lunedì 11 aprile 2005

archeologia
6800 anni fa nell'attuale Giordania l'alfabeto più antico nella storia dell'uomo?

Corriere della Sera 11.4.05
Scoperti da Edoardo Borzatti tra le sabbie di Isma, nella Giordania meridionale, ideogrammi che potrebbero risalire al 4.800 a.C.
L’alfabeto più antico nel deserto di Lawrence

WADI RAM (Giordania) - Ogni primavera e autunno, per trent’anni, aveva notato quegli strani segni incisi sulle rocce. Ma la sua attenzione era sempre rimasta concentrata sulle scene di guerra e di caccia, sulle pitture più complesse, le raffigurazioni di buoi in corsa, di cervi dalle corna affusolate, il ripetersi delle raffigurazioni di divinità antropomorfe che soddisfacevano la sua sensibilità di antropologo. Soltanto negli ultimi tempi Edoardo Borzatti von Lowenstern («la mia famiglia è metà fiorentina e metà viennese» ripete meccanicamente ai visitatori italiani per spiegare il suo nome) ha scelto di dedicarsi allo studio dei riquadri, cerchi, semicerchi disegnati con variazioni e aggiunte ricorrenti scoperti nelle sue esplorazioni. «In circa 3.000 chilometri quadrati di deserto ho individuato 240 siti con oltre 1.600 ideogrammi di diverse tipologie» spiega con il puntiglio dello scienziato. E ora si sente abbastanza rassicurato da azzardare una prima, rivoluzionaria ipotesi di lavoro. «Ormai ho 70 anni. Gran parte della mia carriera si è concentrata su queste zone. Penso di poter dire con una certa sicurezza di aver trovato le tracce del primo alfabeto mai comparso sulla Terra. Un sistema articolato di ideogrammi che precede quello cuneiforme degli assiri, i geroglifici egiziani e persino il cosiddetto tamudico, l’alfabeto che sino a ora gran parte degli addetti ai lavori considerava come la madre di tutte le lingue» dice nella sua casa-laboratorio situata nel villaggio di Addise, posto in una delle vallate secondarie che compongono il gigantesco comprensorio di Wadi Ram, nel deserto di Isma. La passione di tutta una vita. Borzatti visitò per la prima volta nel 1974 queste distese di finissima sabbia circondate da pareti rocciose rosse, nere e gialle. «Un posto incantato, ricorda immediatamente la divinità. Mi convinsi subito che era troppo suggestivo per non aver attirato a sé le popolazioni più antiche» dice.
Luogo di passaggio per le carovane che dal bacino mediterraneo trafficavano con l’Oriente, terreno di gioco per i beduini, provincia nabatea appena sfiorata dalle legioni romane. E luogo diventato celebre per gli scontri tra Lawrence d’Arabia e le truppe turche nella Prima guerra mondiale.
Lui se ne innamorò a tal punto che, ancor prima di essere diventato docente di Paleontologia umana all’Università di Firenze, vi fece costruire un’abitazione da dove lanciare le sue campagne esplorative. «Intendiamoci. Tutto a spese mie. Ho usato il mio stipendio per finanziarmi. Così sono più libero, non devo nulla a nessuno» dice fiero, ma anche con un’ombra di critica al ministero dei Beni culturali e all’ambasciata italiana ad Amman, che accusa di averlo «quasi sempre ignorato». I suoi completi di lino bianco, con tanto di cappello a larghe tese in tinta, foulard azzurro al collo, cinturone e stivaloni in pelle al ginocchio, l’hanno reso una leggenda tra i capi beduini della zona, a cui lui indica i siti archeologicamente più interessanti dove portare i turisti in cambio della massima libertà di movimento.
Ultimamente gli è stata offerta dal governo giordano la direzione culturale del museo archeologico che sta sorgendo nell’area con i finanziamenti della Banca mondiale.
Davvero qui nacque la prima lingua scritta del mondo? «I conti sono presto fatti. L’assiro compare nel 3.500 avanti Cristo e si estingue due millenni e mezzo dopo. I geroglifici più antichi non vanno oltre il 3.200 avanti Cristo e spariscono con la fine delle ultime dinastie faraoniche. Da quello che ho potuto capire, invece gli ideogrammi che ho individuato qui nel deserto di Isma risalgono al 4.800 avanti Cristo, sono dunque almeno mille anni più vecchi del tamudico primitivo scoperto nelle zone comprese tra la Mezza Luna Fertile e il Sahara. E rappresentano uno dei sistemi alfabetici più longevi. Verranno infatti soppiantati in questa regione con la diffusione dell’arabo nel sesto secolo dopo Cristo» risponde Borzatti.
Una teoria guardata con bonario sospetto dagli studiosi. Borzatti è visto come un «eccentrico» da tanti tra i suoi colleghi. «Certo, le sue ipotesi sono stimolanti. Ma vanno suffragate dai fatti. Prima di tutto non convince la datazione tanto antica che lui dà alle sue scoperte. Occorrono altre verifiche più scientifiche. In secondo luogo, come può dire con sicurezza che si tratti di un vero alfabeto?
Non va dimenticato che lo studio comparato delle incisioni rupestri trovate nei diversi angoli della Terra, senza alcun contatto tra le differenti civiltà, ha rivelato che i nostri antenati tendevano a esprimersi per simboli e disegni astratti all’apparenza molto simili. Ciò non dimostra affatto che esistesse un unico alfabeto universale, ma piuttosto che la mente dell’uomo lavora e si esprime in modo omogeneo indipendentemente dalle circostanze» afferma tra gli altri Uzi Avner, archeologo israeliano specializzato sulle antiche culture del deserto.
Borzatti non si lascia scoraggiare. Anzi, negli ultimi tempi le sue teorie sono rafforzate dalla scoperta di quella che lui definisce «una mappa preistorica» tra i resti di una frana ai piedi della montagna di Jebel Hamud. «Riporta le località di 149 villaggi. La cultura agricola stanziale favorisce il diffondersi dell’alfabeto. Oltre 5.000 anni fa questa mappa serviva ai guerrieri beduini per verificare i pagamenti delle tasse delle località sotto la loro protezione contro le razzie dei predoni» dice mostrando una lastra in pietra nera di circa cinque metri quadrati dove sono incise le vallate e una lunga serie di piccole cavità.
E contro gli scettici che la ritengono un «semplice luogo rituale come se ne trovano in tutto il mondo»? Borzatti non si scompone: «Ho seguito pedissequamente le indicazioni della mappa. E ho trovato i resti di ben 136 dei 149 villaggi riportati».
L’ARCHEOLOGO Dalla Terra del Fuoco al Sahara
Una vita da giramondo, con una sola passione: gli scavi preistorici. Dopo essersi laureato a Pisa in Scienze geologiche, Edoardo Borzatti von Lowenstern diventa prima assistente e poi docente - nel 1980 - di Paleontologia umana all’Università di Firenze. Presidente del Centro studi per l’ecologia del Quaternario dal 1979 al 1990, ha effettuato oltre quaranta spedizioni scientifiche all’estero. Dalla Terra del Fuoco (dove scopre sei specie di spugne) all’Isola di Luzon, nelle Filippine, fino alle missioni in Afghanistan e nel Sahara algerino: in più di trent’anni di carriera ha condotto ricerche etnologiche, paleontologiche e paleoecologiche. L’inizio delle sue ricerche in Giordania risale al 1974, qui i suoi studi si sono focalizzati soprattutto nell’area desertica del Wadi Ram. Situato nella Giordania meridionale, il Wadi Ram è celebre per le montagne di pietra arenaria che sorgono dalle vaste estensioni di sabbia. Al centro della valle c’è un accampamento delle truppe beduine cammellate, che formano la leggendaria Desert Police. A Wadi Ram, Lawrence d'Arabia pose il suo quartier generale prima della conquista di Aqaba.