giovedì 3 giugno 2004

neuropsichiatria americana:
i segreti nel cervello degli adolescenti

un'intera pagina del Corriere della Sera di oggi 3.6.04, con tre articoli connessi uno dei quali registra il commento di Silvia Vegetti Finzi, riferisce dei temi proposti nell'ultimo numero di «Time»
Il settimanale americano ha dedicato la copertina dell'ultimo numero ai «ßegreti del cervello nel teenager». Una nuova ricerca dimostra che la nostra mente non raggiunge la maturità prima che sia conclusa l'adolescenza. Questi cambiamenti strutturali che avvengono nel cervello spiegherebbero perché i teenager sono così vitali, ma anche così esasperanti.


Adolescenza difficile: i segreti nel cervello
Studio su 1.800 ragazzi. Lo sviluppo cerebrale spinge a rischi e trasgressioni.
E la maturità c’è solo a 25 anni
La ricerca americana dimostra il perché degli atteggiamenti «impusivi» di molti teenager:
le emozioni prevalgono sul ragionamento
di Adriana Bazzi


Il cervello degli adolescenti? Immaturo. Soltanto a 25 anni si comincia a ragionare e a comportarsi veramente da adulti. Contrariamente a quanto tutti pensavano, e cioè che il sistema nervoso completasse la sua crescita attorno ai dodici anni e che l’adolescenza fosse soltanto un fenomeno artificiale inventato negli anni della rivoluzione post-industriale, nuove ricerche dimostrano che lo sviluppo del cervello non si arresta. E spiegano perché gli adolescenti amano il rischio, si sentono a volte perseguitati e sono attratti da droghe e alcol.
MATERIA GRIGIA - Il cervello umano cresce in due momenti ben precisi: nella vita intrauterina e durante l’infanzia. All’età di sei anni le sue dimensioni sono già il 90-95% di quelle dell’adulto, ma fino ai 12 anni i neuroni continuano a stabilire connessioni fra loro. Ora si sa che questo processo continua: ecco che cosa giustifica i fermenti e i turbamenti adolescenziali. Un gigantesco studio, condotto ai National Institutes of Health americani di Bethesda e coordinato da Jay Giedd, cui il settimanale Time dedica la copertina, ha sfruttato le tecniche di risonanza magnetica per analizzare il cervello di 1.800 ragazzi, dimostrando che cosa succede nella loro testa.
L’AMBIENTE - Durante l’adolescenza si formano nuove connessioni fra i neuroni e si rafforzano quelle che vengono usate maggiormente (per esempio quelle del linguaggio): questa selezione è guidata sia dai geni sia dall’ambiente. Così diventa importante sapere come gli adolescenti impiegano il loro tempo. I ricercatori, per esempio, hanno dimostrato che suonare il piano aumenta la densità dei neuroni che controllano il movimento delle dita. Il cervelletto, che controlla alcune funzioni come la vista, l’udito o il tatto è molto sensibile all’ambiente ed è anche la parte che per prima completa la sua maturazione. Poi tocca alle aree che coordinano queste funzioni: sono quelle che aiutano a trovare l’interruttore della luce del proprio bagno anche quando è buio pesto. Il processo di maturazione, che procede dal dietro in avanti, coinvolge, infine, la corteccia prefrontale, la sede delle cosiddette funzioni esecutive come la programmazione, la scelta delle priorità, l’organizzazione del pensiero, il controllo degli impulsi, la valutazione delle conseguenze di un’azione. In altre parole, la capacità di decidere si acquisisce alla fine.
COMPORTAMENTI - «Il mio insegnante mi odia» si sente dire da qualche ragazzo. Non è vero, ma gli adolescenti fanno fatica a distinguere certi segnali legati alle emozioni (a partire dall’espressione della faccia di un interlocutore) e percepiscono ostilità o rabbia anche quando non esistono. Questo succede perché nel loro cervello prevale l’amigdala, il centro che ha a che fare con l’emotività, piuttosto che la corteccia prefrontale dove risiede la capacità di giudizio. Gli adolescenti sono attratti dalle droghe e dall’alcol: tradizionalmente gli psicologi pensano che questo sia legato al desiderio di novità o al tentativo di ridurre l’inibizione sessuale, ora si chiama in causa l’abbondanza di dopamina, un mediatore cerebrale che rende i giovani più vulnerabili agli effetti stimolanti di alcune sostanze. Altro esempio: la valutazione del rischio, sotto il controllo della corteccia prefrontale. I teenager tendono a sottovalutare i pericoli quando sono in compagnia di amici, mentre chi ha più di vent’anni non modifica il suo comportamento in funzione degli altri. Non a caso la maggior parte dei crimini giovanili vengono commessi in branco.
IN FUTURO - Alla luce di queste nuove ricerche qualcuno, negli Stati Uniti, comincia a domandarsi se è giusto avere la patente a sedici anni, votare e prestare servizio militare a diciotto e comperare alcolici a ventuno, dal momento che si è davvero maturi soltanto a 25.

Dubbi e polemiche sui risultati della ricerca: effetti positivi in sette casi su 10
La Sanità Usa: il Prozac può aiutare i giovani
Lo psicoterapeuta Scaparro: si può usare solo in casi estremi e con grande cautela


MILANO - «Bye bye blues», addio tristezza, pillola della felicità, i soprannomi per la fluoxetina (nome commerciale Prozac ) l’antidepressivo di moda in America, si sprecano. A più di dieci anni dalla sua comparsa sul mercato, le prescrizioni della pillola negli Stati Uniti, alle stelle per gli adulti, riguardano anche diversi milioni di adolescenti. Nonostante le segnalazioni di effetti pericolosi indotti dal farmaco, primo fra tutti il rischio di suicidio, soprattutto nella fascia d’età giovanile. Segnalazioni riesaminate dagli esperti della Food and Drug Administration, l’ente di controllo statunitense, che nel febbraio scorso ha invitato i medici ad un uso estremamente accorto del preparato nei teenager.
Ora uno studio che ha coinvolto 439 ragazzi, dai dodici ai diciassette anni, che soffrivano di depressione, moderata o grave, sembra dimostrare che in tre mesi il Prozac , associato alla psicoterapia, riesca ad avere la meglio sull’umor nero nel 71% dei casi. Risultato che non si ottiene con il farmaco da solo, né con la psicoterapia da sola. L’importanza della ricerca, cui ha dato ampio risalto ieri il New Yor k Times , scaturisce dal fatto che è stata finanziata dal National Institute of Mental Health (con fondi pubblici, pertanto), e non dalla casa produttrice del Prozac, la Lilly.
Il possibile via libera alla pillola della felicità ha suscitato dubbi e polemiche. Anche perché una revisione pubblicata in aprile sulla rivista British Medical Journa l su fluoxetina e farmaci simili nei bambini e adolescenti depressi ha messo in risalto come l’efficacia e la sicurezza di tali preparati sia lungi dall’essere dimostrata. Ma anche che uno degli studi presi in considerazione, pubblicato nel ’97, pur vantando fondi governativi, aveva avuto la sponsorizzazione della Lilly.
«In Italia, a differenza degli Stati Uniti, c’è molta cautela quando il paziente è adolescente - commenta Fulvio Scaparro, psicoterapeuta a Milano -; farmaci come la fluoxetina vengono presi in considerazione in casi estremi, quando sono falliti tutti gli altri tentativi di cura. La strada farmacologica per eliminare la sofferenza che spesso accompagna un’età così complessa difficilmente si rivela adeguata».

IL COMMENTO
Bambini per i genitori ma adulti fuori casa
di SILVIA VEGETTI FINZI


L’adolescenza costituisce la stagione della vita che più di ogni altra rappresenta quest’epoca di tarda modernità. Gli adolescenti occupano il centro della scena sociale esibendo un male di vivere che va dalla noia all’insofferenza, dal disadattamento scolastico al comportamento asociale, dal digiuno all’abboffata, dall’isolamento all’immersione nel gruppo, dal desiderare tutto al non volere nulla. Un pendolo in cui, per fortuna, la maggior parte si situa a metà strada, alternando momenti positivi e negativi, felicità e infelicità, speranza e disperazione. Quanto basta per sconcertare gli adulti, metterli in crisi e per farsi, al tempo stesso, amare e detestare, compiangere e invidiare. Tutto con loro sembra possibile fuorché conoscerli, capirli, orientarli, educarli. Spesso genitori e insegnanti, dopo aver speso ogni risorsa per forzare la serratura della loro mente, concludono: i ragazzi noi non li conosciamo. Per fortuna ogni tanto ci giungono dalle roccaforti scientifiche delle neuroscienze risultati che sembrano portare nuova luce sui processi emotivi e cognitivi dell’età evolutiva. Un’età che tende a dilatarsi sino a rendere la maturità un orizzonte mobile e incerto. In particolare, secondo una ricerca statunitense, la corteccia prefrontale, cui spetta la funzione di riflettere, stabilire priorità e prendere decisioni, sarebbe l’area del cervello che, soprattutto nei maschi, matura più tardi, in media verso i 25 anni. Pertanto, mentre gli adulti agiscono prevalentemente in base a processi cognitivi che si svolgono in zona prefrontale, gli adolescenti si basano ancora sull’amigdala, la parte emozionale del cervello, sede di reazioni istintive quali la paura e l’ira. Un’immaturità che, se fosse confermata, spiegherebbe molte cose: certi casi di reazioni abnormi, che turbano l’opinione pubblica per la loro incomprensibile efferatezza, e soprattutto la difficoltà, che blocca più i maschi delle femmine, di uscire di casa e gestire autonomamente la propria vita. Si può obiettare che un tempo non era così e che, dopo i 21 anni, si era considerati adulti a tutti gli effetti. Ma forse, allora, le decisioni erano più familiari che individuali e l’esistenza si svolgeva per la maggior parte entro i calchi della tradizione. Ora invece i progetti si sono fatti personali e ciascuno è chiamato, entro certi limiti, ad essere l’autore della propria storia. Una libertà che ci confronta, per la prima volta, con i tempi delle dinamiche cognitive ed affettive individuali, non più scanditi dalle imposizioni sociali.
Le conseguenze sul piano delle relazioni intergenerazionali sono molteplici. Se da una parte queste conoscenze ci invitano ad attendere, dall’altra ci esortano ad aiutare i giovani a prendere in mano la gestione del proprio futuro perché il pensiero è in grado di accelerare e confermare la maturazione neurofisiologica del cervello. Non dimentichiamo che siamo corpo e mente e che le due componenti procedono in stretto e reciproco contatto. Non nel vuoto, poi, ma immerse in una società ad alto indice di complessità e di conflittualità per cui scegliere e decidere è sempre più difficile.
In proposito si è insistito molto sulla necessità di ascoltare i giovani, ma ora si pone anche la complementare esigenza di parlare con loro. Attraverso il dialogo si trasmettono moduli narrativi per organizzare i vissuti, forme di comprensione del mondo, stili di comportamento e anticipazioni di un futuro possibile e vivibile. Una dimensione, quella del domani, che spesso sconcerta e spaventa i giovani, comprimendoli nelle angustie del presente.