La Repubblica 4.1.04 Pag. 35 - Cultura
Quell'incantevole cognata
Le lettere inedite su un amore nascosto
Le missive tra il marchese e Anne Prospère costringono a rivedere il mito
di DARIA GALATERIA
A Charenton, il suo ultimo manicomio, il marchese de Sade godeva di alcuni privilegi. Il direttore, Coulmier - alto non più di un metro, e quel metro «assai sgraziato» - era stato superiore dei premostatensi; spretato dalla rivoluzione, e credendo nel teatro come terapia, considerò il marchese un inviato della Provvidenza, e lo usò per organizzare spettacoli, a cui accorrevano da Parigi. Così, concesse a Sade un salubre appartamento al secondo piano, sopra all'immondo padiglione dove gli internati vivevano sotterrati, sulla paglia, tra gli escrementi.
La camera principale di Sade e la biblioteca attigua davano sul giardino, verso la Marna. Sade vi riceveva le attrici, e viveva con una signora, la fedele madame Quesnet, che faceva passare per sua figlia. Il letto a colonne aveva cortine di seta a righe bianche e rosse; la bergère di velluto e le sedie di paglia riposavano accanto al caminetto. Alle pareti, il ritratto senza cornice del nonno e la miniatura della cognata.
La cognata, Anne Prospère de Launay. Al momento della morte, Sade non la vedeva da 47 anni, mezzo secolo; ma la miniatura era lì, quando la polizia accorse a sequestrare i manoscritti. Ora, quattro lettere ritrovate e pubblicate da Pierre Leroy (Donatien Alphonse François de Sade, Anne-Prospère de Launay, con un testo di Philippe Sollers, Gallimard, pagg. 80, euro 29,50) ci costringeranno a rivedere la storia, e perfino la leggenda di Sade.
Donatien ha trentadue anni, tre figli e un paio di scandali - in carcere due volte, per empietà e fustigazione di prostitute legate al letto «a decubito ventrale»: e cera bollente colata sulle ferite - quando, nel 1771, Anne Prospère arriva a La Coste, il castello di Sade, bianco e tozzo nido d'aquila sulla Provenza.
Anne Prospère ha vent'anni, e tutte le grazie che mancano alla sorella, devotissima moglie del marchese. È canonichessa delle benedettine. Intanto, grazie alle lettere ritrovate, sappiamo come mai la suocera di Sade, la temibile Présidente, ha in convento la più carina delle figlie. Lo racconta Sade stesso allo zio, abate de Saumane - un abate fuori del comune: Donatien, che è vissuto, nell'adolescenza, nel suo castello, ne dice che era «un bordello». Sade si confida così, in una bella lettera inedita, allo zio libertino: ha avuto, con «quell'angelo celeste» (17 anni!), «intime comunicazioni», da allora lei rifiuta ogni pretendente, e accusano Sade di incesto. E la fanciulla è in convento; ma ora arriva a La Coste.
Non si conoscevano finora, e vedremo perché, lettere di Sade e Anne Prospère. Due biglietti scritti in comune al notaio aprono ora spiragli su quel soggiorno. La canonichessa fa teatro con il «fratello», chiede una vasca, perché le hanno prescritto dei bagni, salutari: «e per fare teatro, bisogna star bene, no?». (Il medico è di fatto chiamato tre, quattro volte al suo capezzale, e dell'attrice madame Bourdais, «comédienne du Roi», anche lei ospite al castello - cosa avranno mai, queste gentildonne?). Sade ordina chiavistelli per la stanza della «sorella»: bisogna pure proteggere «quel tesoro»; in effetti, anche lo zio abate si è innamorato.
«Incesto, profanazione, sacrilegio», scrive il curatore Leroy: tutto quanto può stuzzicare Sade. Nel pieno della passione, il marchese parte col valletto a cercar soldi in città. È il notissimo «affare di Marsiglia»: i minimi particolari noti nel protocollare (e più gustoso) linguaggio della polizia, intervenuta per i malori postumi, da bombons afrodisiaci, di «giovanissime» prostitute assoldate dai nostri viaggiatori - che hanno segnato con un coltellino, sul legno del caminetto, i colpi di staffile: si conteranno 859 intacchi. Il Marchese e il valletto vengono condannati a morte, e al rogo in effigie: perché intanto Sade è partito per Venezia, con la cognata.
Del viaggio in Italia - tre mesi - di Donatien e Anne Prospère non si sa nulla. C'è una lista di sessanta luoghi da visitare a Venezia, e una trentina sono sbarrati: S. Marco, la biblioteca, Murano. Il 2 ottobre, Anne Prospère riappare a La Coste. Donatien è a Chambéry, che dipende dal regno di Sardegna. Ma la Présidente è ormai in guerra. Invoca dall'ambasciatore di Sardegna, conte Ferrero della Marmora, di arrestare e incarcerare per sempre il genero, e di mettere le mani su un cofanetto di legno rosso che appartiene alla figlia. La Présidente infatti ha scelto per mademoiselle de Launay un pretendente particolarmente timorato, il marchese de Beaumont, nipote dell'arcivescovo di Parigi. Per concludere le nozze, bisogna distruggere le lettere di Anne Prospère, e seppellire per sempre in carcere Sade.
A dicembre, dalla sua cella detta ironicamente «la Grande Speranza», Sade scrive al valletto di ritirare a Nizza gli effetti di Anne Prospère; «vi metterete in tasca quello che sapete» (la miniatura?). Il resto della vita, o quasi - ventotto anni - Sade li trascorrerà in carcere; e dalla «Seconda Libertà» - la cella, antifrastica, alla Bastiglia - sobillerà i parigini alla Rivoluzione. La famiglia cala il silenzio sulla vicenda. Anne Prospère muore in convento a 28 anni, e Sade non lo saprà mai. Solo una volta, la moglie risponde alle sue domande. Sade le ha scritto del suo «sogno di Laura», la Laura del Petrarca, che è un'antenata del marchese: le è apparsa morta e bellissima, gli ha detto: raggiungimi. «Mamma» ha chiamato in sogno il marchese. E subito accanto, Sade chiede alla moglie di Anne Prospère. Commossa evidentemente, madame Sade scrive al marito: dovunque ora Anne Prospère si trovi, nulla può disonorarla, o nuocere a Sade; del resto, «ogni risposta è inutile».
A Charenton, Sade era obeso, e rallentato nei movimenti; aveva occhi come «brace morente». E ancora, dopo tante prigioni e i rivolgimenti della storia, guardava nella miniatura di Anne Prospère i tratti dell'amore, e della sua rovina.
La confessione
«Caro zio ho incontrato un angelo»
Da una lettera di de Sade allo zio, abate de Saumane, da Parigi, 15 giugno 1771
Dal seno di questa famiglia virtuosa e ottusa è uscito un angelo celeste. Al ritorno a Parigi mi fanno vedere questa deliziosa cognata che conoscevo appena, aveva allora 17 anni; la libertà che ci lasciano porta presto a colloqui intimi che mi conquistano la confidenza e l'affetto della ragazzina. Si presentano dei partiti, lei li rifiuta; non tardano a accusarmi di stranezze, arrivano a suppormi dei progetti; un incesto a me, caro zio! convenite che non mi rendono giustizia; allontanano la sorellina, comincio io stesso a viaggiare per convincerli della mia innocenza; e usano intanto ogni mezzo per convincerla al matrimonio, ma niente; dopo due anni di persecuzioni, la ragazza è in convento: ne faremo una canonichessa. La buona madame de Sade, meno sospettosa, ha visto in questo legame solo un sentimento semplice e onesto... In coscienza, vi dirò che amo molto questa giovinetta, e credo che lei mi ricambi, ma non c'entro nulla nei suoi progetti di canonicato e nel suo disgusto per il matrimonio, come nella sua passione estrema per la libertà e tutte le altre follie dell'immaginazione che la hanno messa contro la sua famiglia.
Muore a 74 anni nell'ospedale dei pazzi
La vita dello scrittore tra condanne e fughe
Donatien Alphonse François de Sade, detto marchese di Sade, nasce a Parigi nel 1740. Figlio d'un diplomatico, prende parte alla guerra dei Sette anni: di ritorno a Parigi (1763) deve scontare la prima d'una serie di condanne per immoralità: cinque anni più tardi torna in prigione con l'accusa di perversione ed è condannato a morte in contumacia per il delitto di avvelenamento e sodomia (riuscirà a evadere dalla Fortezza di Miolans). Dopo alcuni anni trascorsi nel suo castello di La Coste, contrassegnati da nuovi scandali e caratterizzati dall'incontro con la cognata, viene di nuovo arrestato nel 1777 e rimane in prigione fino al 1790. Poi la breve stagione rivoluzionaria, nel 1797 ancora il carcere con l'accusa di empietà, poi la reclusione nell'ospedale dei pazzi di Charenton, dove muore nel 1814.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»