domenica 4 gennaio 2004

il "Cavaliere Azzurro" in mostra a Milano

Il Messaggero, Domenica 4 Gennaio 2004
Mostre/ A Milano centoventi opere del “Cavaliere Azzurro” Tra favola e mito
di FLORIANO DE SANTI


SONO passati novantadue anni dalla nascita del “Cavaliere Azzurro”: meglio, dalla prima esposizione e dall’apparizione dell’Almanacco del gruppo che si denominò Der Blaue Reiter. Sono immagini note nella memoria critica, di quanti si sono volti a fare e studiare l’arte d’avanguardia del secolo da poco trascorso, immagini incentrate su Kandinskij, su Franz Marc, sulla Germania a cavallo tra la grande guerra e il dopoguerra. L’esposizione visitabile alla Fondazione Mazzotta di Milano sino al 20 gennaio 2004 si apre complessivamente, con i suoi centoventi tra dipinti e opere su carta, a tutte le articolazioni del movimento. Si comincia dagli svolgimenti della pittura kandiskijana sino al momento della fondazione del Blaue Reiter, per arrivare a Marc, ai rapporti di Munter e Macke con l’arte europea del periodo, alla serie di ritratti dei componenti, via via sino alle testimonianze sull’arte primitiva (che fu privilegiata da questi pittori) e a un ampio mannello di documenti e illustrazioni originali. Ci sono persino le quattro acqueforti incise da Picasso nel 1911 per Saint Matorel di Max Jacob e presentate nella seconda mostra del “Cavaliere Azzurro”. La culla del Blaue Reiter è stata Monaco di Baviera e la galleria Thannhauser che ne ospita la prima mostra negli ultimi giorni del dicembre 1911. Vi apparvero quadri di Kandinskij e Marc, russo il primo e tedesco il secondo, che furono i fondatori del gruppo; nonché opere di altri artisti, tra cui August Macke, Campendonck, Epstein e Gabriel Munter. Apparvero pure come artisti invitati opere del doganiere Rousseau, la cui fama venne diffusa dal poeta francese Apollinaire, e opere di Delaunay che a quel tempo dipingeva, ispirato dalle novità cubiste e futuriste, una serie di Torri Eiffel a esaltazione del simbolo del progresso industriale, la cui mole di ferro già occupava i cieli di Parigi. E’ pure molto significativo il fatto che a quella prima mostra del “Cavaliere Azzurro” si mostrassero quadri di Arnold Schönberg, il musicista che nelle stesse settimane maturava il suo Pierrot Lunaire, seme vivo della prima dodecafonia. In effetti la nuova pittura di Kandinskij sarà astratta, non oggettiva: avrà cioè una radice diversa dalla “sensazione” che Cézanne traeva dal vero naturale. Poiché al centro di tale ricerca vi furono le teorie dell’Einfuhlung, cioè la corrispondenza tra forme e stati mentali, essa sarà affondata nella spiritualità. Non per nulla il grande maestro moscovita dirà un giorno: «Dentro la Materia si cela lo spirito creatore», e si svilupperà questo concetto di astrazione ideale, dove avvertì anche un moto di quell’intelligenza astraente di pittori di icone, scrivendo nel 1912 un lungo saggio Dello spirituale dell’arte tradotto in italiano già dal 1936. Dopo l’esposizione del 1911 e fino al 1914 si realizzarono altre manifestazioni del Blaue Reiter, fino cioè allo scoppio della guerra mondiale che portò via ancora giovanissimi Franz Marc e August Macke. Il gruppo si infittì man mano di nuovi aderenti. Per diffondere e sostenere le idee, Kandinskji e Marc (il quale a dire il vero non fu mai pittore completamente astratto) progettarono e diffusero nel 1912 un “Almanacco del Cavaliere Azzurro”. Vi figurano le opere degli artisti del gruppo, e di coloro che essi ritenevano vicini: Picasso, Matisse, Van Gogh, Gauguin, Rousseau; e poi i colleghi espressionisti del gruppo Brücke di Dresda, e cioè Nolde, Kokoschka, Kirchner, Heckel, Pechstein, di cui tuttavia non condividevano l’impulso protestatario. E ancora vi compare una scelta straordinariamente diversa di esempi: dalla scultura negra, già in auge a Parigi nel 1905, alle terracotte precolombiane; dal Greco, scoperto dai critici viennesi, a Baldun Grien; da un frammento di mosaico veneziano alle marionette di un teatro di ombre; dalle stampe popolari di Epinal e dagli ex voto agli egiziani antichi; dai disegni infantili agli spartiti di Schönberg, Alban Berg e Webern.
Nella eccezionale rassegna di Milano troviamo documentato, a uso del visitatore, tutto questo e capolavori quali Il cortile di Henri Rousseau, Capriolo nel giardino del convento di Franz Marc, Macchia nera I di Vassilji Kandinskij, La casa rossa di Paul Klee. Ma alla fine è giusto chiedersi: che cosa aggiungono Kandiskji o Klee alla scoperta dell’arte primitiva, popolare, infantile, esotica già di volta in volta oggetto dell’interesse di questo o quel pittore e poeta? L’artista del Blaue Reiter scopre un’attenzione implicita ai contenuti, nell’intento di focalizzare una condizione o denominazione comune, a livello, in sostanza, di favole e di mito. Sono gli stessi anni in cui Jung, deviando dalla linea freudiana (proprio in un congresso del 1912 a Monaco, Freud e Jung si scambiavano le prime battute polemiche) ha l’intuizione dell’"Inconscio collettivo" come serbatoio del mito e produttore di una fervida ed inventiva "simbologia dello spirito".