martedì 21 settembre 2004

citato al Lunedì
in Italia:
cattolicesimo "fai da te"

Repubblica 19.9.04
LA GALASSIA DEI CATTOLICI ITALIANI
il nuovo libro di Marco Politi intitolato "Il ritorno di dio"
I battezzati sono il 98% ma la religione è una sorta di "fai-da-te", dove pochi si confessano e credono nell´aldilà
Il modo confuso di vivere la fede può anche leggersi come una manifestazione di una crisi più generale delle ideologie
MIRIAM MAFAI

Nel 2003 il numero dei matrimoni civili, in molte città italiane, tra cui Milano , Bologna e Bolzano , ha superato per la prima volta quello dei matrimoni religiosi. Il dato va registrato come segno del fatto che avanza, anche in Italia un processo di secolarizzazione. Strano paese tuttavia il nostro, dove i cattolici, o, per essere più precisi i battezzati, sfiorano il 98% degli abitanti, ma sono una minoranza, secondo le ultime rilevazioni, coloro che vanno a messa regolarmente, che si confessano e che credono nell´aldilà. Ma che cattolico è un uomo o una donna che non va a messa la domenica, che non si confessa, che non crede all´indissolubilità del matrimonio , che fa ricorso agli anticoncezionali o all´aborto, e che non di rado si rivolge con maggior fiducia alla cartomante che al suo parroco? Insomma, gli italiani sono ancora cattolici? Per rispondere a questo interrogativo, Marco Politi, il nostro vaticanista, ha intrapreso un lungo viaggio attraverso l´Italia, ha parlato con parroci e vescovi, con teologi e fondatrici di nuovi ordini, con filosofi , suore, leader politici ed esponenti del movimento pacifista ( Marco Politi - Il ritorno di Dio, Viaggio tra i cattolici d´Italia, Mondadori, pagg. 455, euro 20). E allora, c´è il vescovo di Locri che ha insegnato ai suoi ragazzi a organizzarsi in cooperative per produrre fragole e lamponi, c´è la teologa Adriana Zarri che dopo sessant´anni di ricerche si dedica ora con passione alla teologia trinitaria, c´è padre Livio Fanzaga, che dopo aver visto la Madonna di Medjugorie ha organizzato, ed oggi dirige, Radio Maria, c´è don Vinicio che ha fondato la Comunità di Capodarco per disabili e autistici, c´è don Leonardo Zega comandante della nave ammiraglia intitolata a Famiglia Cristiana (800.000 copie settimanali) , c´è padre Giuseppe Gliozzo che il 21 dicembre organizza nei locali dell´Azione Cattolica di Catania un incontro per lo scambio di auguri tra i gay cattolici e i loro amici, c´è padre Alex Zanotelli il missionario comboniano tra i più instancabili organizzatori delle manifestazioni contro la guerra in Iraq. E molti altri.
Alla fine, chiuso il libro, il lettore , come stordito da tante analisi che si intrecciano a emozionanti storie di vita, si chiede (o almeno io mi sono chiesta) se questo «viaggio» non possa definirsi non solo e non tanto una inchiesta sul mondo cattolico, quanto piuttosto una inchiesta sull´Italia, sui suoi cambiamenti, sui suoi umori, sulle sue speranze e delusioni. Ne emerge infatti un modo confuso, approssimativo e contraddittorio di essere cattolici, che può leggersi anche come la manifestazione di una crisi più generale delle ideologie, della politica, della cultura, della famiglia.
Tutte le forme tradizionali che in passato organizzavano la nostra vita sociale, la cultura e le istituzioni stanno infatti venendo meno, siamo entrati in quella che Zymunt Bauman ha definito una società «liquida», in continuo divenire, dove ogni individuo è solo, ma ha in compenso di fronte a sé una pluralità di scelte e di identità, che può comporre come vuole, o come sa. Lo stesso fenomeno investe anche la religiosità. E dunque anche chi è e si definisce cattolico ha di fronte a sé una pluralità di opzioni; la possibilità di organizzare una sorta di «religione-fai-da-te», come qualcuno l´ha definita o di «bricolage» spirituale, mettendo insieme il culto di Padre Pio e la partecipazione alla Marcia della Pace, una vita sessuale più libera e l´intensa commozione di fronte a un discorso del Pontefice, la generosa pratica del volontariato, e il rifiuto della confessione.
La società «liquida» per adottare ancora la definizione di Bauman, da una parte sollecita i processi di secolarizzazione, dall´altra trasforma la religiosità e le sue strutture e forme tradizionali in qualcosa d´altro. Lo dicono Franco Garelli, docente di sociologia della religione a Torino e Mario Pollo che insegna all´Università Salesiana di Roma, ma anche don Baldassarre, rettore del santuario di Pompei, che «esce dal confessionale intriso di peccati come una spugna» quando ammette che tra i fedeli, anche coloro che si avvicinano al confessionale «il senso morale si è affievolito, l´attenzione per i dieci comandamenti è calata, l´imperativo di antiche regole si è appannato e c´è la tendenza insistente a voler modellare l´etica sessuale sui propri bisogni e le proprie idee». La Chiesa lo sa e reagisce moltiplicando i grandi appuntamenti che sollecitano le emozioni collettive, riorganizzando e modernizzando l´attività delle parrocchie, dando spazio a nuovi movimenti e associazioni, sostenendo le iniziative e gruppi di volontariato ai quali partecipano decine di migliaia di giovani, dando spazio a nuovi movimenti. Tutto sbagliato, secondo Baget-Bozzo : «La Chiesa parla di sociale ma ha sbagliato i tempi. Ha creduto di poter realizzare, il messaggio marxista quando già questo stava finendo. Ha creduto di poter prendere il surrogato del comunismo dopo che il comunismo era morto. Ha sbagliato storia». Giuseppe De Rita argomenta diversamente ma con ancora maggiore durezza la sua critica alla Chiesa, che non ha capito a pieno «la lunga deriva che dall´Illuminismo in poi ha portato in primo piano l´individuo. Il mondo è cambiato perché mette il singolo nella condizione di avere, di desiderare, di perseguire un destino personale». Ma la Chiesa dà o tenta di dare una risposta a questa crisi allargando la sua azione nel sociale. No, non si può rispondere a questa crisi «trasformando la parrocchia in un pronto soccorso, prendendo in considerazione solo i problemi dell´immigrato, dell´anziano solo, del drogato. L´istituzione ecclesiastica deve dare una risposta al grande fenomeno che è l´arrivo della soggettività».
Ma Papa Wojtyla non ha cercato proprio di fare da antenna rispetto ai singoli ed alla loro individualità? La risposta è netta : «No, il Papa alla fine ha dei seguaci, ma non dei credenti. Wojtyla parla e parla anche molto bene, però non hai mai la sensazione che parli a te. Hai sempre la sensazione che, anche quando la frase è bella, sia la frase di un attore... Spero di essere perdonato... un cattolico non dovrebbe mai parlar male del papa».