venerdì 23 aprile 2004

25 APRILE
Franzo Grande Stevens sulla Resistenza

Corriere della Sera, Torino 23.4.04
"Così ho imparato a credere nella nostra Resistenza"
"Giorgio Agosti, Dante Livio Bianco, Sandro Galante Garrone e Paolo Greco: ecco i miei maggiori"
Franzo Grande Stevens spiega il perché di una memoria che riguarda l´essenza democratica dello Stato
La speranza: Io non sono pessimista, quella del 25 aprile '45 è un'eredità ancora giovane: questa è una fase di regresso, ma vincerà la libertà
La certezza: So anche che avere certe idee è un privilegio di minoranza: e non tutti hanno il coraggio di sacrificarsi per difenderle
di MASSIMO NOVELLI


«Dopo tanti anni, guardando le cose con un certo distacco, penso che la Resistenza non vada considerata come un fatto a sé, ma come una delle manifestazioni di un certo modo di vivere e di pensare che è spesso di minoranze, ma che poi, nei momenti topici, diventa espressione di massa, diviene un popolo. E non si può isolare la lotta contro il nazifascismo dall´illuminismo, dalla Rivoluzione francese, dal Risorgimento, dalla prima guerra mondiale: è un filo unico, che attraversa i secoli».
Cresciuto alla scuola di maestri quali Giorgio Agosti, Dante Livio Bianco, Sandro Galante Garrone, Paolo Greco, Franco Venturi, limpide figure dell´antifascismo azionista e liberale, l´avvocato Franzo Grande Stevens, nipote del leggendario colonnello Stevens, la voce di Radio Londra, e presidente del Museo del Risorgimento di Torino, inquadra il moto resistenziale in quella concezione della storia che, secondo Benedetto Croce, è affermazione progressiva della libertà.
«Nell´illuminismo, nella Rivoluzione francese, nel Risorgimento, nella Resistenza contro il nazifascismo, vi è una modo laico di vivere e di pensare, innato di democrazia, disposto a reagire a quella che si ritiene una sopraffazione. Nasce sempre come minoranza, da persone che prima degli altri capiscono come andranno le cose e pertanto decidono di resistere come accadde con il fascismo. Non tutti, del resto, possono avere quella lucidità e quella forza d´animo per insegnare e sapere sacrificarsi, mettendo a repentaglio se stessi e la propria famiglia. E poi ci sono sempre quelli che, come diceva Sandro Galante Garrone, prima banchettano alla tavola dei Proci e subito dopo a quella di Ulisse».
Le radici della guerra partigiana affondano nel passato, tanto che un tempo veniva definita come il Secondo Risorgimento.
«Anche Cavour era stato un resistente. Le racconto un aneddoto. Quando era giovane ufficiale, su al forte di Bard, un giorno decise di scrivere al ministero per chiedere una fornitura di legno più consistente di legna, dato che quella che a loro disposizione era insufficiente per fronteggiare il freddo. Il ministero rispose però che quella legna era bastante. Allora Cavour mise fuori un cartello in cui aveva scritto: "Fa caldo per ordine del ministero". Lo mandarono in fortezza per punizione. Uno così all´epoca veniva considerato un sovversivo. D´altra parte, il futuro statista dell´Unità d´Italia non aveva timore di dichiararsi contrario alla pena di morte pur vivendo in uno Stato in cui era vigente, come ho potuto constatare leggendo una sua lettera che ho acquisito per il Museo del Risorgimento».
Ora, però, la Resistenza è oggetto di pesanti attacchi.
«Io non sono pessimista. La Resistenza, oltretutto, è ancora troppo giovane. Forse adesso è un po´ in declino, ma col passare del tempo si capirà quanti passi avanti sono stati computi. Pensi soltanto al diritti dei lavoratori: oggi per qualsiasi esponente politico, da qualunque parte stia, è più difficile non riconoscerli. E così il diritto di sciopero, che prima era considerato un atto di sovversione. Vi è insomma un alternarsi di cicli nella storia, ora di progresso ora di regresso, però alla fine l´affermazione dei principi di libertà va avanti».
Viviamo in tempi, comunque, in cui si mette in discussione anche la Costituzione, nata dalla lotta di Liberazione.
«La Costituzione, che è fondata sugli interessi generali e non su quelli personali, oggi non è ancora stata largamente assimilata. Una Costituzione scritta da gente che sapeva che cos´era la violazione dei diritti, in cui vi sono due principi fondamentali: il diritto al lavoro e il diritto alla scuola. Non si può neppure immaginare una Tangentopoli a carico dei padri costituenti, di persone come Ferruccio Parri, Pietro Nenni, Alcide De Gasperi».
Che ricordi ha lei della Resistenza?
«Uno su tutti, che riguarda le Quattro Giornate di Napoli: i ragazzi del riformatorio che sul ponte chiamato della Sanità, in direzione della strada per Roma, si buttano contro ai cingoli dei carri armati tedeschi con delle bottiglie incendiarie».