippeschi, segretario regionale Ds, avevano esplicitamente escluso, già al congresso di Tirrenia, di poter mettere in discussione l'«autosufficienza» della coalizione.
Così la mancata unità continua a restare «incomprensibile» alla società civile organizzata, quasi fosse «autismo politico» quello dell'Ulivo toscano. Così dice Vincenzo Striano, presidente regionale dell'Arci (più di 200mila iscritti) reclamando anche per l'esclusione dei movimenti dagli incontri programmatici. Un corposo documento di Cgil, Arci, Legambiente, Cnca e altri ancora sarebbe potuto essere una buona base di partenza ma non è stato neppure preso in considerazione dalle segreterie di Toscana democratica. Intanto, i promotori dell'evento a S. Quirico provano a raffreddare i toni: «Insistere per l'unità, qualificare i programmi senza che venga messa tra parentesi la società civile, aprire subito tavoli della Gad in ogni provincia, queste sono le nostre proposte», rilancia Beppe Brogi di Aprile e consigliere regionale Ds. «Non siamo sognatori - dice anche il leader Fiom, Mauro Faticanti - insistere lascia aperto il percorso verso il 2006 che deve coinvolgere, nella battaglia per cacciare Berlusconi, tutti quegli episodi di conflitto e resistenza che hanno visto protagonisti quartieri e fabbriche toscane e che i partiti non riescono a intercettare». Che il centro sinistra non sia «monolitico» a Pancho Pardi, sembra più una virtù che una iattura ma il professore, anima del Laboratorio per la democrazia, rimugina sulla «tendenza a non parlare di programmi», che poi è ciò che allontana la possibilità di quella «sintesi efficace» che inseguivano i promotori di un fatto politico molto importante come l'appello unitario. Ora cosa ne sarà di questa loro ricerca?

L'Unità 13.2.05
Martini: «Il nostro avversario è Antichi»
Il presidente della Regione: «Vedo che il candidato del Prc mi dà ragione per l’intesa nel 2006»

Vladimiro Frulletti

FIRENZE «L’avversario da battere è Antichi». La frase che Martini scandisce di fronte alla platea dei Comunisti italiani, riuniti a Firen
ze per l’assemblea programmatica con il loro presidente Armando Cossutta, potrebbe apparire ovvia, ma non lo è.
Chiudere le polemiche
Perché il presidente della Regione con quelle parole ha voluto mandare un messaggio chiaro ai partiti che lo sostengono. È l’invito a mettere un punto sulle polemiche a sinistra con il Prc e a concentrarsi sulla vera sfida: sconfiggere il centrodestra alle prossime regionali del 3 e 4 aprile. Ecco così che Martini dice di apprezzare le parole dette al Tirreno dal candidato di Rifondazione. Luca Ciabatti non solo ha descritto Martini come «ottimo presidente», ma ha anche rilanciato l’idea che l’incontro tra Prc e Toscana democratica possa esserci, dopo le regionali, entro il 2006. «È la proposta - spiega Martini - che avevo fatto io e su cui avevo avuto segnali positivi sia dai vertici nazionali sia da quelli regionali di Rifondazione già nello scorso autunno». Peccato che poi qualcuno, ricorda Martini, l’abbia definita provocatoria. E lo stesso Cossutta si rammarica del mancato accordo, ma sottolinea che il Prc «in Toscana ha sempre avuto un atteggiamento molto contrario, persino ostile» sia nei confronti della giunta regionale che delle giunte locali, come Firenze. Ma la professoressa Ornella De Zordo, a nome della lista “unaltracittà/unaltromondo”, si dice «delusa» da Martini e ritiene che la colpa per la mancata intesa sia di Toscana democratica e in particolare dei Ds. Tuttavia ribadisce (come aveva anticipato l’Unità) che non farà campagna elettorale per nessuno. «Ne resteremo fuori» dice. La polemica pare destinata a finire qui. Si passa ai contenuti. Il segretario della Cgil toscana Luciano Silvestri ai dirigenti del Pdci ricorda le situazioni di difficoltà del sistema produttivo. E anche il segretario dei Comunisti italiani, Nino Frosini, cerca, nella sua relazione di rimanere agganciato ai programmi. Tre i temi che Frosini sottopone a Martini. La lotta al precariato «che in Toscana sta assumendo proporzioni insostenibili»; nuovi limiti alla pratica del subappalto nei lavori decisi dalle pubbliche amministrazioni e un nuovo contratto di servizio con Trenitalia. «Questo che abbiamo adesso - dice Frosini - è finto».
I timori della sinistra Ds
A Martini dunque non dispiacerebbe che a sinistra i toni diventino più pacati e soprattutto più unitari. Tuttavia, a suo giudizio, è proprio il concetto di «unità» che sta dividendo Prc e Ulivo. Per Toscana democratica unità significa allargamento della coalizione. Invece per Rifondazione l’unità è vissuta soprattutto come competizione all’interno del centrosinistra. Un aspetto che sta preoccupando in particolare modo la sinistra Ds che sente il proprio bacino elettorale minacciato, appunto, dalla competizione di Rifondazione. In particolare i dirigenti dell’ex Correntone (dalle cui fila proviene Ciabatti) temono che la lista Uniti nell’Ulivo possa lasciar spazi vuoti alla propria sinistra. E visto che in politica, come in natura, i vuoti non esistono, quello spazio verrebbe ricoperto dal Prc.
Da qui la richiesta ai dirigenti Ds di mettere in lista anche esponenti di «sinistra». Cioè persone che hanno un legame con quel mondo che sta a cavallo fra Prc e Ds. Di questi timori la sinistra Ds informerà la prossima settimana anche Martini e concretamente chiederà che i suoi nomi non vengano cancellati con le primarie. A cominciare da quelli di Bruna Giovannini a Arezzo e di Alessia Petraglia a Firenze.
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