mercoledì 6 ottobre 2004

alcolismo tra i giovani e gli adolescenti

Il Messaggero Martedì 5 Ottobre 2004
L’indagine dell’Osservatorio sugli alcolici tra gli under 25.
Ma negli altri paesi europei il livello di dipendenza è più alto che in Italia
Alcol e giovani, il 7% spesso beve fino a ubriacarsi
E quasi otto ragazzi su dieci confessano di consumarlo abitualmente. Gli eccessi durante il week end
di CARLA MASSI

ROMA - Prendiamo cento ragazzi tra i 15 e i 24 anni e versiamo del vino nei loro bicchieri. Solo poco meno di una ventina dicono «no grazie» e respingono l’offerta. Gli altri, soprattutto i giovanissimi, apprezzano e mandano giù. Poco importa quale sia l’etichetta della bottiglia. Importante è bere alcol. Per sette su cento è importante abusare di alcol. Una vecchia-nuova trasgressione che torna di moda. Sono proprio questi sette a confessare: ci ubriachiamo tre volte a settimana. Tante per chi si occupa di dipendenza giovanile, poche per chi paragona i nostri giovani a quelli del resto d’Europa. In Danimarca, per esempio, sono ben 36 su cento quelli che tornano a casa stravolti di alcol almeno tre notti ogni sette. Magra consolazione sapere, lo dicono i ricercatori dell’Osservatorio permanente su giovani e alcol che ha presentato il rapporto a Roma alla Fondazione Santa Lucia, che i ragazzi made in Italy «sono più responsabili dei loro coetanei inglesi, danesi o finlandesi».
I ragazzi, i più spericolati. Soprattutto nel week end. L’azzardo “pesante” con l’alcol inizia intorno ai 16-17 anni ma il picco, per quelli che si lasciano sedurre dal distorto fascino dell’ubriachezza, arriva intorno ai venti. Così viene disegnato l’identikit del giovane che, come gioco, eccede nelle dosi: è maschio, ha tra i 20 e i 25 anni, abita nel Nord Est ed è abituato a bere lontano dai pasti. Quindi, non in famiglia. Ma con gli amici, come prova di forza.
Novità: si parte con l’aperitivo. La maratona alcolica comincia con le patatine e le olive. Fra le bevande che hanno più successo tra i giovani, infatti, ci sono le cosiddette “bibite leggere” (alcolpop) e, a sorpresa, gli amari. Vecchi compagni di fine pasto di nonni e bisnonni. Vanno alla grande quelle bevande leggermente alcoliche, regolarmente vendute nei bar ai minorenni come fossero aranciate e gassose fra il 1998 e il 2002 il consumo è aumentato del 32,7%. Le ragazze preferiscono il vino, i ragazzi gli aperitivi e la birretta. «Fortunatamente in Italia esistono fattori culturali protettivi - commenta Enrico Tempesta, presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol -. Da noi i giovani e gli adolescenti ancora disapprovano e tendono ad escludere dal loro gruppo il coetaneo che eccede e si ubriaca»
All’incontro alla Fondazione Santa Lucia, organizzato insieme alle cattedre di Neurologia e Psichiatria dell’università di Roma Tor Vergata, anche Robert Cloninger, della Washington University dove, attraverso incroci di dati “identikit” e studi negli anni sono stati delineati due tipi di alcolismo: il primo caratterizzato dalla perdita di controllo nel bere e, generalmente, da un inizio tardivo, il secondo con avvio molto precoce, in età giovanile. Periodo in cui, alla ricerca compulsiva dell’alcol si associano comportamenti antisociali. «Questo giovane - spiega lo psicobiologo - è spinto dal desiderio di esplorare emozioni sempre nuove. Pensiamo alla velocità in auto, per esempio. Ha familiarità con la depressione e, la sua compulsività all’alcol inizia nei primi anni del liceo». Con segnali, gli psichiatri si rivolgono ai genitori, molto precisi: comportamenti contro il gruppo, “rivolta” in famiglia, passione smodata per la trasgressione.