giovedì 3 giugno 2004

nel mondo tolemaico:
la Spi e il manifesto ancora al cospetto di Edipo

tre pezzi a pagina 14 del manifesto di oggi:

il manifesto 3.6.04
Derive del desiderio dopo Edipo

Avrà inizio domani il convegno della società psiconalitica italiana sulla rivisitazione del complesso edipico. Alcune domande per verificare se non ci siano alternative a una affermazione dell'identità individuale e collettiva che passi attraverso la distruzione dell'altro
Pubblichiamo, inoltre, un breve stralcio della relazione preparata per il convegno sull'Edipo dal filologo classico Guido Paduano in merito alla lunga tradizione che da Sofocle approda alle varianti novecentesche, più o meno influenzate dalla interpretazione che ne diede Freud
di ALFONSO M. IACONO


Pare che siamo ossessionati dal desiderio di uccidere il padre e di possedere la madre. È una notizia che gira da tempo e si accompagna all'idea che questo duplice desiderio debba rimanere inappagato e che dalla sofferenza generata dalla impossibilità di soddisfarlo, nonché dal senso di colpa a esso legato, sarebbero nate le cosiddette civiltà. Quasi come una distorsione, un errore. Quasi come il mondo che era stato raccontato dagli gnostici, un mondo che oggi chiameremmo trash, improvvido risultato di un demiurgo pazzo. Un mondo il cui delitto principale non è il parricidio, ma il desiderio di realizzarlo e la sua impossibilità. «Il parricidio - scrive Freud a proposito dei Fratelli Karamazov - è, secondo una nota concezione, il delitto principale e primordiale sia dell'umanità che dell'individuo. In ogni caso è la fonte principale del senso di colpa, ma non sappiamo se sia l'unica fonte: le ricerche non sono ancora riuscite a definire con sicurezza l'origine psichica della colpa e del bisogno di espiazione.» Il testo è del 1927. Qui Freud ci segnala l'ambivalenza, la duplicità del sentimento del figlio, aspirante parricida, nei confronti del padre: lo odia e lo ammira allo stesso tempo. Lo odia e lo ama. Nella storia della nostra cultura, la conquista dell'identità e dell'autonomia individuale è stata spesso, e in modo preponderante, raccontata come il risultato di un conflitto tra il figlio e il padre. Insomma, una sporca storia tra maschi adulti assatanati e impauriti nello stesso tempo, che Freud aveva colto in capolavori come l'Amleto e I fratelli Karamazov e che ritroviamo, per esempio, all'origine delle avventure di Robinson Crusoe: conseguenze non dell'uccisione del padre, ma della fuga dalla sua influenza e dal suo giudizio. Anche la fuga infatti è un modo di uscire da un conflitto. Robinson non deve lottare per la conquista della madre, non ne ha il desiderio, dunque va per mari e per terre. Il suo Io si espande e a un tempo si delimita nelle palizzate che erige a difesa di sé, dei suoi oggetti e del suo territorio.

il manifesto 3.6.04
Le giornate del convegno


Da domani, tre giornate multidisciplinari sull'Edipo, organizzate dal Centro Psicoanalitico di Roma a Palazzo Altemps. La domanda dalla quale muove la verifica di un mito resistente ai millenni è se sia ancora possibile identificare nella struttura edipica il fondamento dell'organizzazione psichica e della rete delle relazioni familiari e sociali. Per poi passare a indagare, sul versante più propriamente analitico, le trasformazioni che il complesso di Edipo ha subito dalla formulazione freudiana a oggi. Una rassegna delle interpretazioni che da Sofocle agli autori novecenteschi è stata data del mito, in ambito letterario e artistico, completerà il panorama, inaugurato domani sera dalla introduzione di Andrea Baldassarro, curatore del convegno. Tre le lezioni magistrali: quella di Guido Paduano, di cui diamo una sintesi qui sotto; quella di André Green, sabato, e nel pomeriggio di Jacques Galinier. Mentre la domenica sarà aperta dall'intervento di Mario Martone, autore di una bella messa in scena dell'Edipo a Colono. Concluderà Domenico Chianese, presidente della Spi.

il manifesto 3.6.04
LA TRADIZIONE TRA LETTERATURA E TEATRO
Dal testo di Sofocle ai nostri giorni
di GUIDO PADUANO


Freud attribuiva la sterminata e ininterrotta fortuna dell'Edipo Re di Sofocle al suo rappresentare un'invariante psichica, o meglio l'invariante per eccellenza: il triangolo originario che mette in relazione l'uomo con i due genitori secondo le basilari categorie affettive del desiderio e della rivalità. Una intuizione preziosa che deve essere, però, integrata con un'osservazione complementare, mirata a definire il fascino dell'Edipo come la risultante di una interazione fra la dimensione psico-familiare dell'individuo e la sua collocazione nell'insieme sociale: e poiché l'organizzazione e l'ideologia della vita associata sono funzioni storiche e storicamente variabili, altrettanto lo è il riproporsi della tematica tragica a illuminare civiltà diverse, rappresentando di ognuna un'immagine attendibile. In questione non è più, dunque, soltanto il successo sulla scena del capolavoro sofocleo ma di una ricchissima tradizione letteraria e teatrale che costituisce un corpus articolato in plurimi livelli di dipendenza intertestuale, giacché dopo quella di Sofocle almeno altre due versioni, quella di Seneca e l'altra di Voltaire, diventano a loro volta classici, cioè portatori di una tradizione specifica, imprecindibile per gli sviluppi futuri. Irripetibile si presenta, dal punto di vista storico, la situazione narrata da Sofocle, che predica l'innocenza di Edipo non solo in negativo - non solo cioè come assenza della libido parricida e incestuosa - ma come correlato delle più alte virtù sociali, tanto lontane da una trasgressione filiale che portano, al contrario, il marchio della paternità simbolica e politica: tali sono la volontà e la capacità di gestire il bene pubblico attraverso l'esercizio della ragione. Quando Seneca riprende il dramma di Sofocle, la valutazione opposta che egli dà del potere - in cui vede la summa dei mali, e che lo stesso Edipo avverte come un'imposizione funesta del destino - fa sì che la sua presenza sia fin dall'inizio marcata da una negatività cui si unisce l'ossessione dell'oracolo, suggerendo una colpevolezza oscura e immotivata.