giovedì 31 luglio 2003

donne nella storia

Gazzetta di Brescia 31.7.03
Santa Giuliana di Norwich
SUI PASSI DI UNA DONNA RELIGIOSA
di Curzia Ferrari

La santa è di scarsa nomea, le enciclopedie la liquidano con un paio di righe, nella storia delle donne ha inciso poco o nulla. Ma il libro che narra la sua vita (Ralph Milton - «La cella di Juliana» - San Paolo ed.) è davvero bello, molto intrigante, ispirato direi, sia nella forma con cui viene offerto, sia per la trama vivace, piena di colpi di scena e di situazioni (per fortuna) imperfette. Approcciando storie di santi si ha sempre il timore di venire fagocitati da un catalogo di virtù, di esperienze superiori, di prodigi e innaturali vicende che niente hanno a che fare con l’uomo: sembra che lo scopo degli estensori sia quello di attirare il lettore in un gorgo di stupida credulità. Questo Milton, invece, sa giostrare bene, approfittando delle sfaccettature della protagonista. Giuliana di Norwich - Juliana, appunto, nasce nella seconda metà del XIV secolo, nell’Inghilterra sud-orientale, durante il regno di re Edoardo III, iniziatore della Guerra dei Cento Anni; al quale seguono, in rapida successione, Riccardo II ed Enrico IV. Ma a riempire la scena inglese sono le lotte religiose e le pestilenze; ed è proprio l’orrendo male nero a portarsi via il marito e i due figli della giovane. Juliana ha subìto da sempre il fascino del divino: ma è nella solitudine, nel vuoto che si è fatto intorno a lei a delinearsi l’iter della chiamata. Chiamata per dove? Verso l’isolamento di una cella che, nella realtà, risulta assai affollata. Riciclata nel nuovo nome, per via della chiesa di san Giuliano di Norwich dove per la prima volta vide da vicino un vescovo, colei che all’anagrafe si chiamava Katerine, studia, prega, riceve, trasforma la clausura in uno stretto incontro interiore - mentre le forze più periferiche dell’anima partecipano alla vita che si svolge intorno a lei: Per assistente ha un’ex-prostituta; allaccia rapporti con la mistica Margery Kempe, una laica madre di quattordici figli, pellegrina sulle strade d’Europa e ritenuta eretica dalla Chiesa ufficiale e con la spirituale e veemente Maggie Baxter, della cui esistenza conosciamo pochi dettagli. Sono tutte illetterate (come esse si dichiaravano) e tutte autrici di libri di edificazione (di Juliana di Norwich si ricorda «Il libro delle rivelazioni»). Donne irregolari, fanatiche, da iscriversi tra coloro che rappresentano l’aspetto paradossale del cristianesimo, cristocentrico, tipico della santità tardomedievale. Alla cella di Juliana si presentano spesso anche la madre, Maud (che aveva partecipato alla sua vita di sposa e l’aveva aiutata a partorire), nonché personaggi che hanno storicamente a che fare con le vicende inglesi dell’epoca. La corruzione dei preti, il Lollardismo e i processi che ne nacquero, il disamore verso la Chiesa di Roma, i dubbi sulla Trinità, la tragica storia di Thomas Becket (rivisitata in chiave ironica dalla Baxter), queste cose e molte altre ancora vengono discusse alla grata della cella di colei che, freudianamente, diremmo oggi, immagina Cristo come Madre - perché l’idea di maternità nel suo essere, dare e avere allaga l’intera vita di Juliana. Striscia dal principio alla fine del libro quello che era uno dei dilemmi laceranti del tempo: il conflitto fra anima e corpo, l’idea del peccato della carne perfino nel matrimonio, l’assurdo desiderio della madre (Margery Kempe) di tornare alla verginità. Concetti che diedero vita a molti drammi religiosi, i mysteries, i quali andarono a formare fra il 1200 e il 1300 un prezioso catalogo della letteratura popolare dell’Inghilterra.