domenica 11 luglio 2004

Manoel De Oliveira a Lecce

Repubblica, edizione di Bari 11.7.04
Il portoghese, 96 anni, in Salento per il festival Negroamaro
Il regista De Oliveira a Lecce "Questa terra è da raccontare"
Il segreto della longevità forse è legato a mia moglie con la quale sono sposato da oltre sessant´anni
È una città antica che dalle sue architetture lascia facilmente trasparire la qualità della vita che offre
di ANTONELLA GAETA


LECCE - Del tempo che porta non si coglie il principio. Manoel De Oliveira è un secolo di filosofia, immagini, pensiero. Aristotele, Bunuel, Deleuze. Parla e i saperi si intrecciano. Il più delle volte sono diventati cinema perché delle arti è la «sintesi perfetta». Il regista portoghese, 96 anni il prossimo dicembre è arrivato a Lecce nella notte, «con una gran fame». Gli è sembrata subito «una città antica che lascia facilmente trasparire dalle sue architetture la qualità del vita che è in grado di offrire. Poco inquinamento, il mare vicino e un ottimo cibo». Al suo fianco c´era Marisa Paredes, tra le muse impertinenti e drammatiche di Almodovar e Marco Abbondanza, direttore del festival "Sete sois sete luas" che si gemella con il Negroamaro della Provincia e approda, per la prima volta a Lecce con le sue produzioni.
Nelle stesse ore a Tricase sono arrivate ieri anche Laura Morante e Maria De Medeiros per l´omaggio poetico al Nobel Saramago. Con la mostra di Fausto Giaccone dedicata alla rivoluzione dei Garofani, la consegna del Premio Lo straniero curato dal critico Goffredo Fofi e da Edoardo Winspeare e la rappresentazione della pièce diretta da De Oliveira, "Mario, ovvero me stesso, l´Altro", il piccolo centro è diventato un "aleph" multilingue di matrice ecumenicamente lusitana. Prima, nell´incontro a Lecce, dialogato in lingua portoghese da De Oliveira e spagnola da Paredes, la sensazione di incontro non babelico è stata la medesima. La grande attrice ha riconosciuto che «stupenda è la possibilità di andare per il mondo» e di «essere più felice qui, in mezzo a persone che apprezzano il suo lavoro, piuttosto che a Hollywood».
A una comune origine di portoghesi, spagnoli e italiani si è appellato De Oliveira, «in attesa di una più compiuta unione europea». Quando di lui, il critico Fofi nel presentarlo ha raffermato di trovarsi al cospetto di un grande maestro capace tra pochi al mondo di rinnovare il linguaggio cinematografico ha contestato che «non è poi così grande dal momento che la sua altezza supera di poco il metro e settanta». Grande lo è stato (ed è) veramente. Quando ha deciso di rallentare i tempi del cinema, di rendere profondo ogni gesto dei suoi attori e di estenuare il senso del movimento. Non sono facili i suoi film, né ha voluto che lo fossero. L´ultimo, "Un film parlato" è proprio un abbraccio a tutti noi mediterranei. Il ritmo incredibile delle sue produzioni è di una pellicola all´anno. Ne ha già pronta un´altra, "Il quinto impero", che va all´origine della sconfitta portoghese all´epoca di Carlo V, quando l´utopia di unione del principe Sebastiano perì nel sangue. «Anche agli Europei di calcio abbiamo perso, del resto» scherza. E a chi gli chiede come si fa a vivere tanto a lungo risponde: «Se sapessi ciò che fa la vita lunga potrei dare la ricetta a tutto il mondo. Forse il segreto è legato a mia moglie con la quale sono sposato da oltre 60 anni». Domani si rimette in viaggio, destinazione isole di Medeiros. Il dodici luglio, come ogni anno.