mercoledì 7 gennaio 2004

Daniel Baremboim* su Spinoza

una segnalazione di Annalina Ferrante

citato al Martedì

La Repubblica 7.1.03
SPINOZA
Vi racconto perché è stata la mia guida
come vincere l'antisemitismo

Questo filosofo non si è fatto condizionare da nessun sistema politico e religioso. Da nessun concetto morale. E ha difeso il libero pensiero
Ho letto l'"Etica" per la prima volta a 13 anni Il semplice principio: "l'uomo pensa" per me è diventato un leitmotiv esistenziale
Il grande Voltaire gli rimproverò una volta dell'abuso di metafisica Ma non è forse il suo carattere assoluto ad essere oggi importante?
Il suo principio di non separare la ragione dall´emozione è diventato per me la forma primaria di incontro con la musica
di DANIEL BARENBOIM


L'Etica di Spinoza l'ho letta per la prima volta quando avevo 13 anni. A scuola abbiamo studiato la Bibbia - per me un'opera anch'essa assolutamente filosofica. Ma con la lettura di Spinoza mi si è aperta una nuova dimensione del pensiero. Una dimensione di cui sono fino ad oggi succube. Il semplice principio di Spinoza, «l'uomo pensa», è diventato per me un leit-motiv esistenziale. La mia copia dell'Etica nel frattempo si è logorata e squinternata. Per anni me la sono portata dietro nei miei viaggi, e nella stanza d'albergo o durante le pause dei concerti mi sono fatto prendere dall'entusiasmo per le sue teorie.
L'Etica è la miglior scuola dell'intelletto perché Spinoza insegna come nessun altro filosofo la radicale libertà dei pensieri. Solo un uomo che riflette coerentemente, è nella condizione di trovare una forma di felicità. Per me questa cognizione è una sorta di autoanalisi pre-freudiana. Spinoza mi aiuta a guardare me stesso dall'esterno. In questo modo la vita diventa sopportabile anche nei periodi di maggiore sofferenza e il mondo con gli assunti dellEtica assume proporzioni vivibili.
Il grande Voltaire ha rimproverato una volta a Spinoza «l'abuso di metafisica». Ma non è forse proprio il carattere assoluto della metafisica ad essere oggi più importante che mai? La sconfinata libertà del pensiero filosofico non è forse diventata la più grande e la più preziosa forma di libertà in un'epoca in cui spesso, a causa dei sistemi politici, delle costrizioni della società in cui viviamo, dei codici morali e della "political correctnes", esercitiamo senza volere un'autocensura ai nostri pensieri?
Spinoza non si è fatto limitare da nessun sistema politico e religioso - da nessun concetto morale. E ha sofferto per difendere l'ideale del libero pensiero. Quasi nessun filosofo fu avversato come lui. È stato definito «arciebreo che parla male», è stato cacciato dalla sinagoga e dall'insegnamento statale. Anche i suoi allievi professavano le sue idee solo di nascosto. E quando il principe elettore del Palatinato Carlo Ludovico chiese al povero e solitario filosofo di insegnare all'Università di Heidelberg, questi si rifiutò: Spinoza non poteva garantire che i suoi pensieri non intaccassero la religione ufficiale. Il pensatore preferì la vita modesta e ritirata di una carriera borghese.
Spinoza non aveva un interesse speciale per la musica. Eppure la sua logica ha influito sul mio amore per la musica. Mio padre, laureato in filosofia, fu il primo ad avvicinarmi a Spinoza. Il suo consiglio fu di affrontare filosoficamente e razionalmente anche le partiture. E così il principio di Spinoza di non separare ratio ed emozione, è diventato per me la forma primaria di incontro con la musica. Credo che ci si possa avvicinare di più a un pensiero e a un brano musicale se si vuole indagarne da una parte la struttura logica, dall'altra il contenuto emozionale.
Mi ricordo con piacere l'ultimo colloquio che ebbi con lo straordinario direttore d'orchestra Otto Klemperer. Parlammo di Spinoza ed egli affermò: «L'Etica di Spinoza è il libro più importante che sia mai stato scritto». Klemperer era ebreo. A 22 anni si convertì al cristianesimo perché credeva di poter dirigere la Passione secondo Matteo di Bach solo se era cristiano. Decenni più tardi, dopo la guerra - Klemperer era già anziano - si convertì di nuovo all'ebraismo.
Una delle ragioni di questa conversione fu l'Etica di Spinoza. Che forse è la filosofia ebrea più importante. Quesiti sull'etica e sulla morale ebrea e l'interrogativo "cosa è ebreo?" sono stati posti per molto tempo dalla prospettiva di una minoranza. Le grandi teorie e i manifesti servirono a superare l'idea dell'esistenza bimillenaria di un popolo come minoranza. In tutti questi anni gli ebrei a volte si integrarono nella vita sociale, a volte furono perseguitati in modo spietato, ad esempio dall'Inquisizione spagnola o dalla dittatura di Adolf Hitler. Ciò che è particolare nella filosofia di Spinoza è che egli, nonostante fosse stato perseguitato, vituperato e bandito, non ha mai dato al suo pensiero la premessa della minoranza. Proprio per questo la sua filosofia è così moderna oggi, in un periodo in cui il popolo ebreo ha un suo Stato e dunque non è più considerato minoranza. LEtica di Spinoza è stata ed è sempre adatta a servire da codice per creare un'unità intellettuale e morale tra gli ebrei.
Quando il popolo ebreo nel 1948 ottenne uno Stato, la minoranza divenne una nazione. Questo passaggio fu attuato in modo molto organico. Ma già 19 anni più tardi gli ebrei di Israele si trovarono di fronte ad una nuova sfida: la minoranza di un tempo aveva il controllo su un'altra minoranza, quella dei palestinesi. Questo secondo passaggio sino ad oggi non è stato ancora superato. Vorrei affermare che non è nemmeno cominciato in modo giusto. Sino ad oggi molti ebrei di Israele ancora non sono autentici patrioti a cui sta a cuore la felicità di tutti gli uomini che vivono a Israele, bensì si alimentano di un ingenuo nazionalismo.
Spinoza ha una volta sentenziato: «La finalità dello Stato è in realtà la libertà». Io mi domando a che punto sia arrivato Israele con lo Stato e con la libertà. Spinoza parla dell'uguaglianza degli uomini - la forma di dominio e di tirannia gli è estranea. La democrazia israeliana non ha ancora risolto il problema dello Stato in cui vengono oppresse minoranze e in cui la libertà di tutti vale come regola suprema. Noi viviamo sino ad oggi in una democrazia a due classi.
Sono convinto che gli ebrei di Israele, prima di poter risolvere il conflitto medio-orientale, debbano definire seriamente la propria posizione in senso morale-etico. Dato che ciò non è ancora avvenuto, vorrei citare un esempio di umorismo ebreo: l'umorismo di una minoranza è coraggioso. Un ebreo che nel ghetto di Varsavia getta tra i piedi di un ufficiale della Gestapo un pezzo di pane raffermo dicendo: «Questo è buono abbastanza per un non-ebreo», mostra coraggio civile. Se oggi un ebreo getta un pezzo di pane raffermo a Ramallah tra i piedi di un palestinese dicendo le stesse parole, non compie un'azione coraggiosa, ma primitiva e disumana.
Negli anni Cinquanta lo spirito di Spinoza era ancora vivo a Gerusalemme - la città era il centro degli intellettuali ebrei. Qui hanno insegnato Martin Buber e Max Brod. In quel periodo io vivevo a Tel Aviv. Qui eravamo più pragmatici: abbiamo costruito il Paese, avevamo speranze, entusiasmo, e creammo valori materiali. L'Università ebraica a Gerusalemme ci forniva il fondamento intellettuale. Ma nel frattempo l'ebraismo secolare è andato via da Gerusalemme e gli ebrei ortodossi hanno determinato il clima spirituale. Così Gerusalemme ha perso la tradizione intellettuale di Spinoza. Ma proprio questa tradizione è necessaria per arrivare a un progresso nel conflitto medio-orientale.
Già Spinoza soffrì di due fenomeni che ancor oggi sono latenti. Da una parte egli, ebreo, fu escluso dalla comunità ebrea. Dall'altra parte divenne vittima di antisemiti demagogici. Di recente un'inchiesta in Germania ha dato uno spaventoso risultato: gran parte dei tedeschi crede che gli ebrei rappresentino il più grande pericolo per la pace mondiale. In questo caso si è dissolta una essenziale linea di demarcazione: la critica allo Stato di Israele e l'antisemitismo - l'una è diventata la copertura dell'altro. Ci sono critiche giustificate al governo israeliano - e io stesso le ho formulate spesso e con forza. Ma questa discussione che fomenta risentimenti antisemiti è incresciosa.
L'antisemitismo non si deve trattare storicamente, politicamente e nemmeno filosoficamente. L'antisemitismo è una malattia. È significativo che le idee di Spinoza abbiano avuto delle ripercussioni proprio su ciò che oggi vale come tipica filosofia tedesca, e cioè su Feuerbach, Wagner e Nietzsche. Ad esempio, Richard Wagner come poteva diventare antisemita avendo le idee di Spinoza? Un po' di antisemitismo faceva sicuramente parte del profilo di un nazionalista tedesco del XIX secolo. Ma perché mai Wagner lo sostenne con eccezionale veemenza? Su questo punto non poteva richiamarsi al suo padre spirituale, erede di Spinoza, ossia a Feuerbach. L'antisemitismo di Wagner, come ogni forma di odio contro gli ebrei, aveva una base irrazionale. Egli era troppo simile ai suoi nemici mortali, agli ebrei, a Meyerbeer o a Heinrich Heine. E qui, nel desiderio stesso di voler appartenere alla categoria degli eletti, si trova la pericolosa separazione fra spirito logico e motivi privati. Ancora una volta: l'antisemitismo non si può trattare filosoficamente. Rimane una malattia che ancora non combattiamo in maniera sufficiente.
La lettura dell'Etica di Spinoza rende chiaro tutto ciò. Oggi è così moderna come mai prima. Prima di tutto perché può essere per il lettore privato stimolo alla catarsi - al pensiero logico e libero. In secondo luogo perché offre riflessioni decisive per la convivenza collettiva. Con l'Etica di Spinoza Israele potrebbe evolversi in uno Stato veramente democratico e ogni comunità potrebbe trovarvi le basi per definire i propri valori etici.

Traduzione di Paola Sorge

* Daniel Barenboim, nato a Buenos Aires nel 1942 è uno dei più grandi pianisti e direttori d'orchestra viventi. Direttore della Chicago Symphony Orchestra, e Direttore generale della Deutsche Staatsoper Berlin