giovedì 8 luglio 2004

madri assassine

La Gazzetta del Mezzogiorno 8.7.04
Un meccanismo sempre presente
Perché la mamma
diventa una strega
di MARY SELLANI


Ancora una tragedia familiare, proprio qui in Puglia, a Vieste, dove si sospetta che una madre abbia ucciso i suoi due figli soffocandoli o strangolandoli, e poi dandosi essa stessa la morte. Mentre aspettiamo che gli inquirenti stabiliscano come siano andate effettivamente le cose - col ruolo del marito della donna (il quale ha denunciato la strage ai carabinieri secondo una sua versione tutta da verificare) - sta di fatto che queste tragedie all'interno delle famiglie, e in particolare storie di madri assassine, stanno diventando qualcosa di più di semplici episodi, essendo invece il sintomo di un malessere diffuso anche se silenzioso, di cui veniamo a conoscenza solo quando esplode nelle forme estreme di aggressività. Un'aggressività contro natura se riguarda una mano materna che colpisce le sue creature, giacché mai in natura chi genera sopprime l'essere che ha generato.
Queste vicende stanno sottoponendo la figura della madre ad una riflessione inedita in questi ultimi tempi: di fronte ad esse si avverte un turbamento difficile da padroneggiare. La madre è infatti la persona cui viene affidata la nostra prima identità, da cui dipendono i sentimenti di sicurezza e fiducia che sono alla base dello sviluppo psichico individuale. Perciò dubitare della madre vuol dire dubitare di sé, della propria integrità e compattezza, significa ammettere l'eventualità di forze irrazionali che possono sempre trasformarsi in azioni violente.
Tuttavia di madri cattive è piena la letteratura, a cominciare dalla figura di Medea della mitologia greca, fino alla strega della fiaba di Perrault che porge a Biancaneve la mela avvelenata. Forse per essere una madre cattiva basta non trovare mai quella giusta misura, quella giusta distanza tra genitrice e generato che consente un reciproco distacco. Con il rischio di trasformare il tenero abbraccio materno in una morsa soffocante, distruttiva, dalla quale il figlio o la figlia non riescono a svincolarsi. Lo afferma la psicoanalisi: a cominciare da Freud, che a proposito del famoso caso di Dora, intuisce nell'isteria della giovane viennese un «furioso attaccamento al corpo materno».
Ecco perchè non si può fare a meno di riconoscere come da sempre nell'immaginazione collettiva la figura materna è ambivalente: contiene in sé la vita e la morte, la luce e le tenebre, l'amore e l'odio. Un'immaginazione che però resta allo stato latente poichè è sovrastata dalla retorica vincente dello stereotipo di una maternità totalmente ed esclusivamente buona, retorica che tende a negare complessità e conflittualità al vissuto materno. Conflittualità e contraddizioni che possono essere originate in una donna da impreparazione psicologica a diventare madre, da un rapporto sbagliato con la propria madre, o da una relazione conflittuale o insoddisfacente con il marito. In queste condizioni è possibile appunto per una madre detestare inconsciamente la propria prole a causa di una separazione mente-corpo, per cui la mente non è in sintonia con il corpo e quindi con la generazione (che dal corpo proviene). Succede così che la donna scarica il suo disagio nell'aggressività verso i figli.
Va infine tenuto presente che un fattore di rischio che può favorire il disagio non è soltanto di natura psicologica ma anche di degrado economico e ambientale, come si verifica in quei contesti sociali (anche all'interno di famiglie borghesi) dove non si tratta tanto del gusto della violenza (con cui si crede di risolvere tutti i mali) quanto piuttosto di incoscienza, lassimo, indifferenza. Deficienze queste che vanno attribuite anche alle istituzioni locali che dovrebbero essere preposte all'aiuto alle famiglie disagiate, all'ascolto e all'assistenza verso mogli e madri in difficoltà.