La Stampa 12.10.04
«Sotto Dio»
meglio giurare in silenzio
LETTERE DAL CAMPUS
Maurizio Viroli
«GIURO di essere fedele alla bandiera degli Stati Uniti d'America, e alla Repubblica che essa rappresenta, una nazione sotto Dio indivisibile, con libertà e giustizia per tutti» («I pledge allegiance to the flag of the United States of America, and to the Republic for which it stands, one nation under God, indivisible, with liberty and justice for all»). Mano sul petto, viso rivolto alla bandiera, in piedi, gli studenti delle scuole americane iniziano così la loro giornata.
Recitare il «pledge of allegiance» non è obbligatorio, ma è l'insegnante a prendere l'iniziativa e a guidare la classe. Non recitarlo comporta per lo studente dover affrontare una pressione psicologica assai forte da parte degli insegnanti, degli altri studenti, e dei genitori.
Il problema sta infatti in quell'«under God». Il padre di una studentessa californiana di terza elementare, Michael Newdow, ha presentato un ricorso contro la formulazione del «pledge of allegiance» perché a suo giudizio l'inciso «under God» viola la separazione fra Stato e Chiesa. Con una maggioranza schiacciante la Corte Suprema ha respinto l'appello e il presidente Bush ha dichiarato a chiare lettere nel secondo dibattito che non nominerà mai alla Corte Suprema un giudice disposto a togliere le parole «under God» dal giuramento di fedeltà.
«Under God» non appare nella formulazione originaria del giuramento, quella del 1892, scritta da un socialista cristiano, Richard Bellamy, autore di romanzi a carattere utopistico, Looking Backward (1888) e Equality (1897). Fu aggiunta nel 1954, in tempo di guerra fredda, sotto la pressione di un gruppi religiosi. Quello che era una pura professione di patriottismo politico divenne così un giuramento patriottico e religioso.
Non è certo il solo esempio di commistione fra religione e politica negli Stati Uniti: «In God we trust» scritto nelle banconote, la mano sulla Bibbia nel giuramento del Presidente, il rituale «God bless America» alla fine di ogni discorso importante e nelle perorazioni che concludono i dibattiti televisivi nella campagna elettorale.
La Repubblica degli Stati Uniti d'America è stata fondata da uomini profondamente religiosi che amavano la libertà e la repubblica e vennero nel Nuovo Mondo per pregare Dio in libertà. Diversamente da quello che è avvenuto in Europa, il clero americano, quale che fosse la sua fede, si è sempre tenuto orgogliosamente lontano dal potere politico, e ha limitato la sua opera all'educazione religiosa e morale. Tutto questo ha reso la religione molto forte nell'animo degli americani e per la grande maggioranza di loro non è un problema il fatto che i ragazzini delle scuole recitino ogni mattina un giuramento solenne che comprende la parola «Dio». Anzi, quando una corte di grado inferiore dichiarò nel 2002 illegale il giuramento di fedeltà, l'opinione pubblica reagì con risentimento e sdegno.
È giusto incoraggiare dei bambini e dei ragazzi a pronunciare un giuramento di fedeltà alla bandiera e alla Repubblica? L'effetto di un rituale di questo tipo è sicuramente di stimolare nei ragazzi sentimenti patriottici. Ma il fatto di recitare un giuramento guidati dall'insegnante può generare un atteggiamento bigotto e conformista, più che veri e propri sentimenti patriottici. Mi ha confessato una studentessa, educata in una famiglia di rigidi principi religiosi e patriottici in un piccolo paese del Midwest, che quando ha dichiarato di non voler recitare il giuramento di fedeltà è nato un caso che ha coinvolto tutta la scuola.
Un atteggiamento intollerante nei confronti di chi, per qualsiasi ragione, non se la sente di pronunciare pubblicamente il giuramento è evidentemente in contrasto con il giuramento stesso che pone l'esigenza della libertà per tutti al primo posto. È difficile, per non dire impossibile, non ferire i sentimenti di chi dissente, fin quando il giuramento di fedeltà avrà la forma attuale.
Un giuramento è un impegno con la propria coscienza e con Dio (per chi ci crede). Potrebbe essere allora più efficace, dal punto di vista educativo, e più rispettoso della libertà individuale, chiedere agli studenti un giuramento silenzioso. In piedi, occhi rivolti alla bandiera (che è giusto sia in classe, meglio se accompagnata dalla Costituzione), ognuno, se vuole, reciti il giuramento in cuor suo. Né la coscienza né Dio hanno bisogno di ascoltare parole, e un impegno preso con la propria coscienza è più forte di qualsiasi recitazione e non costringe nessuno a dire parole in cui non crede.
viroli@princeton.edu
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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