lunedì 8 settembre 2003

Repubblica on line

Repubblica
Bagno di folla per il regista al cinema Eden per la prima del film
"Non dico nulla su Venezia. Ma abbiamo preferito essere qui"
Bellocchio, applausi a Roma
"Il premio non mi rappresenta"


ROMA - Venezia lo snobba, il pubblico lo premia. Un grande applauso ha accolto Marco Bellocchio a Roma, al cinema Eden, dove il regista di Buongiorno, notte insieme a parte del cast, ha partecipato ad una prima del suo film, uscito nelle sale italiane. Una scelta polemica per Bellocchio, quella di non ripartire per il Lido, dopo che le prime indiscrezioni cominciavano a dare per certa la vittoria del film Il ritorno, del regista russo Andrej Zvjagintsev. E di fronte alla folla, che gli ha tributato un'ideale standing ovation di dieci minuti al grido di "Avete vinto voi", il regista ha commentato con un distaccato "Il premio della Mostra del cinema è un premio dignitosissimo che però in qualche modo non mi e non ci rappresenta".

Intanto, a Venezia, a Bellocchio (di fatto a Luigi Lo Cascio, uno dei protagonisti del film) veniva consegnato il premio "per un contributo individuale di particolare rilievo" ("Vuol dire tutto e non vuol dire niente" ha commentato il critico cinematografico Tullio Kezich, che ha annunciato il premio), in questo caso quello per la sceneggiatura. Premio, in un certo senso, di consolazione, per un regista e un film che i pronostici avevano dato per favoriti nelle categorie principali.

Ma se la giuria della Mostra del Cinema ha snobbato Bellocchio, Bellocchio ha snobbato la Mostra. Ed ha preferito il bagno di folla, dopo il successo già registrato nelle sale italiane (170 quelle in cui il film è in programmazione): da ieri, giorno d'uscita di Buongiorno, notte, il film ha incassato 135 mila euro.

All'ingresso del regista, di parte del cast e della troupe, il pubblico nella sala del cinema Eden è scattato in piedi. Solo dopo quasi dieci minuti Bellocchio è riuscito a prendere la parola. "Noi - ha spiegato al pubblico - siamo qui per un motivo molto semplice, una scelta. Non voglio dire nulla sugli addetti di Venezia. Però vorrei spiegarvi che noi, d'istinto, abbiamo preferito essere qui con voi". Poi, il regista ha ricordato il riconoscimento arrivato anche dalla giuria di ragazzi dell'Agi scuola, "Abbiamo avuto da parte di giovanissimi questa emozione - ha detto - e se il film ha provocato anche in loro tutta questa emozione, vorrà dire pure qualcosa. E' venuto il momento di rivedere le cose - ha aggiunto - e di farla finita con questo annullamento della tragedia".

"Il film, ha concluso Bellocchio, ha avuto un avvio straordinariamente bello e se noi siamo qui - ha ripetuto - è per comunicarvi il piacere e l'affetto di essere con voi qui e non là". Ancora applausi, poi una battuta del regista per spezzare l'emozione: "E' inutile dirvi - ha detto rivolgendosi al pubblico - che ora, quando voi sarete usciti, io tornerò fuori ad aspettare l'arrivo del pubblico del prossimo spettacolo, e ripeteremo tutta la scena".

L'Aldo Moro di Bellocchio
è una lezione di sguardi
"Buongiorno, notte", un'opera riuscita e piena di sensibilità
Il regista ha scelto la triplice strada dell'infedeltà ai fatti
di ROBERTO NEPOTI


Ci voleva una bella dose di coraggio per portare sullo schermo una volta di più la vicenda Moro. Se il film è - com'è - una grande riuscita, dipende da tutta una serie di scelte compiute da Bellocchio: giuste e, in più, coraggiose. Contariamente alle versioni docu-drammatiche del "Caso Moro" o del recente "Piazza delle Cinque Lune", che aspiravano a rivelare la verità nascosta, Bellocchio ha scelto la triplice via dell'infedeltà (ai fatti), della fabulazione e dello sguardo personale.

La prima gli ha permesso di introdurre un personaggio femminile; ispirato, sì, ad Adriana Faranda, ma protagonista di una metamorfosi intima che dà il senso agli eventi, tutti filtrati attraverso i suoi occhi. Perché Buongiorno, notte è un film di linguaggio, interamente inquadrato attraverso lo sguardo, gli sguardi: l'osservazione di chi vede senza essere visto (i carcerieri di Moro), il divieto di guardare, l'occhio della nazione, e dei media, puntato sul rapimento e altri sguardi ancora. Bellocchio traduce rigorosamente tutto ciò in termini visivi, dai mascherini attraverso cui Chiara spia il prigioniero al variare delle luci di scena sul primo piano di Maya Sansa; fino a che il suo sguardo - appunto - cambia, si muta in uno sguardo diverso (che è lo sguardo condiviso dal regista).

Altra scelta felice quella d'introdurre nel racconto la sceneggiatura del giovane amico di Chiara: che, da un certo punto in poi, fa interferire la realtrà storica con l'immaginazione della donna, regalando al film il suo bel finale "sognato".