martedì 26 agosto 2003

le streghe dolomitiche

L'Adige 26.8.03
Le streghe, rivoluzionarie
Il nuovo libro di Pinuccia Di Gesaro: da Nogaredo allo Sciliar, storia di un´epoca inquieta e feroce
La caccia a queste donne fu teorizzata dalle più raffinate menti del Rinascimento, con la Chiesa
di Corona Perer

Avevano come amante il "cattivo nemico", sapevano come guastare il latte ed anche come muovere un bimbo verso la morte. In una parola streghe, o almeno così passarono alla storia.
«Facemmo una crema di rospo e poi la usammo per il nostro viaggio» racconta una di loro. Maghe o streghe che fossero operavano dallo Sciliar alla vicinissima Nogaredo, celate dietro nomi suggestivi, che potrebbero sembrare appositamente coniati. Quelle "nostrane" si chiamavano Mercuria (furono le sue delazioni a dare origine alla persecuzione di Nogaredo). Un´altra era la Menegota. Fu decapitata e bruciata e tutti i suoi beni confiscati. Un´altra ancora si chiamava Caterina, ma tutti la chiamavan Fitola. Anche per lei rogo e decapitazione. La "filosofa", al secolo Maddalena Andrei, morì invece in carcere di stenti. Di Isabetta Graziadei, riuscita a sfuggire e condannata alla pena capitale in contumacia si diceva soltanto "la brentegana". Anna, Katharina, Kunigunde e Magdalena sono quelle dello Sciliar ovvero le streghe dolomitiche tutte processate a Castel Prosels.
Ad aprirci uno squarcio sul meccanismo processuale che produsse la caccia alle streghe è un saggio di facile lettura e fresco di stampa. L´ha scritto Pinuccia Di Gesaro (nella foto a destra), scrittrice ed anche editore, che al fenomeno della stregoneria ha dedicato gran parte della sua attività di ricerca. Già autrice di una monumentale storia della stregoneria ("Streghe ossessione del diavolo e repertorio dei malefici" dato alle stampe nel 1989) la Di Gesaro ha scritto molte opere sulla materia, come "I giochi delle streghe" e "La Monaca di Monza". La sua ultima fatica è appunto "Le Streghe dolomitiche" (Edizioni Praxis 3) da pochi giorni in libreria con il quale l´autrice analizza ed individua i tratti caratteristici dei processi alle streghe. E si scopre che nei comportamenti di quelle donne che vennero catalogate come tali persistevano in realtà tracce di un´antichissima religione largamente diffusa nelle prime civiltà mediterranee. Una cultura di origine matristica e guerriera, con un culto arcaico dominato dalla dea Madre, una divinità soave e benefica che sovrastava tutte le altre e che veniva chiamata Signora del Gioco, ma anche Venus o Erodiade. Per i Romani era Diana, per le popolazioni francesi Abonde, Trodessa per quelle rumene.
Questa divinità femminile sopravvisse, anche se clandestinamente grazie a riti strettamente legati alla terra, all´avvento del Cristianesimo e al potere della Chiesa.
«Basta inoltrarsi nelle carte degli archivi storici e leggere gli atti dei processi alle streghe per accorgersi che questa pagina di storia si intreccia con altre pagine fondamentali: la storia della Chiesa, la storia delle eresie, la storia del Medioevo e del Rinascimento, la storia del diritto in Europa, la storia dell´antifemminismo» dice Pinuccia Di Gesaro. «La caccia alle streghe fu teorizzata dalle più raffinate menti del Rinascimento e attuata in perfetto accordo con le due massime istituzioni che reggevano le sorti dell´Europa occidentale, la Chiesa e il Potere civile. Tutte le culture moderne hanno bisogno di capri espiatori sui quali convogliare le proprie impurità. La caccia alle streghe non fu l´espressione di una società arcaica, ma la prima grande strage della società moderna». Gli eretici e gli ebrei verranno dopo ma serviranno al medesimo scopo.
Come lo Sciliar anche Nogaredo fu teatro di una sanguinosa repressione a metà del ´600, che si espanse a macchia d´olio nei vicini paesi di Villa Lagarina, Castellano, Piazzo, Pedersano, fino ad Aldeno nelle giurisdizioni di Castellano e Castelnuovo. Un fenomeno in qualche modo legato alla rivoluzione economica che con l´avvento della lavorazione della seta produsse un silenzioso cambiamento epocale: il territorio agricolo e soggetto ad uso comune (secondo l´antica organizzazione medievale del Comun Comunale) diventò infatti industriale. Accanto al filatoio e alla tintoria, parte delle lavorazioni entrarono nelle case dei contadini. «La seta significò la nascita del lavoro salariato a domicilio che coinvolse la donna e con lei tutta la famiglia trasformandola in una vera e propria unità produttiva. Questo passaggio verso l´evo moderno si scontrò con le tradizioni dell´epoca e guarda caso, è proprio in questa congiuntura che si scoprono le streghe e si impone la loro repressione» spiega Pinuccia Di Gesaro.
Tornando ai processi e alle fattucchiere delle Dolomiti, Pinuccia Di Gesaro analizza nel suo ultimo libro non solo l´evoluzione penale e processuale nell´impero asburgico e in Tirolo, ma anche la teoria demonologica (la donna come individuo meglio adatto alla stregoneria), i processi di Fiè dello Sciliar e gli strumenti delle streghe (le erbe magiche come la salvia, l´erba crassula, l´aconito napellus, e persino l´alcaloide animale, ovvero...il rospo).
E alla domanda, ovvia del resto, se queste donne fossero davvero streghe e se vennero mandate al rogo sulla base di sufficienti prove, Pinuccia Di Gesaro risponde che furono perseguitate non perché povere e ignoranti donnicciole di campagna, ma perché saldamente inserite in un vasto movimento culturale d´opposizione. «Era la millenaria ribellione femminile seguita all´avvento della società patriarcale occidentale, organicamente collegata con una parte della cultura alta, quella dei maghi rinascimentali che dalla seconda metà del ´400 ha visto una forte intensificazione di studi esoterici, cabalistici e magico-astrologici. Tutta la cultura di maghi e streghe fu aspramente combattuta perché era radicalmente alternativa a quella di cui il nascente Stato moderno aveva bisogno che necessitava di basi scientifico-illuministiche sulle quali si fonderà la rivoluzione scientifica del Seicento e, sul piano strettamente politico, la società industriale moderna».