giovedì 25 novembre 2004

sinistra
problemi di nome

aprileonline.info 25.11.05
IL GRAFFIO
I nuovi nomi della Gad

Ferve il lavoro nella Grande Alleanza Democratica per trovare un nuovo nome un po’ meno lungo e possibilmente comprensibile. Aprile è in grado di anticipare le scelte attualmente sul tavolo del centrosinistra.
Alleanza demografica. Diciamocelo, il primo problema per il centrosinistra è trovare degli elettori. L’aggettivo "demografica" allude a questo senso di frustrazione che assale il Gaddista preoccupato di vincere le prossime politiche.
Santa Alleanza. Rinverdendo i fasti ottocenteschi, il centrosinistra può sperare di strappare alla Casa delle Libertà almeno una parte del mondo cattolico. Il programma prevede l’inserimento delle radici cristiane nella Costituzione. Favorevolissimo Rutelli, il nome trova la ferma contrarietà di Bertinotti, Cossutta e Pecoraro che minacciano di andare alle elezioni da soli sotto l’insegna della Triplice Intesa.
I comunisti. E’ il nome che riesce a mettere d’accordo Diliberto e Berlusconi. Si vociferano perplessità da parte di Bertinotti. Al congresso di Rifondazione cinque delle sei mozioni minacciano di piantare una statua di Lenin nell’ufficio del segretario.
Il Motore. E’ la proposta – dal vago sapore meccanico - di Piero Fassino. In alternativa c’è anche “Il Timone” (sostenuta, per affinità marinara, anche da D’Alema).
La Cosa. Proposta in un documento Occhetto-Marvel, è a metà tra la svolta della Bolognina e i Fantastici 4. Leader della nuova compagine un Romano Prodi coperto di scaglie litoformi per meglio difendersi dal fuoco amico.
Michele. Come Gad è il nome di Lerner, Michele è ovviamente quello dell’altro anchorman del centrosinistra, cioè Santoro. Voluta l’allusione all’intenditore Michele, quello del Glen Grant. Sottotitolo: una coalizione chiara, forte, pulita. Consensi unanimi, con la sola eccezione di Gino Paoli, sostenitore del J&B.
Icarus. E’ la proposta di Massimo D’Alema. Contrario Paolo Cento che ritiene il nome troppo poco popolare.
La Camomilla. Prospettato dallo stesso Prodi, che intravede nel fiore bonomelliano l’immagine di una forza tranquilla. A seguito un’iniziale indecisione, via libera anche dal correntone Ds che, dopo aver ascoltato l’ultima relazione di Fassino lo ha candidato a leader della coalizione: “Mi sono addormentato – ha detto Mussi tra uno sbadiglio e l’altro – quindi Piero è il più adatto a guidare una coalizione con un nome così”. Fermamente avversa la Margherita che teme confusione con il proprio simbolo.
Viva la sinistra. E’ l’idea del correntone. Subito bocciata dal resto dei Ds che temono di essere notati all’interno della coalizione.
Noi speriamo che ce la caviamo. E’ la proposta di Antonio Di Pietro. Ironico Angius: “Non c’azzecca”. Bocciata dopo un consulto linguistico con Tullio De Mauro.
Boh! E’ il nome per ora più gettonato. All’elettore la libertà di chiamare la coalizione con un nome di fantasia. Per Violante si tratta della dimostrazione che il centrosinistra è davvero democratico.

Corriere della Sera 25.11.04
ALLEANZA E DINTORNI
Scegliersi un nome per tutte le stagioni
di GIAN ANTONIO STELLA

Un tempo, quando i pensieri erano forti, era tutto più facile e il cantastorie rosso Arturo Frizzi, racconta Stefano Pivato ne Il nome e la storia, chiamò cinque figli con le varianti di Comunardo (Comunardo Oberdan, Aurora Comunarda, Angelina Comunarda...) e chiuse alla grande con l’ultimo nato: «Aspromonte Fulmine Ribelle». E se eri patriottico potevi scegliere il nome «Cavorrino», se eri fascista «Romano», se eri luddista «Ozio», se eri una testa calda «Dinamite» o «Sebastite» ma insomma, ogni creatura aveva il nome suo. In questi tempi di pensieri debolucci, Francesco Rutelli si è dunque ritrovato privo delle vecchie certezze che sapevano di buono. E non piacendogli affatto la sintesi «Gad» per Grande Alleanza Democratica e di «Fed» per Federazione dell’Ulivo, è sbottato: «Sono proprio indigeribili, sembrano il nome del prossimo cartone Disney». E ha proposto di battezzare la neonata col nome di «Alleanza», tout court. Proprio come, gli ha ricordato subito plaudendo Piero Fassino, aveva proposto Prodi. Perché perdere tempo e voti con questa o quella definizione? Perché dividersi nello sforzo di capire se questa cosa è rossa o rosetta, fucsia o albicocca? «Alleanza», fine.
Un capolavoro. Perse per strada, una dopo l’altra, una serie di parole fattesi via via ingombranti, «Alleanza» è la sublimazione della nuova politica. Il suo trionfo. La sua apoteosi. Un contenitore senza contenuto, dove volta per volta mettere ciò che in questa o quella fase può apparire più giusto o più utile senza dover più litigare sull’anima della coalizione con Bertinotti e Mastella, Diliberto e Pecoraro Scanio. Una grande forza politica che non sta né troppo a destra né troppo a sinistra, né sopra né sotto. Una macchina elettorale senza l’ingombro delle idee. Tesa alla vittoria nella scia non più di Togliatti o don Sturzo ma del mitico Ruggero Bauli che spiegava come si fa il pandoro: «Un po' prima, un po’ dopo, un po’ più, un po’ meno».
Certo, non è solo la sinistra a essere alle prese da anni col problema di definire in due o tre parole una linea chiara e netta. Basti ricordare come Giorgio La Malfa, erede di quello che fu il glorioso Partito Repubblicano (contrapposto al Monarchico) sia arrivato all’amplesso con Vittorio Sgarbi nel Partito della Bellezza. O come gli orfani della Democrazia Cristiana abbiano circumnavigato per un decennio intorno al prezioso (elettoralmente) acronimo dc fondando via via il Ccd, il Cdu o l’Udc.
Né si può dire che, da quando sono crollati i vecchi partiti che ingessavano il panorama politico, siamo rimasti a corto di fantasia.
Dispiegata in tutta la sua flagranza nella candidatura del partito del «Sacro Romano Impero Liberale Cattolico» della leggendaria Mirella Cece o del «PPG», il Partito Preservativi Gratis fondato da Giuseppe Cirillo detto «il Generoso», un casertano che si vanta di essere il massimo consumatore mondiale di preservativi e teorizza che un corretto rapporto sessuale richiede lo scambio a rotazione, via via che infuria la passione, di 3 o 4 condom: «Scusa un attimo, cara», «Scusa un attimo, cara», «Scusa un attimo, cara».
Quanto ai simboli, ne abbiamo visti di tutti i colori. Certo, ci è mancato uno come Richard Leakey che in Kenya ha fondato, e Dio sa quanto sarebbe stato appropriato da noi, il movimento «Arca di Noè». Ma mai come in questi anni la politica nostrana è stata, rispettosamente parlando, piena di bestie. Dall’asinello dei democratici prodiani che portò la soma una sola estate all'orso federalista di Irene Pivetti al gabbiano di Antonio Di Pietro fino alla doppia opzione di Gianfranco Fini, che prima si innamorò dell’elefantino e poi della coccinella. Amori contro natura.
E smarriti.
Il centrosinistra, però, nella ricerca del nome perduto, non lo batte nessuno. Usciti i comunisti dalle macerie del muro di Berlino e i democristiani e i socialisti da quelle di Tangentopoli, sembrano ancora lì che si scrollano di dosso i calcinacci.
Soprattutto gli eredi del Pci. Erano partiti tanto tempo fa, dopo la svolta della Bolognina, con «la cosa» che doveva nascere e darsi una linea prima di scegliersi il nome giusto e ne era nato un tormentone finito in un film di Nanni Moretti e intitolato appunto «La Cosa». Era seguita l’ipotesi buttata là da Achille Occhetto di un «Partito del lavoro» o «partito dei lavoratori».
Che aveva lasciato spazio, mentre Cacciari tuonava «li ho implorati di non usare più la parola partito!», al Partito della Sinistra Democratica. A sua volta rimpiazzato tra i mal di pancia dal progetto di una nuova «Cosa 2» forse socialdemocratica o forse no («Prima "la Cosa uno", poi la "Cosa due"», sbuffò Massimo D'Alema, «mi ricorda un serial dell'orrore!») che alla fine diede vita alla semplice amputazione della parola che non piaceva al filosofo veneziano: «Democratici di sinistra». Una giostra che spinse Walter Veltroni, in una intervista, a una battuta velenosetta: «Il Pds, o come si chiama adesso...».
L'Ulivo sì, pareva aver messo d'accordo un po’ tutti. Al punto che nessuno trovò da ironizzare quando Romano Prodi, sorridendo feroce sulle altre opzioni botaniche e in particolare sulla «futile bellezza del papavero», esaltava l’amata «pianta millenaria», che «ha radici», «fa molti frutti», «è di una robustezza tremenda», e si recava perfino in pellegrinaggio là dove sorgeva un ulivo sacro millenario. Ah, l’Ulivo! Ma qui sta il punto: come andare, oltre l'Ulivo? Certo, bastava chiamare il nuovo fronte «Alleanza democratica», ma... Ma il bel nome, già presente in Portogallo, in Spagna, in Bolivia e perfino in Namibia, si portava qui appresso una disgrazia: era stato usato anni fa, quando stava a sinistra, dall’attuale cantore forzista Ferdinando Adornato. Che allora sparava a zero su quei politici della Prima Repubblica che oggi dipinge come vittime delle toghe rosse e allora vedeva come un gruppo di «guitti, saltimbanchi e entraineuses alcuni dei quali si sono ben presto trasformati in vera banda di gangster» e invitava a votare contro Berlusconi con lo slogan «Ragiona Italia». Non gli portò benissimo: 1,2% dei voti.
Alla larga, alla larga.