martedì 12 ottobre 2004

Adonis e Hölderlin

La Stampa 12.10.04
Religiosità, politica e creatività secondo il grande poeta siriano detestato dai fondamentalisti. Domani sarà ospite di «RomaPoesia»
Adonis e la chiave del futuro: «Sarà meticcio o non sarà»
di Mario Baudino

ROMA. SI chiama Ali Ahmad Sai id Esber, ma ben pochi lo conoscono sotto questo nome, tanto che a volte si fa fatica a rintracciarlo negli alberghi. Per tutti è Adonis, e cioè non solo il maggior poeta di lingua araba, ma uno dei grandi della letteratura mondiale. E' nato 74 anni fa in un villaggio siriano, è cresciuto a Damasco, ha lavorato in Libano e da tempo vive a Parigi. Dopo anni d'esilio ora può tornare non solo nel suo Paese ma in tutto il mondo arabo, rispettato come una grande bandiera culturale, anche se è ovviamente inviso ai fondamentalisti. In Italia è pubblicato da Guanda (Memoria del vento, La preghiera e la spada), mentre in questi giorni una sua raccolta di poesie dal lungo titolo (Libro delle metamorfosi e della migrazione nelle regioni del giorno e della notte) esce per Mondadori. Appena arrivato da Francoforte, sarà oggi a Santa Marinella per il festival Mediterranea e domani all’Auditorium di Roma per Romapoesia.
Alla Buchmesse, dove ha tenuto un reading, era uno degli invitati di maggior rilievo nell'edizione in cui il mondo arabo rappresentava l'ospite d'onore. Si è sottratto a ogni polemica, ha accettato l'invito della Lega araba anche se, mi dice, «è un'istituzione piena di errori. E non potrebbe essere diversamente, visto che è lo specchio dei regimi arabi, nei confronti dei quali il mio giudizio è negativo. Ma questa trasferta era importante per la nostra cultura, e qualcuno doveva pur organizzarla. Considerata la situazione, non è stato un cattivo lavoro». Adonis sa dare scandalo politicamente, ma soprattutto lo fa già con lo stesso nome che si è scelto, e che rinvia all'Adone pagano, ai miti del Mediterraneo. «Quando ho scelto di firmarmi così - racconta - non sapevo che sarei poi andato tanto avanti». E tanto avanti significa che il poeta ha ripercorso a ritroso la strada di un lungo passato.
Un solo Dio è troppo, o troppo poco. «Bisogna criticare radicalmente il monoteismo, che ha creato tutte le dittature, di destra e di sinistra. Bisogna riuscire a rimetterlo in questione». Adonis lo fa con i suoi versi luminosi, come questi degli anni Sessanta:
«Il sole dell'amante declina piegato dal sonno
bisogna che l'occulto prenda congedo dal raccolto
che il mio volto si fonda con l'anima del mondo»
e con i suoi saggi, quelli ancora senza titolo che usciranno tra poco per Guanda, quelli di L'Oceano nero che sta per pubblicare in arabo. Non teme lo scandalo? «No, anche perché ho il massimo rispetto della religiosità. Non sono contro la fede degli uomini. La mia critica non è sul piano, appunto, della fede, ma su quello filosofico. Come si può comprendere, in questo secolo, un atteggiamento monoteista?».
Proprio oggi, gli chiedo, una domanda del genere ha senso dentro ciò che si definisce cultura araba? «La cultura araba è espressa dalla lingua, ma all'interno di essa ci sono specificità e differenze importanti. Il nostro avvenire, dico di tutti, è in una sorta di meticciato. L'avvenire sarà meticcio o non sarà. Io non credo all'Est e all'Ovest, credo agli uomini. La cultura, in ogni caso, ha già lasciato indietro la geografia». E la poesia? «A maggior ragione. Anzi direi che oggi poesia non è più tanto lo scrivere nell'accezione tradizionale della parola. E' un modo di poetizzare il mondo. Ci sono romanzi poetici, ci sono filosofi-poeti. La nozione di poesia ha superato le sue dimensioni tradizionali».
E' arrivata l'ora di «vivere poeticamente», secondo il celebre verso di Hölderlin? «Sarebbe straordinario, ma non è facile». Lei ha avuto qualche volta una sensazione del genere? «Sì, nell'amore e nell'amicizia. E in viaggio, quando sono da solo. Il viaggio rappresenta un modo di vivere lo spazio e i luoghi come se si scrivesse una poesia. E' poesia vissuta, come l'amore e l'amicizia, un'appropriazione dello sconosciuto, una scoperta. Oggi persino la nuova astronomia è secondo me una scienza quasi poetica». Sembra suggerire che è più importante una sorta di creatività che non la scrittura. «Una scrittura senza creatività, è vero, non ha importanza. Ma non può essere solo uno strumento. Sono necessarie entrambe». Che cos'è, allora, una poesia? «Un fiume che si scava il proprio letto».