Repubblica ed. di Torino
Chagall alla Gam un ebreo in rosso
Fiabesco I suoi dipinti accolgono i suoi sogni
La maggior parte dei pezzi esposti proviene dai fondi privati della famiglia, sparsa fra gli Stati Uniti e la Svizzera
Si apre domani al pubblico una mostra con 130 opere, a mezzo secolo da quella a Palazzo Madama inaugurata da lui stesso
di PAOLO LEVI
Dopo mezzo secolo ritorna a Torino un´esposizione dedicata a Marc Chagall (Vitebsk 1887, Saint Paul de Vence 1985). Si era svolta nel 1953 in Palazzo Madama, presente il Maestro coi suoi capelli bianchi, ormai vicino ai settant´anni. Sono circa centotrenta le opere, con datazioni dal 1907 al 1976 presenti alla Gam di Torino (via Magenta n. 31, dal 24 marzo al 4 luglio). L´evento nasce grazie alla collaborazione tra Artificio-Skira, Città di Torino, le fondazioni Crt e Torino Musei. I curatori sono Jean-Michel Foray, di Meret Meyer, nipote di Chagall e Alan Crump, mentre Claudia Beltramo Ceppi Zevi è il direttore di questa mostra di «improvvisi» cromatici eccezionali, di un maestro dalla scrittura tonale fiabesca ed incantevole, dedicata a un mondo ebraico tragicamente scomparso. Opere dove pare sorridere la malinconia di un quotidiano rivelato in chiave di sogno: musicisti in strada, l´autoritratto davanti alla finestra o davanti alla casa, l´amata Bella ripresa sul ponte o di profilo, il carretto dei poveri, il ricordo di una slitta.
L´essere di fede ebraica non gli vietava di rivisitare la Crocifissione dell´ebreo Gesù, con il taled (il manto rituale) che gli copre i lembi. Inedito, in questo caso, Resistenza, Liberazione, Resurrezione, trittico del 1937-1948, dove il Cristo rappresenta dolore e vita in chiave onirica ed immanente. Per certi dipinti di Chagall, ormai familiari, è come risentire e godere un brano di musica classica: ne captiamo sempre nuovi elementi, coinvolgenti, ne L´ebreo in rosso del 1914-?15, ne Lo specchio o La passeggiata del 1917-?18, capolavori provenienti dal Museo di Stato Russo di San Pietroburgo. Altrettanto importante Il pendolo dall´ala blu del 1948, che sarebbe forse piaciuto a Breton perché l´avrebbe interpretato in chiave surrealista. Tra le opere esposte, ricordiamo la gouache e tempera Nel mio paese del 1943, della collezione Gam. La maggior parte dei pezzi provengono dai fondi privati della famiglia, sparsa tra gli Stati Uniti e la Svizzera.
Chagall aveva un grande amore per certi quadri, li teneva per sé come nel caso della splendida raffigurazione del fratello, morto giovane, David con mandolino del 1914, eseguito su semplice cartone perché non aveva i soldi per comprarsi la tela. Ebreo devoto per ciò che riguarda i Comandamenti, Marc Chagall, il cui vero nome era Moisé, seguiva alla lettera la severa disposizione che recita «non ti farai immagine alcuna», contro l´idolatria. Ma siccome la Legge data da Dio a Mosè non vieta all´uomo di trasfigurare i propri sogni in chiave illustrativa e soggettiva, l´artista si comportò di conseguenza. Tutta la sua produzione è un trasfigurare il vivere quotidiano in una leggenda poeticamente intima. Nel 1910, il pittore è a Parigi e conosce, tra i poeti, Apollinaire, Jacob, Cendrars, ma anche i pittori Modigliani e Delaunay. Non ha mai avuto simpatia per Picasso.
Sono anni di ricerca e di esposizioni. Nel 1914 torna in Russia, è scoppiato il primo conflitto mondiale. Nel 1915 sposa l´amata Bella (gli muore tra le braccia negli anni Quaranta, negli Stati Uniti dove erano approdati per salvarsi dal nazismo); nel 1916 partecipa alla Rivoluzione Sovietica: niente costruttivismo, niente realismo. Fanno fede Apparizione, dipinto ad olio del 1917-´18, e il ricordo degli affreschi andati perduti, eseguiti per il teatro ebraico di Granovskij, ricoperti di vernice bianca ai tempi di Stalin, perché non in linea con il realismo socialista. Nel 1922, in rotta con Malevic e il regime, torna nella sua Parigi. Diverrà francese nel 1937. Prima Parigi e poi Vence saranno le sedi dei suoi atelier. Mentre tutte le avanguardie del Novecento sono ormai statiche e datate, curiosamente le opere di Chagall reggono magnificamente perché sono fuori dal tempo e dalla storia, eseguite da un autore senza regole prestabilite, senza che abbia aderito a manifesti programmatici o a parole d´ordine. In questo senso l´evento espositivo torinese ha raggiunto lo scopo. Ne fanno fede anche i lavori d´epoca tarda, dal pigmento ancora vibrante, dal messaggio lirico, devoto di fronte a Gerusalemme, a un mazzo di fiori, a un acrobata, a un violinista, composizioni serene ed azzurre, come il loro autore che era un giusto.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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