mercoledì 2 febbraio 2005

la sindrome di Peter Pan

L'Eco di Bergamo
Favola, realtà e sindrome


IL SUO NOME richiama un personaggio delle favole, eppure è proprio la favola, o meglio la capacità di sognare e di fantasticare, l'unico rimedio che permette di guarire dalla malattia che lo psicologo americano Day Kiley ha definito nel 1983 la «sindrome di Peter Pan»: l'incapacità a lasciare il mondo dell'infanzia per entrare in quello della vita adulta, il rifiuto di assumersi le proprie responsabilità, di istituire un rapporto equilibrato con gli altri e con se stessi, gestendo al meglio il limite che separa la dimensione privata da quella collettiva della propria esistenza.
È QUESTO IL MESSAGGIO che possiamo trarre da un interessante saggio di François Ladame, «Gli eterni adolescenti» (Salani, 199 pagine, 13 euro), nel quale lo psichiatra e psicanalista svizzero, specialista dell'adolescenza e docente di Psichiatria all'Università di Ginevra, trenta di individuare le origini di una vera e propria «pandemia» del nostro tempo: l'incapacità di divenire adulti. Una malattia, quella associata al celebre personaggio creato da James Matthew Barrie, che a prima vista può sembrare di poco conto, tutt'al più un sintomo di spensieratezza e di allegria, ma che in realtà può provocare gravi problemi a chi ne è affetto, impedendogli di trovare un posto nella società, di sentirsi a suo agio in compagnia degli altri senza per questo perdere il senso della propria identità.
«IDENTITÀ»: è questa la parola chiave per comprendere questo malessere. Esso, nota infatti Ladame, nasce dal mancato compimento di quel processo di formazione dell'identità che ha inizio nella prima infanzia e si conclude con la fine dell'adolescenza. Una volta la costruzione dell'identità, conditio sine qua non per poter raggiungere un sano equilibrio tra la dimensione collettiva e quella individuale dell'esistenza, era favorita da una serie di «riti di passaggio», che sancivano agli occhi del singolo e della comunità l'ingresso nell'età adulta. Ma oggi questi riti sono scomparsi, e i giovani possono prolungare senza limiti la propria adolescenza e i quarantenni continuare a domandarsi indefinitamente chi sono.
DA PSICANALISTA QUAL È, Ladame chiama in causa le teorie freudiane sullo sviluppo della sessualità e il complesso di Edipo, con ragionamenti complessi dai quali si evince che tutti gli eterni adolescenti in realtà non sono riusciti a consumare il parricidio simbolico che avrebbe permesso loro di distaccarsi dai genitori e dall'ideale di onnipotenza che questi impersonano.