mercoledì 21 luglio 2004

hanno detto (imperdibili!):
Vera Slepoj, psichiatra di Forza Italia
sul delitto di Cogne

Il Gazzettino 21.7.04
Mercoledì, 21 Luglio 2004
LA MENTE PUÒ SCINDERSI IN RAZIONALE E VIOLENTA
di VERA SLEPOJ


La morte può scomporre le parole dai gesti e ancora la mente può manipolare la realtà dal sogno, gli eventi reali o immaginati e portarli sulla china e poi sul baratro della follia. Il male usa il bene spesso per catturare affetti ed emozioni, sentimenti che vengono dichiarati, ma che sono spesso la copertura di eventi cruciali che trasformano il pensiero in un vortice infinito dove solo il silenzio diventa una violenza senza confini. La casetta di Cogne oggi ci sembra così, irreale metafora della nostra follia, un bene innocente e intoccabile che dentro contiene tutto ciò gli eventi della follia possono consumare. Non bastano enormi occhi lucidi per piangere non su qualcuno di innocente, ma sulla tragedia delle proprie confusioni mentali.
Come nelle leggende più appassionate e appassionanti la signora Franzoni, come "caso" ha diviso l'Italia, l'ha frantumata nei suoi ideali, l'ha trascinata dentro il dubbio e la colpa, mai una manipolazione è stata più perfetta. È d'obbligo sostare un po' non sulle colpe o sulle pene giuridiche, ma su questa nostra incapacità culturale di dedicare un'attenzione precisa ai nostri pregiudizi e alle nostre assolute incapacità di comprendere la follia. La mente non è un contenitore certo né tantomeno decifrabile dalla sola razionalità, il problema tutto italiano è quello di dover definire l'indefinibile. Dalla Salpetriere a Sigmund Freud fino ai più recenti psichiatri del Novecento italiano le malattie mentali esistono, hanno connotati precisi, percorsi di diagnosi e cura ancora non così effimeri come la nostra strana negazione o rimozione sistematicamente fa.
La mente si può isolare, costruire percorsi paralleli scissi o "di confine" come la patologia di borderlaine, vuol dire che come noi agiamo e come noi pensiamo non sempre c'è armonia.
L'assassinio di Marco Biagi, episodio di gravità civile enormemente maggiore del delitto di Cogne, ebbe metà spettatori. Perché? Lasciando da parte ogni giudizio morale, la spiegazione mediatica - o se volete, la spiegazione tecnica - è la seguente. L'attentato contro Biagi interessava soltanto quella parte di italiani che ne hanno colto le devastanti implicazioni sulla convivenza democratica in uno dei principali paesi del mondo. L'altra parte di italiani - quella, maggioritaria - preferì guardare un film o un varietà perché considerava Marco Biagi uno sconosciuto uomo di Palazzo, del tutto estraneo ai propri sentimenti e allo scorrere della propria vita.
Anna Maria Franzoni fa parte invece a pieno titolo della nostra famiglia. È nostra moglie, è la madre dei nostri figli. È una persona normale accusata di un delitto orribile e ieri condannata a una pena pesantissima (senza rito abbreviato avrebbe rischiato l'ergastolo) per l'assassinio del proprio piccino.
È la sua insistita normalità - dimostrata clinicamente da ogni perizia - che ha sconvolto l'intero Paese. La signora che mise il proprio piccino in lavatrice determinò soltanto una fuggevole pietà perché era matta. Ma se Anna Maria Franzoni è una persona normale ed è colpevole, la stessa cosa può accadere domani in casa nostra, con nostra moglie e i nostri figli. Questo spiega un'attenzione pari alla tragedia delle Torri Gemelle (potevamo essere noi in quell'aereo o in quelle torri, i terroristi potrebbero colpirci domani durante un viaggio qualsiasi) e almeno doppia del caso Biagi, che coinvolge personalmente soltanto una fascia ristrettissima di persone.
A questo si aggiunga che la vicenda di Cogne è stata animata da personaggi che nessuno sceneggiatore televisivo avrebbe potuto disegnare in modo più efficace. Anna Maria non sale sull'elicottero che porta il figlio in ospedale nell'ultimo vano tentativo di salvarlo, si trucca il giorno del funerale di Samuele, annuncia in televisione la sua nuova gravidanza, aspetta il processo dedicandosi al figlio superstite e al nuovo bambino. Il marito è una brava persona che cerca ad ogni costo di salvare la propria famiglia. Il padre di lei è un personaggio duro e determinato. La psichiatra amica di famiglia svolge un ruolo determinante di testimone e poi scompare. Il celebre avvocato di sinistra accetta la difesa e poi rinuncia. Il celebre avvocato di destra lo rimpiazza, diffida procuratori, denuncia carabinieri, sceglie la formula al tempo stesso prudente e azzardosa del rito abbreviato. Il tutto in un paese chiuso e progressivamente ostile alla famiglia, dove va in vacanza un famoso politico di sinistra amico del primo avvocato (di sinistra). E poi il gioco dei minuti, come nel delitto Fenaroli, lo scontro delle perizie sul pigiama, il fratellino di Samuele che gioca fuori della casa nei pochi attimi in cui il piccolo - secondo la sentenza - viene ucciso dalla madre.
Un grandissimo giallo, che appassiona e divide l'opinione pubblica. Tanta attenzione non si era mai avuta perché mai, nella storia giudiziaria italiana, era accaduto niente di simile.
Così come la patologia mentale prevede un procedere alterato, alienato, compromesso, così il nostro agire può gradualmente entrare nello sgretolamento del controllo dei comportamenti. Ciò che consideriamo normale, conforme alla norma, non vuol dire che i pensieri non si scindano in un percorso senza ritorno, appunto alla follia, dove l'uccisione, l'omicidio, la violenza folle, parossistica e imperfetta travolgono e avvolgono nello stesso tempo la coscienza. Non è la violenza di una madre che riduce in poltiglia ciò che più ama, ma che non sa gestire, l'origine e la genesi dell'orrore di Cogne, ma la lucida, costante, estenuante dialettica di una ragione ossessiva che mostra le sue forme più manipolate.
Molte sono le patologie mentali che scindono la mente e sono proprio le scissioni quelle più complesse da individuare perché il soggetto mantiene una parte di sè ricca densa di buon senso, buona dialettica, comportamenti apparentemente razionali e ragionevoli, parallelamente esiste nel presente un'altra parte, un'altra personalità, può essere violenta, distruttiva o autodistruttiva, perversa, piena di ossessioni e in percezione alterata della realtà fino all'assunzione di personalità diversa dalla propria, c'è chi sviluppa un pensiero persecutorio (la Cia, il Kgb, il vicino di casa, lo stato, una personalità famosa, vedi l'assassino di John Lennon o il caso Profeta e così via dicendo) vittimistico, che si identifica dentro le personalità del Papa, di Dio, del presidente di uno Stato, di una pianta, di un "niente". Così è stato a Cogne, un lungo percorso allucinato, pieno di simboli, di parole, di razionale ricerca di un ossessivo pensiero ipotetico e ipotizzabile. Mai una trasposizione della realtà è stata più tragica, perché un orrore è entrato nella logica ed ha cercato la razionalità degli eventi fino a perderne il senso e i confini. Così è stata la televisione, così sono stati i giornali, lungo e tragico delitto della ragione, così l'abilità giuridica, così il potere assoluto e agonizzante di inconsapevoli mass-media.
Franzoni e Cogne sono oramai un marchio, dove il delitto, l'orrore di un bimbo sparisce dalla nostra mente per celebrarsi l'onnipotenza e la protervia dei suoi protagonisti. Dov'è Samuele, dove sono i suoi fratelli, dov'è la pietà, dov'è l'umiltà? La follia è legare dietro all'ingiustizia o presunta tale la verità e la realtà, quella di un bambino spappolato, fracassato, com'è possibile non pensarlo e pensare solo a zoccoli, pigiami, dogmatismi personali, giuridici. Il dolore profondo non sta solo nella verità, tenta il corso, il meccanismo rozzo della retorica usato da tutti per costruire una grande utopia, quella della rimozione, lo scostamento dall'orrore, la follia della ragione fino allo stupore giuridico. Samuele non è stato ancora seppellito, noi lo dobbiamo seppellire e con esso tutte le parole di tutto di tutti.