mercoledì 6 ottobre 2004

Francis Crick
i Qualia, gli "atomi" della coscienza...

La Stampa TuttoScienze 6.10.04
GLI STUDI DEL NOBEL FRANCIS CRICK PER SUPERARE IL DUALISMO TRA MENTE E CORPO
A caccia degli atomi della coscienza
SI CHIAMANO «QUALIA» E COSTITUISCONO LE ENTITA’ PRIVATE, LE ESPERIENZE SOGGETTIVE DELLA VITA CONSAPEVOLE.
DAL DNA AI SEGRETI DEL PENSIERO
IL CAMPO DI STUDIO PRESCELTO E’ STATO QUELLO DELLA VISTA NEI PRIMATI, CON UN SISTEMA NEURALE PROFONDAMENTE CONOSCIUTO.
I LAVORI SVOLTI CON IL BIOFISICO TEDESCO KOCH
di Silvio Ferraresi

IL nome di Francis Crick, scomparso lo scorso 28 luglio a 88 anni e già ricordato su «Tuttoscienze», rimarrà scolpito nella storia della scienza del Novecento per la scoperta, avvenuta nel 1953, della struttura a doppia elica del DNA, condivisa con James Watson, Maurice Wilkins e Rosalind Franklin. La scoperta fu il primo fondamentale tassello nella comprensione dei meccanismi dell'eredità e della vita. Di lì a dieci anni sarebbero stati chiariti i meccanismi essenziali che - in virtù del codice genetico - traducono in proteine le informazioni depositate nei geni, e senza ricorrere a leggi chimiche o fisiche esoteriche: quelle della chimica organica e della biochimica erano bastate. Il vitalismo era stato spazzato via forse per sempre.
Diventata la biologia molecolare una scienza matura e solida, nella seconda metà degli Anni Settanta Crick si dedicò "al più grande enigma che la scienza dovesse ancora risolvere", la natura fisica della coscienza. Se l'essenza della vita era stata spiegata a partire da elementi semplici come i nucleotidi, i geni e la sequenza delle proteine, allora per una mente indagatrice e rigorosamente sperimentale come la sua la natura della coscienza si poteva spiegare con le conoscenze molecolari, cellulari e anatomiche dell'organo dove si presume essa abbia sede, il cervello. Crick voleva ora smitizzare il dualismo mente-corpo, la coscienza intesa come entità a sé.
La sua seconda "folle caccia" coincise con il trasloco, avvenuto nel 1976, dall'Inghilterra agli Stati Uniti, al Salk Institute di San Diego, in California su invito dell'amico Leslie Orgel. Dagli antichi e austeri edifici in stile gotico di Cambridge, Crick si era ritrovato a lavorare in uno scenario architettettonico profondamente americano, con i suoi due edifici che definiscono nelle intenzioni del progettista un cortile aperto alle due estremità, che incorniciano oceano e terra, a simboleggiare la fine della vecchia frontiera e l'inizio di quella nuova.
Crick era un fisico di formazione, ma, com'era nella sua indole, non ebbe paura a varcare i confini tra discipline. Fu così che a un'età in cui molti uomini di scienza appendono le scarpe al chiodo egli si risedette sui banchi di scuola, come ricorda il neuroscienziato William Stryker, che a metà degli anni settanta se lo ritrovò a Cold Spring Harbor studente tra gli studenti a prendere appunti dalle sue lezioni.
La convinzione anche solo di affrontare scientificamente l'"arduo problema" della coscienza era in quegli anni perlomeno visionaria ed anticonformista, tant'è che ancora nel decennio successivo gli psicologi cognitivi, che pure per mestiere si occupano della mente, consideravano la coscienza un oggetto di studio non rispettabile, a differenza per esempio della percezione e della memoria.
Negli Anni Novanta la coscienza avrebbe acquisito sempre più dignità accademica, disponendo di proprie riviste, come il Journal of Consciousness Studies oppure Psyche, e vedendo nascere centri universitari dove essa è diventata oggetto di studio.
Crick sapeva sempre qual è la persona giusta con cui affrontare i problemi", diceva di lui il collega di Cambridge Horace Barlow. Se per la scoperta della doppia elica la persona giusta fu James Watson, per i correlati neurali della coscienza essa si incarnò in Christof Koch, giovane biofisico di origine tedesca.
Crick, di concerto con Koch, non intendeva derogare dal metodo così vincente nel caso dei geni, e dunque si mise alla ricerca degli elementi più semplici sia della coscienza sia della elaborazione neurale; delle unità minime da cui costruire dal basso verso l'alto l'intero edificio di una scienza della coscienza, nello spirito di un metodo riduzionista puro; e di un metodo materialista, per cui soltanto aprendo la "scatola nera" e studiando i neuroni e le loro interazioni si poteva acquisire - così egli riteneva - la conoscenza per creare modelli scientifici della coscienza.
La filosofia della mente contempla gli atomi della coscienza: si chiamano «qualia» (al singolare «quale»). Essi indicano le entità squisitamente private, le esperienze soggettive della nostra vita cosciente. La sensazione del rosso che noi proviamo durante la percezione di una mela rossa è per esempio un quale. Se Crick, o chi per lui, avesse stabilito la correlazione tra un quale e la parte minima del cervello che lo genera, si sarebbe identificata una prima base biologica della coscienza.
Di dettagli molecolari, cellulari e anatomici le neuroscienze ne mettevano a disposizione a montagne: dagli squitti di singoli neuroni alla illuminazione di intere aree cerebrali durante lo svolgimento di un compito cognitivo. Dove andare a cercare la coscienza? Innanzitutto Crick e Koch scelsero di delimitarla, escludendo a priori forme più complesse, di non occuparsi dell’emozione oppure della coscienza di sé, ma di limitarsi all'attività neurale che produce ciascun aspetto particolare di coscienza, come la percezione di un colore oppure di una forma specifici. La scelta cadde sul sistema visivo dei primati perché in esso "l'immagine interna del mondo esterno è molto precisa e vivace" ed è il sistema neurale che conosciamo meglio: dalla psicologia della visione giù fino alle molecole che trasformano i fotoni di luce in impulsi nervosi, passando per l'architettura delle oltre trenta aree cerebrali coinvolte nella percezione visiva.
Molti scienziati ritenevano che la coscienza fosse un fenomeno globale del cervello, mentre Crick riteneva che solo pochi neuroni ne fossero responsabili in un determinato istante; che fosse un fenomeno locale. E infatti buona parte dell'attività del cervello non è associata con i «qualia», come dimostrano esperimenti elettrofisiologici in cui una furiosa attività neurale non è accompagnata da sensazione cosciente.
Gli esperimenti indicano che l'attività neurale coincidente con un «quale» deve essere mantenuta quanto meno per diverse centinaia di millisecondi ed è di tipo tutto o nulla, cioè a dire che la percezione cosciente di un attributo percettivo la sperimentiamo oppure non la sperimentiamo. Nel sistema visivo per esempio, i neuroni di un'area visiva sottocorticale, il corpo genicolato laterale, oppure dell'area V1 nella corteccia visiva, l'attività di migliaia di questi neuroni non sembra contribuire al percetto del soggetto, a differenza dei neuroni di un'altra area della corteccia specializzata nella visione, l'area IT, oppure del lobo mediale temporale negli esseri umani, che scaricano solo quando lo stimolo viene visto coscientemente.
Questi dati sono solo un primo piccolo passo nella definizione scientifica della coscienza, ma la cosa importante - ha scritto John Horgan - "è che Crick aveva raggiunto un obiettivo in apparenza impossibile: aver trasformato la coscienza da mistero filosofico a problema empirico".