martedì 4 novembre 2003

l'immagine proposta da "La condanna"
per pochi giorni al Quirinale e a Venezia

Giornale di Brescia 4.11.03
Torna in Italia dalla Russia
MADONNA LITTA IL DOLCE ENIGMA DI LEONARDO
di Fausto Lorenzi


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Nel 1865 il conte milanese Antonio Litta, erede dei Visconti e dei Belgioioso, offrì la sua collezione all’Ermitage di San Pietroburgo. Lo stesso direttore del Museo imperiale, Stepan Gedeonov, venne a Milano, dove acquistò per lo zar Alessandro II quattro dipinti per 100 mila franchi: tra questi la Madonna col Bambino attribuita a Leonardo da Vinci, che da quel momento venne chiamata La Madonna Litta. Per i russi, questa piccola Madonna (42x33 cm, olio e tempera su tavola, trasferita su tela con notevoli danni) che allatta dolcemente il Bambino, in piedi, come s’alzasse a mostrarlo e offrirlo a chi guarda, sullo sfondo d’un paesaggio incorniciato da due finestre ad arco, è diventato una sacra icona, tanto che fu subito esposta alla fine della Seconda guerra mondiale, come inno al risorgere della vita. E in molte case sta riprodotta, come le icone più venerande, e come quelle è diventata parte dell’identità del popolo. Ora è già arrivata in Italia, su un aereo militare, come dono temporaneo del premier Putin che viene in questi giorni in visita ufficiale. Protetta da una speciale teca, sarà esposta gratis al pubblico al Quirinale (sala delle Bandiere), dal 7/11 al 10/12, quindi passerà al Palazzo Ducale (sala del Mappamondo) di Venezia, dal 15/12 al 15/1 (là sarà omaggio al risorgere del teatro della Fenice dalle ceneri, quasi a evocare un potere taumaturgico dell’arte. In più, sarebbe proprio la Madonna che allatta di Leonardo che Marcantonio Michiel vide nel 1543 a Venezia in casa Contarini). C’entrano, con la venuta in Italia, anche i buoni uffici di Banca Intesa, presieduta dal bresciano Nanni Bazoli, che all’Ermitage ha sponsorizzato il restauro delle sale della pittura veneta. Ci si aspetta che possa ripetersi l’emozionante calca che accompagnò 5 anni fa la Dama con l’ermellino dal Museo di Cracovia. Se per la Dama si voleva incrociare lo sguardo più bello del mondo, qui ci si vorrà commuovere per la dolcezza mite e malinconica con cui la Madre si mangia con gli occhi il suo Bambino. Ma per la maggior parte degli storici d’Occidente, fin dall’800, questa Madonna datata al 1490 circa, tra i primi ritratti di trequarti della nostra pittura, sarebbe stata concepita da Leonardo, ma eseguita da un allievo, pur con correzioni del maestro, tanto che grandi specialisti di Leonardo, da Pietro Marani a David Allan Brown, anche in studi recentissimi la escludono dalle autografie. Il prototipo è nella Testa di giovane donna del Louvre, studio di profilo di intimismo dolce e musicale, ma anche di meditazione sul nesso tra castità e sapienza; e fors’anche in un disegno a Francoforte. Dopo gli studi delle Vergini, per l’Adorazione dei magi degli Uffizi e per la Vergine delle rocce del Louvre (primo dipinto commissionato a Milano nel 1483 al maestro), dove il tema sacro già diventava riflessione sul legame tra madre e figlio, qui la fermezza delle proporzioni offre il lato matematico, fiorentino dell’impianto, ma la grazia tattile infusa dalla posa nella luce naturale rivela tutta la nuova invenzione lombarda, nello stesso sfumare dell’incidenza luminosa dal volto armonico alla grazia già ombrosa del busto che accoglie quel luminosissimo Bambino che s’aggrappa con tutto il corpo al seno, ma volge l’occhio di beato languore allo spettatore. Proprio certa durezza del chiaroscuro, che in altri ritratti coevi (dalla Dama con l’Ermellino al Musico dell’Ambrosiana milanese) è sciolto, quasi bagnato nell’irradiazione di luce e ombra vere, come emanazione o respiro morbido, induce molti studiosi a fare i nomi di leonardeschi (il più accreditato è ora Marco d’Oggiono, e prima lo Zenale, il De Predis, il Boltraffio.). Ma per la conservatrice dell’Ermitage Tatiana Kustodieva e per Carlo Pedretti, che in America cura il Centro studi leonardeschi, non c’è dubbio: per quest’ultimo, anzi, la tavola sarebbe stata tagliata, dall’originale figura intera. Leonardo fu il primo a porsi il problema dei sentimenti (lui diceva i moti dell’animo) che condizionano le espressioni del corpo. L’abbia direttamente dipinta lui, o un suo formidabile seguace, resta la conferma di come di Leonardo sia stato dirompente soprattutto il disegno della mente, in questo avvicinare in un’inedita intimità d’affetti le inclinazioni dell’anima al corpo e al mondo naturale. È questo che conta davvero, non il cercare a tutti i costi una firma.