giovedì 10 febbraio 2005

sinistra
falce e martello

il manifesto 10.2.05
FALCE E MARTELLO
È un'altra storia
ROSSANA ROSSANDA


Sull'interdizione delle svastiche e della falce e martello richiesta al ministro Frattini da una trentina di parlamentari del Partito Popolare europeo, si misurano molte cose. La sfacciataggine di Vytautas Landsberghis, che minimizza come il suo paese abbia accolto l'arrivo della Wehrmacht con una delle più paurose stragi di ebrei della guerra. Si misura lo spessore storico del ministro Frattini, che sembra accogliere la richiesta poiché, scrive, comunismo e nazismo, pur diversi, erano retti da identica spinta distruttiva, l'uno voleva lo sterminio degli ebrei e l'altro lo sterminio (sic) della borghesia come classe. E aggiunge, dopo l'inevitabile uso improprio del concetto arendtiano di totalitarismo, che mentre dall'immediato dopoguerra di Hitler si sapeva tutto, di Stalin si seppe pochissimo fino al 1989. Avrà saputo pochissimo lui. Ma sarebbe inutile chiedere conto delle sue letture al ministro d'un governo il cui premier parla come neanche il defunto senatore Mc Carthy, sostenendo che tutta l'opposizione è comunista e porterebbe all'Italia «miseria terrore e morte».
Che vale discutere con chi ignora o oscura che l'idea del comunismo nasceva per rendere effettiva l'eguaglianza fra gli uomini, quella del fascismo e del nazismo per affermare il superuomo e la razza, e ogni ricerca sulle colpe e degenerazioni dell'uno e dell'altro ha un senso soltanto se parte di qui? Piuttosto è da chiedersi come mai sia così debole la reazione, giacché soltanto due articoli restituiscono la serietà del metodo storico, quello di Piero Sansonetti per Liberazione e quello di Davide Bidussa, ospitato (forse con fatica) sul Riformista. E perché l'anticomunismo non è mai stato così rozzo come oggi, quando l'Urss è implosa e di partiti comunisti non ce n'è che due, forse uno e mezzo in Italia e pochissimi in Europa, e molto meno estesi di quanto sia la destra razzista? Sembra che per il comunismo valga quello che vale per l'antisemitismo in Polonia: di ebrei non ce n'è più, l'antisemitismo prospera.
I motivi, credo, sono due. Il comunismo è stato la denuncia dell'ineguaglianza fra gli uomini costitutiva del meccanismo del capitale, ha animato più d'un secolo di conflitti sociali e ne restano da distruggerne le tracce nell'idea di società che ha dominato l'Europa keynesiana del dopoguerra. È questo che muove le uscite della destra; per Berlusconi il Bene è la proprietà privata e il Male qualsiasi, non dico sua contestazione, ma limitazione. Per gli Stati Uniti, dove neanche Keynes fece breccia salvo per breve tempo nel modello rooseveltiano, la libertà è inseparabile dalla assoluta libertà dell'impresa e dalla fungibilità del lavoro come merce. Obiettivo ancora da raggiungere del tutto nella vecchia Europa.
Una seconda causa è il rifiuto del marxismo da parte della vecchia e delle nuove sinistre. È un fenomeno non solo generazionale - quello per cui le vangate di merda gettate sulle vite e il senso dei più vecchi fra noi neppure toccano i più giovani. Esso indica una cesura culturale avvenuta anche con il 1968, che aveva ragione di avvertire ostili i partiti comunisti, ma per qualche tempo fece propri i paradigmi marxisti estendendoli all'insieme di quel che chiamava «sistema». Questa origine se l'è scrollata di dosso, come l'ha rigettata, con motivi più consistenti, il movimento delle donne. Perché, se non una poderosa rimozione, mette nello stesso sacco l'esperienza sovietica, per di più ridotta ai gulag, Stalin, Lenin e Marx? Quest'ultimo citato ormai di regola non senza le nefandezze che avrebbe provocato? Il conflitto sociale sparisce o trasmuta in forme diverse dallo scontro capitale-lavoro (l'altro giorno uno stimato amico definiva comica sul nostro giornale la questione della classe operaia). Fa parte dell'attuale «ideologia italiana» questa mutazione, che isola quelli di noi che criticarono l'Urss oltre trent'anni fa, mentre molti leader che allora su questo tacevano tumultuavano alla nostra sinistra. E oggi sono insediati nell'establishment in veste di storici e moralizzatori.