giovedì 26 giugno 2003

ancora sull'elettroshock a Napoli (7)

il Nuovo.it 25.6.03
Napoli, elettroschock praticato in clinica
Un elettroshock è stato praticato su un giovane 36enne nella clinica psichiatrica dell'Università Federico II°. Ma è polemica sulle terapie violente sui malati psichici.
di Raffaele Sardo

NAPOLI -Un elettroshock praticato su un giovane 36enne nella clinica psichiatrica dell'Università Federico II° di Napoli, diretta dal professor Giovanni Muscettola, ha riaperto la vecchia querelle sull'uso di terapie violente sui malati psichici. Tecnicamente si chiama TEC (Trattamento Elettrocomvulsivo) ed è una scossa elettrica di circa 100 volts somministrata in anestesia generale attraverso uno o due elettrodi applicati ai lati della testa. Una scossa che dura frazioni di secondo e che provoca una vera e propria crisi epilettica. Una pratica terapeutica molto in voga nei manicomi appena trent'anni fa e che molti ritenevano superata con l'imporsi della cosiddetta "psichiatria democratica". Quella scuola psichiatrica che vide tra i fondatori Franco Basaglia e che considerava "i matti" non più esseri derelitti e inutili, ma persone in grado di soffrire, di amare e di gioire come tutti gli altri essere umani. "L'elettroshock era l'unica chance disponibile".
A lui e ai familiari abbiamo spiegato i motivi di ciò che volevamo fare e hanno aderito al protocollo." - dice il professor Muscettola, rivolgendosi ai suoi critici -   "D'altronde  - aggiunge - avevamo tentato, a vuoto, tutte le terapie farmacologiche. Preciso che non è accanimento terapeutico, ma unicamente rispetto del principio di una scelta terapeutica che, se potenzialmente utile, deve essere messa in atto anche se convenienza e preoccupazione per la propria immagine suggeriscono di non attuarla". Ma questa precisazione non ha evitato polemiche da parte di altri colleghi di Muscettola e degli stessi studenti dell'Università napoletana. Primi fra tutti gli studenti, del "Forum per il diritto alla salute". Dice Raffaele Aspide, medico e rappresentante del Forum: "La terapia è iniziata senza alcuna delle quattro indicazioni ammesse dal decreto del 1999 (depressione maggiore, sindrome catatonica, sindrome maligna, danni neurolettici e mania). E ci ha fatto rabbrividire quanto ci ha confessato un docente: l'elettroshock viene praticato da decenni in moltissime strutture private e nessuno denuncia". Ma a rincarare la dose dalle colonne del quotidiano napoletano di "Repubblica" sono arrivate le dichiarazioni del professor Pasquale Mastronardi: "Ho fatto migliaia di elettroshock nelle cliniche private della Campania, non c'è nulla di illegale né di scandaloso. Il TEC è una pratica corrente di tutta tranquillità. Mi infastidisce che ci siano colleghi che sparano sentenze senza sapere". Sinora il protocollo terapeutico, è ancora in uso soltanto all'ospedale San Raffaele di Milano e all'Università di Pisa e di Roma (la Sapienza).
Decisamente contrari all'uso dell'elettroshock Medicina Democratica e Psichiatria Democratica che  ribadiscono con forza la loro opposizione alla reintroduzione di questa violenta, pericolosa e ingiustificata pratica. "Tale grave pratica - sottende, scrivono in un comunicato Medicina e Psichiatria Democratica - quel mito dell'incurabilità e dell'abbandono senza speranza, sconfitto e sconfessato dai significativi risultati ottenuti dalle mille e mille pratiche di Salute Mentale prodotte, dal 1978 in poi, nel nostro Paese". E lanciano un appello alla vigilanza democratica per bloccare e fare arretrare i tanti tentativi di restaurazione e di attacco alla sanità pubblica, cui assistiamo negli ultimi anni e per mettere in campo iniziative unitarie che rilancino la centralità dei diritti e la dignità della persona. Ma c'è anche chi, come il direttore dell'ospedale psichiatrico giudiziario  "Filippo Saportito" di Aversa, lo psichiatra Adolfo Ferraro, cerca di bandire questa "terapia" definitivamente anche nelle strutture che sono rimaste fuori dalla legge 180, la pratica degli elettroshock e dei letti di contenzione: "Nell'OPG di Aversa - dice Ferraro -  stiamo lavorando con corsi di formazione rivolti agli operatori, che prevedono l'eliminazione della contenzione fisica dalle strategie terapeutiche applicabili, lavorando sulle possibilità di ascoltare il paziente ed evitare l'uso di strumenti violenti e poco dignitosi  verso il paziente, con un progetto titolato "Le Ali ai letti. Il punto di tutta questa polemica - spiega ancora Ferraro -  non è quello della validità o meno dello strumento terapeutico, ma della evoluzione terapeutica che un approccio al malato di mente deve saper proporre, altrimenti anche una legnata in testa o un pestaggio possono essere considerati validi strumenti terapeutici". Duro anche ". Severo anche il giudizio di Sergio Piro, direttore della scuola "sperimentale antropologico-trasformazionale": "Il fatto è preoccupante perché si allinea con altri elementi di regressione nella riforma psichiatrica. Qui si rischia di nuovo la legatura nei servizi psichiatrici, la trasformazione delle case-famiglia in reparti chiusi e la riapertura di manicomi come il Frullone di Napoli".