Dal quotidiano Europa, 11 giugno 2005
diretto da Federico Orlando
Il boom dell’arte cinese dopo le collettive di Roma e Bologna
L’anno del dragone nella laguna di Venezia
di Simona Maggiorelli
Qualcuno l’ha già ribattezzata “Biennale dell’anno del dragone”. Di certo, al di là dei risultati della collettiva organizzata in laguna dall’artista cinese Cai Guo Quiang, è storico lo sbarco della Repubblica popolare alla Biennale di Venezia. Dopo la ventina di artisti cinesi dell’edizione del ’99 diretta da Szeemann e, dopo il successo della sezione cinese intitolata “zona di urgenza”, dell’ultima Biennale di Francesco Bonami, da oggi per la prima volta la Cina ha un suo padiglione permanente nel Giardino delle Vergini. Uno spazio all’aperto dedicato all’arte e all’architettura cinese e che - il direttore della Fondazione Biennale David Croff lo ha già annunciato - sarà allargato negli anni a venire. L’ingresso in Biennale della Cina suona come un riconoscimento ufficiale alla multiforme creatività degli artisti cinesi delle ultime generazioni. Pittori, performers, videomakers che anche in Italia cominciano a interessare un pubblico non più solo di nicchia. In un moltiplicarsi di mostre e iniziative. Dopo la collettiva al Macro di Roma e a Bologna e dopo varie rassegne di fotografia, due mostre aprono i battenti, quasi in contemporanea, a Torino e a Milano. Il torinese palazzo Bricherasio, dal 23 giugno al 28 agosto, ospita le opere di 13 artisti di quella avanguardia cinese che alla fine degli anni ‘70 segnò un distacco dallo stile accademico maoista, scegliendo un modo di rappresentazione della realtà spesso ironico, libero, spiazzante. Dal 29 giugno al 2 ottobre, invece, nello spazio Oberdan di Milano, Daniela Palazzoli presenta la mostra “La Cina: prospettive d’arte contemporanea”: attraverso le opere di 70 artisti emersi fra gli anni ’80 e ’90, un articolato tentativo di cogliere e raccontare il movimento che attraversa, da una trentina di anni a questa parte, il panorama dell’arte contemporanea cinese. “Un panorama estremamente multiforme e variegato - racconta Filippo Salviati, docente di storia dell'arte dell'Estremo Oriente alla Sapienza. “Anche se - stigmatizza - arriviamo buon ultimi”. Buoni ultimi nell’interesse verso l’arte contemporanea cinese dopo almeno un decennio di importanti mostre e retrospettive promosse dal Moma di New York, dal Centre Pompidou, ma anche dalle gallerie di Londra e di Amburgo. Con un interesse crescente, anche sul piano commerciale. Che ha toccato l’acme nelle aste del dicembre scorso con quotazioni di opere cinesi contemporanee da capogiro. Una crescente attenzione verso la Cina che si misura anche in termini di spazi sui giornali. “Negli ultimi anni la Cina è diventata la prima potenza sul piano economico e commerciale - dice il sinologo Federico Masini, preside della Facoltà di studi orientali della Sapienza - . Ora la scommessa riguarda la cultura. Si tratta di vedere se la Cina riuscirà anche ad esportare modelli culturali“. Nonostante il cinema di Zhang Yimou o di Kar Wai, il pianeta Cina, sul piano dell’arte e della letteratura, è ancora in buona parte da scoprire in Occidente. “Ma in futuro - spiega Masini – anche attraverso la diffusione di arte giovane e d’avanguardia le cose potrebbero cambiare”. E chissà - avverte - forse potrebbe anche risultare imbarazzante per la vecchia Europa, “dal momento che la Cina, come il Giappone mette in circolazione modelli culturali senza un’ideologia religiosa retrostante”. Una cultura quella cinese libera da vincoli ideologici, ma insieme con nessi strettissimi con una tradizione millenaria. “La sperimentazione artistica cinese, negli anni dopo Tiananmen, ha avuto uno sviluppo fortissimo”, racconta Filippo Salviati. Una ricerca che ha riguardato un po’ tutti i generi e gli stili: dalla calligrafia alla videoarte. “Dal punto di vista dell’arte il panorama cinese si presenta estremamente sfaccettato - dice lo storico dell’arte che per Electa sta scrivendo il primo manuale guida all’arte cinese contemporanea –, ma con alcune costanti e specificità fortissime. A partire dal nesso scrittura pittura che in Cina affonda le proprie radici nell’antica arte della calligrafia, che oggi si trova declinata e riproposta in forme nuove e di avanguardia”. Il rapporto con le immagini è un aspetto fondamentale della cultura cinese, anche a partire dalla scrittura fatta di ideogrammi. “Al di là del fatto che in questo momento favorevole qualcuno provi a cavalcare la tigre producendo opere facili da vendere ma di dubbio valore, la grande arte cinese – spiega Salviati - non è quasi mai ludica, non conosce la decorazione fine a stessa. Spesso gli artisti realizzano immagini così dense di significati da apparire dei rebus agli occhi occidentali”. Il segreto per comprenderle? “Bisogna coglierne il nesso con il retroterra culturale – conclude - Ma se non si hanno le basi linguistiche sfugge moltissimo del messaggio. Per questo credo sia importante che comincino ad uscire, anche in Italia, strumenti di seria divulgazione”.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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