mercoledì 2 febbraio 2005

un'intervista
il nuovo libro di Emanuele Severino
e il rancore del Gazzettino

Gazzetta del Sud 2.2.05
La fecondazione eterologa al centro del nuovo libro di Emanuele Severino
I problemi della coscienza religiosa
Meglio nascere, o rimanere per sempre nel nulla?
Mariella Radaelli


Meglio nascere, magari con la fecondazione eterologa, o rimanere per sempre nel nulla? Meglio venire al mondo seppur con una serie di disagi, o non aver mai avuto la possibilità di assaggiare l'esistenza, anche quando velenosa? Con «gli occhi della filosofia», Emanuele Severino affronta questa e altre problematiche del nostro tempo guidato da quel salvatore alternativo che è la tecnica (tra le altre, anche l'uso delle cellule staminali tratte dagli embrioni per scopi terapeutici, garantire la sopravvivenza dei malati) nel nuovo libro, «Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa» (Rizzoli). Un volume venato di ironia, anche per un pubblico di non specialisti, in cui il pensiero di Severino ci rigetta nella melma della nostra terra abitata dalla follia, che chiede di esserne liberata, dopo aver mostrato il suo volto consumato. Per tensione verso «la Non-follia», «l'apparire dell'eternità di ogni ente». «Il tramonto della Follia – scrive il filosofo – è l'inevitabile che consiste nel superamento di ogni contraddizione». Allora ecco il manifestarsi della «Gioia», l'«essere autentico dell'uomo».
Professor Severino, è stato detto che lei è favorevole all'eliminazione degli embrioni. «Nemmeno per sogno. Indico soltanto i paradossi che seguono dalla convinzione di coloro che credono di difendere la vita umana».
Può farci qualche esempio?
«Quel grande cristiano che era Soren Kierkegaard sosteneva che “non c'è cristianesimo senza celibato”. “Ma con un principio simile non riuscirai ad avere nessun cristiano!”. “E che mi importa?”, risponde nel “Diario” (1854). A chi gli replica che se invece si terrà unito cristianesimo e matrimonio “si riusciranno ad avere cristiani a milioni”, risponde ancora: “E anche questo a me che importa?”. Ma, a parte la superiore ironia di queste pagine, dove l'“andate e moltiplicatevi” è visto come un “problema di monta equina”, vorrei osservare che – per i cattolici che considerano l'embrione come soggetto giuridico, cioè persona e quindi portatore degli stessi diritti degli adulti – la monta equina o artificialmente assistita e potenziata è una questione tutt'altro che trascurabile».
E con questo dove vuole arrivare?
«In base alle premesse di quei cattolici (non alle mie!), si deve dire, infatti, che il maggior “diritto”, per un uomo che ha la possibilità di esistere, è la possibilità di entrare nel Regno dei Cieli. Ma se gli embrioni – che, in base alle premesse di quei cattolici, sono forniti di tutti i diritti essenziali degli adulti – non sono fatti nascere, ne seguirà che sarà loro impedito di entrare in quel Regno. Parlo anche di quelli che non nasceranno in seguito alle proibizioni relative alla fecondazione assistita. Saranno privati di un “diritto” che è infinitamente maggiore di quelli giuridici: il diritto di avere la possibilità di godere della vita eterna».
Che fare, allora, per non privarli di quel loro supremo diritto?
«Sembra proprio che si debba fare l'opposto di quel che diceva Kierkegaard: naturalmente o artificialmente li si deve far nascere e a milioni, a centinaia e a migliaia di milioni, a rigore, la prima e fondamentale occupazione dei credenti non dovrebbe essere altra che questa grandiosa “monta” naturale e artificiale che non conduce quasi mai alla nascita di uomini, che lascia morire gli embrioni a miliardi. Anche se queste moltitudini verranno tutte sterminate, tuttavia, essendo ancora incapaci di fare del male, saranno pressoché certe di guadagnarsi il Regno dei Cieli».
Ma in questo modo sarà perpetrata la più folle ed esecranda strage degli innocenti?
«Ma è proprio così malvagia e folle questa strage, se apre agli innocenti il Regno dei Cieli? E poi, quale sarebbe l'alternativa? Non farli nascere, trattenerli sempre nel nulla, impedir loro per sempre di aver la possibilità o addirittura la certezza di andare in cielo! E questo non è un delitto infinitamente maggiore dell'omicidio perpetrato da chi toglie agli embrioni la vita terrena per dar loro quella eterna? Ma, si ribatterà, in questo modo le porte del cielo si aprirebbero per gli embrioni, ma non per i loro assassini. E questo, sì, è un bel problema che però scaturisce dalle premesse che sono accettate dagli amici poco affidabili degli embrioni. La “difesa della vita umana” va condotta in modo radicalmente diverso da quello praticato da ogni forma di umanesimo religioso o laico».
Lo scorso dicembre, un suo articolo sul Corriere dedicato all'embrione aveva suscitato polemiche nel mondo filocattolico...
«Eppure due nostri maggiori studiosi del pensiero aristotelico, Giovanni Reale ed Enrico Berti, sono d'accordo con me nell'affermare che l'embrione è un uomo in potenza e si trovano in contrasto con quell'impropria affermazione dei cattolici per la quale l'embrione è un uomo in atto. Il costrutto “metafisico” di potenza è assurdo e contraddittorio. Certamente, almeno per ora, Berti e Reale, non possono far propria la mia affermazione dell'assurdità del concetto di potenza».
Ma chi può con certezza dire che cos'è l'uomo?
«Ma la scienza, naturalmente! Nemmeno i cattolici ne dubitano. La Chiesa fa dipendere le proprie verità dogmatiche al sapere scientifico, che è ipotetico, quindi revisionabile. La scienza ha rinunciato da tempo a mostrare la verità del mondo, la verità in senso forte».

Il Gazzettino di Venezia 2.2.05
POLEMICHE
Il "corpo a corpo" di Severino con la religione
S.F.


Era il 1969 quando il grande filosofo Emanuele Severino approdò all'Università di Venezia, per insegnare Filosofia teoretica, assieme a Teoretica e Sociologia. Aveva appena dovuto lasciare la Cattolica di Milano, in seguito al Processo con cui il Sant'Uffizio aveva dichiarato l'essenziale incompatibilità fra i suoi scritti e la rivelazione cristiana.
E in tutto questo tempo il grande pensatore non ha mai smesso di occuparsi attivamente proprio delle tematiche religiose, nonostante altri durissimi attacchi, come quello arrivato nel 1996 dall'autorevole teologo pontificio Elmar Salmann, il quale lo definì "pericoloso" e "campione del nulla" in un libro dal titolo che era tutto un programma: Contro Severino. Incanto e incubo del credere(Piemme). Ma Severino non ha... perso il vizio, nonostante nel frattempo - finito fuori ruolo a Ca' Foscari (ha 75 anni) - abbia preso a insegnare anche all'Università San Raffaele di Milano, l'ateneo presieduto da Massimo Cacciari ma fortemente voluto da un sacerdote molto noto e discusso, come don Verzè. Anche il suo ultimo libro, "Nascere" (Ed. Rizzoli, € 20), che ha per sottotitolo proprio "E altri problemi della coscienza religiosa", non mancherà di far discutere, visti i temi che tratta proprio alla vigilia del confronto referendario sulla fecondazione, che si preannuncia capace di sollevare vecchie barriere fra laici e credenti.
La sua tesi è nota, ed è stata ribadita anche di recente in vari interventi pubblici: «L'embrione è uomo in potenza, non in atto, per cui non è ancora un uomo nel senso autentico del termine. Ma chi può dirci con certezza chi è l'uomo? Solo la scienza, e anche i cattolici ne sono convinti». E a questo assunto ne fa seguire altri, decidamente sarcastici: «Se il maggior diritto è l'accesso al regno dei cieli, bisognerebbe produrre embrioni a miliardi, per poi sterminarli e garantire così loro il paradiso».
E gli altri capitoli non sono da meno, nell'evidenziare con una scrittura accattivante ma un argomentare serrato, le contraddizioni logiche della Chiesa di fronte alla scienza, alla democrazia, al capitalismo, alla libertà di insegnamento. Sottolineando però, nel contempo, una radicale sfiducia nel destino liberatorio della Tecnica, diventata al contrario il Despota che ha preso il posto di Dio come padrone del mondo e del tempo.E anche su questo aspetto del pensiero di Severino non mancano i contrasti: come quello che ha opposto, l'altra sera alla tre giorni culturale milanese promossa dalla Telecom, lo stesso filosofo al "padrone di casa", Marco Tronchetti Provera. Il presidente di Telecom ha infatti risposto alla riflessione di Severino sul pericolo che la Tecnica diventi non più lo strumento, ma lo scopo delle manifestazioni del pensiero, che «la Tecnica è lo strumento che fa sì che tutti possano scegliere e farsi una opinione, sta a noi poi preservare i valori per decidere e vigilare affinché si impongano dei limiti». Serrata anche la discussione sull'evoluzione del capitalismo, nel quale il filosofo, che ha ricordato di non aver mai seguito i dettami del pensiero marxista, ha ravvisato una attitudine a mantenere una penuria di beni, per ragioni di mercato. Mentre Tronchetti ha replicato che le attuali tecnologie offrano invece un surplus di offerta a chiunque.