giovedì 9 giugno 2005

Carlo Alberto Redi

La Stampa 9 Giugno 2005
«HO ADERITO ALL’APPELLO DI DULBECCO E MONTALCINI: L’UOMO NON DEVE CHIUDERSI DI FRONTE AL FUTURO»
intervista
«L’Italia è fuori dalla ricerca»
Il biologo Redi: rimediare agli errori della legge 40

Piero Bianucci

BIOLOGO dello sviluppo all’Università di Pavia, ricercatore da anni impegnato sul fronte delle cellule staminali, accademico dei Lincei, Carlo Alberto Redi è tra i cento scienziati europei che hanno firmato l’appello affinché, votando sì al referendum di domenica, gli italiani riaprano nel nostro Paese la possibilità di fare ricerca a scopo terapeutico sulle cellule stamninali embrionali, possibilità oggi bloccata dalla legge 40 sulla riproduzione assistita.
Professor Redi, perché ha aderito a questo appello lanciato dai due premi Nobel italiani per la medicina, Rita Levi Montalcini e Renato Dulbecco?
«Certo anche per rimediare agli errori della legge 40. Ma soprattutto per un motivo di carattere molto più generale. L’appello intende richiamare l’attenzione della società civile su un problema fondamentale: la libertà di far avanzare la conoscenza. Va benissimo sviluppare le ricerche sulle cellule staminali adulte. Non pongono problemi etici e sono quelle con applicazioni terapeutiche più vicine. Ma tutte le indicazioni che vengono dalla comunità scientifica internazionale ci dicono che per avanzare nel sapere occorre studiare a fondo le cellule staminali degli embrioni. Occorre capire come si differenzino nei vari tessuti e nei vari organi. Inoltre grazie a queste cellule possiamo studiare in provetta molte patologie umane».
Sul fronte dell’astensione e dei difensori della legge 40 c’è chi accusa gli scienziati di voler praticare l’eugenetica selezionando gli embrioni «migliori». C’è persino chi vi paragona al nazista Mengele, chi dice che clonerete uomini fotocopia, che produrrete dei mostri.
«Sono bugie volgari. Se qualcuno pensa che vogliamo far nascere bambini biondi con gli occhi azzurri, si sbaglia: non ne siamo capaci! Semplicemente noi diciamo che l’uomo non deve chiudersi di fronte al futuro. In Corea sono già state ottenute 11 linee di cellule staminali embrionali ben stabilizzate. Queste linee cellulari permettono fin da oggi di studiare in provetta malattie che interessano milioni pazienti. Su nove linee cellulari si studia come guarire il diabete. Un’altra linea riguarda malattie del sistema immunitario e un’altra ancora la cura dei danni spinali».
I ricercatori italiani potrebbero acquistare quelle linee cellulari dalla Corea per i loro studi?
«No, la legge lo vieta perché sono state ottenute dopo l’entrata in vigore della legge stessa».
Dulbecco propone come limite per la ricerca sugli embrioni il quindicesimo giorno del loro sviluppo. Come giudica questo confine?
«Molti scienziati ritengono valida questa demarcazione: a 15 giorni nell’embrione incomincia a delinearsi il sistema nervoso. Possiamo pensare che da quel momento in poi si svilupperà una persona. Prima invece l’83 per cento degli embrioni o non si impianta nell’utero o perisce per cause naturali, e comunque si tratta di cellule indifferenziate. E’ la prospettiva «gradualista»: la nascita della persona vista come un processo. Se però si cerca un dato accettabile universalmente, questo non è né la fecondazione né la comparsa del sistema nervoso. E’ invece il momento nel quale si ha la prima copia genomica, ciò che succede due giorni dopo la fecondazione. Prima il genoma è silente».
La legge 40 porta l’Italia fuori dal contesto internazionale della ricerca?
«Le maggiori associazioni scientifiche internazionali, cominciando da quelle americane, sono per la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Il parlamento Usa ha votato a maggioranza (219 voti) contro la posizione di Bush, il cui veto può resistere solo fino alla maggioranza di 290 voti. La nostra Accademia dei Lincei ha espresso 58 sì, 8 no e 14 astenuti. Le strade sono solo due: o si producono staminali con nuovi embrioni (cosa che causerebbe lacerazioni) o si usano le cellule dei 31 mila embrioni congelati che abbiamo già in Italia e che sono destinati a una lenta distruzione».
Quali studi fa nel suo laboratorio?
«Noi lavoriamo sulle cellule staminali dei topi. E’ un progetto europeo che si chiama “citoplasto artificiale”. Il citoplasto è una sostanza contenuta nel citoplasma dell’uovo in grado di far partire la programmazione delle cellule e quindi di indurne la trasformazione nei diversi tessuti del nuovo individuo».