lunedì 19 luglio 2004

De Oliveira, Bush, «Il quinto impero»

Repubblica 19.7.04
Il novantaseiene regista portoghese presenterà a Venezia "Il quinto impero". E riceverà un premio alla carriera "per la sua modernità"
De Oliveira: "Con George Bush siamo tornati alle Crociate"
"Il mio non è pessimismo integrale, ma posso ignorare ciò che vedo?"
Nel mio "Quinto impero" il re del Portogallo vuole unificare il mondo. Vi ricorda niente?
Mastroianni era il più grande attore europeo. Era convinto che lavorando avrebbe esorcizzato la morte
di ROBERTO NEPOTI


GRADO - Novantasei anni (li compirà il 12 dicembre), di cui settantasei dei quali spesi per il cinema. Eppure la motivazione con cui La Mostra di Venezia attribuirà a Manoel de Oliveira il premio alla carriera insiste soprattutto sul concetto di "modernità". Ineccepibile. Venuto a ritirare il premio Città di Grado, per il Festival "Onde mediterranee", de Oliveira ci parla a lungo; ricorda il passato ma, soprattutto, si sofferma sul nostro travagliato presente.
Il sottotitolo del suo ultimo film è Oggi come ieri. Quale continuità percepisce tra avvenimenti datati sedicesimo secolo e lo scenario mondiale odierno?
«Chi ha visto Un film parlato conosce già il soggetto del Quinto impero: è la storia che la protagonista racconta alla sua bambina partendo da Lisbona. All´epoca, il re del Portogallo Sebastiano fece guerra al Marocco. Sognava di riunire tutto il mondo sotto il suo regno cristiano, ma fu sconfitto dall´Islam. Di lì cominciò il declino del Paese. Una leggenda, condivisa dai musulmani, dice che tornerà su un cavallo bianco a pacificare la Terra. Ecco, oggi come ieri c´è un Bush che vuole riunire tutto il mondo sotto un solo dominio. Però la crociata, adesso, viene piuttosto da parte musulmana. La Storia, in ogni caso, si ripete».
Dunque, la Storia non ci ha insegnato nulla?
«Non molto. Permane l´ostinazione della guerra e della distruzione. Dopo il 25 aprile 1974, quando la Rivoluzione dei garofani liberò il mio Paese, feci un film contro la demenza della guerra dal titolo No, o la folle gloria del comando. Allora sembrava che le cose si mettessero al meglio: la caduta delle dittature, il nuovo corso di Gorbaciov in Russia... Invece è andato tutto storto con le guerre in Africa, in Kosovo, nell´Est europeo. E con l´11 settembre siamo tornati ai tempi delle crociate».
Il pessimismo è sempre stato una costante del suo cinema, anche quando il soggetto del film era letterario, o riguardava l´amore e la vita di coppia.
«C´è un proverbio russo che recita: "Il pessimismo è la conclusione dell´ottimista". Ma io la vedo piuttosto come il filosofo Spinoza, quando dice: "Crediamo di essere liberi perché non conosciamo le forze oscure; non siamo padroni di noi stessi". Il mio non è un pessimismo integrale: però non posso ignorare quel che vedo. Penso al petrolio, che è il veleno più desiderato del mondo e per il possesso del quale si massacra la gente. Mentre dovremmo pensare a preservare l´ambiente, che è la nostra sola ricchezza, anziché a distruggerlo».
Lei coniuga pessimismo e ironia offrendo, come in Ritorno a casa e in Principio dell´incertezza, parentesi divertenti in contesti tragici. In che modo riesce a mantenere questo delicato equilibrio?
«Non esiste un criterio: o viene o non viene. Il più delle volte non riesco a dire perché ho risolto quella scena in quel modo: so solo che cerco di comunicare allo spettatore ciò che penso. Prenda la scena finale di Un film parlato, quando il transatlantico esplode per le bombe dei terroristi. Tutti lo hanno trovato un momento terribile, ma c´è una sorta d´ironia tragica».
A Marcello Mastroianni affidò il ruolo del suo alter-ego regista in Viaggio all´inizio del mondo.
«Come attore, era semplicemente il più grande attore europeo. Come uomo mi sbalordì. Sapeva di avere poco tempo da vivere eppure non si lamentava mai; era forte, coraggioso. Diceva che, se lavorava tanto, la morte non avrebbe avuto il tempo di prenderselo. Subito dopo la fine delle riprese, continuò la sua tournée con lo spettacolo teatrale Le ultime lune. Quando ci congedammo disse: se fai un altro film, chiamami. Sapevo che non era possibile e ne fui molto commosso».