lunedì 8 settembre 2003

La Repubblica

Repubblica 8.9.03
IL DIRETTORE
De Hadeln, carica in bilico
"Ma il film è stato difeso dagli stranieri"
di ALDO LASTELLA

VENEZIA - «Il caso Bellocchio si poteva tranquillamente evitare se solo qualche regista avesse avuto più sensibilità... Certi stranieri hanno difeso il film più di quanto abbiano fatto gli italiani». Il direttore della Mostra, Moritz De Hadeln, lo dice a mezza voce ma convinto. L´esclusione di "Buongiorno, notte" dal palmarès di Venezia va tutta sulle spalle dei due italiani in giuria.
Monicelli ha detto però che il film di Belloccchio non è stato capito dagli stranieri, che era un racconto troppo italiano.
«In giuria c´erano anche persone che provengono da paesi che hanno vissuto il dramma del terrorismo nello stesso periodo delle Brigate Rosse in Italia: penso ad Action Directe in Francia o alla Raf in Germania».
A lei il film di Bellocchio è piaciuto?
«Sì, mi pare che Bellocchio abbia fatto un passo avanti rispetto a certe sue opere precedenti. Bellocchio conosce bene il suo mestiere e non si discute la bellezza del suo film, la cui importanza va al di là del caso Moro. Anche se, come ha scritto "Le Monde", i film di Bellocchio e Benvenuti per gli italiani sono importanti, ma è difficile che abbiano risonanza internazionale».
Si è sentito offeso dalla sua assenza alla premiazione?
«No, mi dispiace solo che con il suo gesto abbia sbagliato mira. All´annuncio del suo premio c´è stato un applauso in platea che aveva un certo sapore polemico. Ma ci sono stati anche molti applausi al Leone d´oro per il film russo. Il comportamento di Bellocchio mi ha ricordato la stizza con cui Anghelopoulos accolse qualche anno fa un premio minore a Cannes, invece della Palma che si aspettava. Per quanto riguarda la freddezza dei dirigenti Rai, coproduttrice del film, mi dispiace. Ma sono anche sicuro che la polemica gioverà al successo nelle sale».
A proposito della cerimonia di premiazione e della conduzione di Chiambretti ci sono state molte critiche.
«Forse per il pubblico italiano lo spettacolo ha funzionato, ma gli stranieri hanno usato termini come vergogna. Il francese Pierre Jolivet, uno dei giurati, mi ha detto che possiamo dimenticarci di competere con Cannes se proseguiamo con queste fesserie».
La sua riconferma è stato uno dei tormentoni di questi ultimi giorni: Bernabè l´ha riconfermata o no?
«Premesso che non c´è stato alcun annuncio ufficiale, trovo gentile che Bernabè mi confermi la fiducia, ma voglio anche capire come. Ho sentito in tv persone come Marina Cicogna e Squitieri definirmi un direttore di transizione o non adatto. Ecco, io non voglio essere l´alibi di chi lavora per portare qui qualcun altro».

(Repubblica, Cronaca di Roma, stessa data)
BELLOCCHIO È BOOM IN SALA
di Franco Montini

Emozione, commozione, occhi lucidi, voglia di approfondire l´argomento, conoscere e saperne di più su quello che resta il massimo mistero della recente storia italiana e poi una valanga di applausi stanno accompagnando ogni singola proiezione di «Buongiorno, notte». Fra venerdì e domenica, il fenomeno si è registrato quasi regolarmente in ognuno dei quattordici cinema romani dove il film di Bellocchio è in programmazione. E se all´Eden sabato sera, grazie alla presenza del regista, che ha preferito essere fra i normali spettatori, piuttosto che al Palazzo del cinema di Venezia a ritirare il riconoscimento per la sceneggiatura (un premio che suona falso per un film dove ciò che conta è soprattutto la regia), era facilmente prevedibile che si registrassero scene di autentico entusiasmo ed ovazioni da stadio, è assai più inusuale che normalissime proiezioni si concludano con gli applausi.
Ma, in particolare a Roma, i risultati che sta ottenendo «Buongiorno notte» sono eccezionali anche in termini numerici. Un´uscita così ampia era sembrata ad alcuni esperti assolutamente esagerata per un film d´autore ed invece il dimostra il contrario. Nella giornata di sabato «Buongiorno notte» ha stabilito il record assoluto d´incassi per film con quattro spettacoli in tutte e quattro le sale del Circuito Cinema, che, specializzate nel cinema d´autore e forti di un pubblico attento ed affezionato, hanno fatto registrare le maggiori presenze. Al Quattro Fontane l´incasso di sabato è stato di 7.200 euro; all´Eden 6.600; al Greenwich 5.800; al Tibur 4.500. Nelle proiezioni serali, i cinema appena citati hanno fatto registrare il tutto esaurito, con gli esercenti costretti a dirottare gli spettatori su altri schermi. Ma al Greenwich ieri, domenica, il tutto esaurito si è registrato, fatto eccezionale, già dal primo spettacolo.
Inoltre il film di Bellocchio ha funzionato alla grande anche in sale non specializzate come Atlantic, Antares, Galaxy, Trianon con incassi attorno ai 2.000 euro ed anche oltre. E, a conferma di un successo che rischia di assumere caratteristiche da film natalizio, anche negli schermi multiplex, come al Cineland di Ostia, è stato è pieno.
«Un risultato di questo tipo - commenta Fabio Fefè, amministratore delegato di Circuito Cinema - fa particolarmente piacere perché sembra una sorta di riparazione allo sconcertante verdetto della giuria veneziana, che ha quasi completamente ignorato un film unanimemente apprezzato dalla critica e dal pubblico tutto».

La replica del Grande Accusato dopo le critiche sulle scelte della giuria alla Mostra del cinema
"Bellocchio? Non mi ha convinto la sua tesi sulle Br e su Moro"
di MARIA PIA FUSCO

VENEZIA - Il grande Accusato, il giorno dopo. Mario Monicelli sempre più sotto tiro. Le pomeniche sul Leone non si placano, anzi RaiCinema sdegnata decide di non mandare più i suoi film alla Mostra, con un´accusa indiretta alla direzione di De Hadeln, che, a sua volta, insinua che non sarebbero responsabili i giurati stranieri del mancato Leone a Bellocchio, bensì lo scarso impegno degli italiani. Forse il caso Bellocchio è diventato un pretesto per altre battaglie che superano Venezia 60 e riguardano il futuro della Mostra. Dall´alto dei suoi 88 anni, Monicelli non perde la calma né quel modo ironico di sfumare, di non prendere sul serio neanche se stesso. «Sono stato in altre giurie, una volta si crearono due fronti, da una parte io, Pontecorvo e Tarkovski a favore di Wenders, dall´altra Carné pro-Fassbinder e poiché vincemmo noi, Carné si ritirò clamorosamente».
Pontecorvo, Carné, Tarkovski, oggi Montgomery, Jolivet, Ballahaus... Non le sembra di aver guidato una giuria tutt´altro che eccezionale?
«Non l´ho messa insieme io, è gente nel cinema da parecchio, gente del mestiere».
Aveva detto di voler scegliere un film per il pubblico. Sa che "Buongiorno, notte" sta facendo ottimi incassi?
«Sono contento, forse tutto quello che è successo aiuta gli incassi».
Pensa che "Il ritorno" andrà bene in sala?
«Secondo noi ha la qualità preziosa della semplicità e contenuti emotivi che possono coinvolgere il pubblico. Un altro film che è stato impossibile non premiare è "L´aquilone", che con toni delicati racconta il rapporto d´amore tra una musulmana e un israeliano senza esasperare il problema dell´intolleranza, ci è sembrato un piccolo contributo alla pace, una Mostra ha anche questa funzione».
Ma lei ha difeso veramente Bellocchio?
«Io sono un suo forte ammiratore, "I pugni in tasca" fu uno degli esordi più importanti, "L´ora di religione" è un capolavoro indiscutibile. Mi dà fastidio fare il critico, ma ci siamo trovati di fronte a un film - tutti concordi sulla bellezza del cinema - con un gruppetto di terroristi insicuri, confusi, impauriti, dominati da un sequestrato che è quasi il burattinaio, una specie di glorificazione - forse oggi giusta - e sembra che a farlo morire non siano quei ragazzi spaventati ma un establishment di destra e di sinistra. Stefano ed io sappiamo e abbiamo vissuto il film con tensione. Ma gli altri chiedevano "chi sono?", potevano essere comparse, non hanno capito, forse senza le implicazioni politiche sarebbe andata meglio».
Anche "L´aquilone" che ha avuto il Gran Premio è un film politico...
«Ma va oltre, fa parte dell´attualità di oggi, è un film coraggioso che tenta di comporre una cosa impossibile da comporre, supera la politica. La Mostra è internazionale, non è provinciale non riuscire a staccarsi dai problemi nazionali?».
Bellocchio a parte, lei è stato durissimo con gli altri film di Venezia 60...
«Non capivano un film su Moro, figuriamoci una storia di 50 anni fa. Di Winspeare avevo amato gli altri film, erano ritratti d´ambiente, ma "Il miracolo" è un racconto che potrebbe essere ovunque, è scialbo, non incide mai. Abbiamo provato a parlare di Taranto, della sua importanza territoriale e sociologica, non abbiamo convinto nessuno. Non vuol dire che il cinema italiano bello e vitale non ci sia, anzi i registi di qualità sono tanti, Giordana, Crialese, Sorrentino, Marra, Garrone, autori che vivono nell´Italia di oggi e ne sanno raccontare i mutamenti».
Ma lei ha fatto cinema della memoria, "La grande guerra", "I compagni"...
«Volevo smitizzare gli eroismi e fu un grande scandalo. E "I compagni" l´ho fatto quando c´erano pochi film sugli operai, ho raccontato uno sciopero nel modo più semplice, gli operai hanno fatto avanzare l´Italia, anche con il coraggio si scendere in piazza e fare rumore. Si può perdere, ma è sempre un passo avanti».
Ha avuto sollecitazioni come presidente di giuria?
«No, ho solo capito da lontano che sarebbero stati contenti di un premio a un attore americano, e del resto Sean Penn lo meritava. Io avrei voluto premiare le 500 donne coraggiose di "Rosenstrasse", ma per De Hadeln erano troppe. Ne abbiamo premiata una come simbolo, era importante. Anche se nel cinema niente è importante, a parte la verità della vita».
Lei dovrebbe firmare un contratto con la Rai per il film "L´omonero"...
«Volevo fare una commedia sull´Italia di oggi, con la sua classe politica da vaudeville, grottesca proprio perché tragica. La commedia è l´unica cosa che so fare. Diciamo che forse non la so fare più, così Giancarlo Leone è contento».