martedì 26 agosto 2003

Bellocchio e Bertolucci: dopo l'Unità (ieri) oggi Repubblica

Repubblica 26.8.03
Storie segrete di due ex ribelli
L´uno con "Buongiorno notte" torna al caso Moro, l´altro con "I Sognatori" al Maggio ´68. In gara anche Benvenuti e Winspeare
di Paolo D'Agostini

ROMA - Quello che colpisce la fantasia, subito, è il veder riuniti - oggi ultrasessantenni - i due massimi campioni del "giovane cinema" che scombussolò il panorama dei nostri anni Sessanta, mentre il vento della nouvelle vague spazzava il tradizionalismo un po´ dovunque. Cioè Marco Bellocchio (64 anni) e Bernardo Bertolucci (62). Come fosse un aggiornamento dell´edizione veneziana di vent´anni fa, 1983, quando Godard ricevette il Leone d´oro (per Prénom Carmen) da una giuria presieduta da Bertolucci e composta fra gli altri da Leon Hirszman e Nagisa Oshima, Bob Rafelson e Mrinal Sen, Alain Tanner e Agnés Varda: tutti esponenti della medesima generazione ribelle che aveva inteso (riuscendoci?) scardinare l´abc del cinema. Solo che oggi (il solo Bellocchio poiché Bertolucci figura "fuori concorso") non saranno giudicati da un loro "omologo" ma proprio da chi, decano della stessa famiglia italiana, rappresenta la massima incarnazione di quel "cinema di papà" contro il quale si scagliarono, irruenti e irriverenti, tanti anni fa: Mario Monicelli (88 anni), presidente della giuria di questa Mostra. Anche se c´è da scommettere che il regista di Amici miei, L´armata Brancaleone e Un borghese piccolo piccolo, colui che per primo infranse il tacito veto veneziano verso il cinema di commedia vincendo mezzo Leone d´oro per La Grande Guerra (l´altro mezzo andò al Generale della Rovere di Rossellini con De Sica, era il 1959), si dimostrerà sensibilissimo a cogliere ogni valore di novità: non si dichiarò entusiasta, due stagioni fa, del morettiano La stanza del figlio, cioè di un cinema molto distante dalle proprie "corde"?
Vediamo dunque come l´Italia si presenta, da domani, all´appuntamento. Tre titoli in competizione per il Leone d´oro. Buongiorno notte di Marco Bellocchio, Segreti di stato di Paolo Benvenuti, Il miracolo di Edoardo Winspeare. Avvolto nel più stretto riserbo, con l´implicita quanto palese intenzione di prendere le distanze dal di poco precedente Piazza delle Cinque Lune di Renzo Martinelli (tanto quanto, immaginiamo, da come trattò il "caso" per eccellenza dell´Italia repubblicana il film di Giuseppe Ferrara con Volonté), del film si sa che ha tra i principali interpreti Maya Sansa, Luigi Lo Cascio e Pier Giorgio Bellocchio. Si sa che si parla del rapimento e dell´assassinio di Aldo Moro, si sa che i personaggi alludono ai brigatisti che ne furono artefici, pur non portandone i veri nomi. Ma si può solo supporre il "come": che, trattandosi di un autore con la maiuscola, è tutto. Da Bellocchio, questo è certo, tutti si aspettano "qualcosa di più" che non una pura e semplice ricostruzione. Il pisano Paolo Benvenuti (vedi alla pagina accanto) si cimenta addirittura nel confronto con uno dei testi sacri del cinema italiano del dopoguerra, Salvatore Giuliano di Francesco Rosi, tornando a scavare sulla strage di Portella della Ginestra a 56 anni dal primo maggio dei fatti, e a 41 dal film di Rosi. Infine il regista che tre stagioni fa con Sangue vivo così tanto contribuì a diffondere la suggestione e il fascino remoto del Salento, torna a raccontare un mondo di forti ed emozionanti intrecci tra realtà e irrealtà.
Ovviamente attesissimo, ancorché "fuori concorso", Bertolucci. Segretissimo anche il suo film come quello di Bellocchio. Ma tutti pensano e dicono che I sognatori rinnoverà, o che intende rinnovare il pugno in faccia al mondo di Ultimo tango a Parigi. Anche qui tutto succede dentro una casa parigina: non una coppia, però, ma un fratello, una sorella e un amico americano conosciuto alla Cinématèque. Mentre fuori, per le strade, si annuncia il Maggio ´68, i tre esplorano emozioni e nuove frontiere erotiche. Ribellione giovanile, sesso e cinema: convergono di nuovo i temi più cari all´immaginario dell´autore.
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