giovedì 25 novembre 2004

sinistre
il problema del pensiero religioso

Il Manifesto 25.11.04
Sinistra
TUTTI INSIEME NEL NOME DEL BUON DIO
Valori - da Bersani a Bertinotti, la politica tradotta in teologia
di Michele Prospero

Su Repubblica le due sinistre sono entrate in singolar tenzone per aggiudicarsi l'avvincente gara di chi fra loro è più autenticamente cristiana per combattere il fondamentalismo religioso dei neoconservatori. L'ex ministro Bersani, per la sinistra moderata, ha indossato i panni del novello storico del pensiero cercando di spiegare chela politica moderna è solo figlia del cristianesimo. Ovviamente, tutto questo ben di dio che la religione ha portato nel mondo andava riconosciuto nella costituzione europea, che per Bersani non è un insieme di regole giuridiche ma un lavoro sull'identità culturale che entra in competizione con Weber per fornire la comprensione dei fondamenti della razionalità dell'occidente. Va da sé che la sinistra radicale non poteva assistere indifferente al richiamo identitario e con Bertinotti è scesa in campo con vigore. L'etica cristiana è per lui non solo uno dei valori da recepire nella costituzione accanto ad altri ma anche una fonte essenziale dell'identità di un movimento rivoluzionario dolce. Accidenti, finito il pensiero unico siamo precipitati nel pensiero unicissimo: sotto il nome del buon dio sono tutti d'accordo da Berlusconi a Bertinotti, da Pera ad Amato a Ferrara.
Con tutto il rispetto per gli arcani intrecci mistici che avvengono sotto il cielo stellato della politica italiana, all'Osservatore Romano come lente per decifrare il mondo continuiamo a preferire il vecchio Carlo Marx che ha sempre stroncato chi fa «della religione la teoria del diritto pubblico». Mischiare la religione con il diritto per Marx era proprio un cattivo affare in quanto tra l'altro metteva in pericolo la libertà individuale. Così spiegava il suo pensiero: «lo Stato bizantino era lo Stato propriamente religioso perché in esso i dogmi erano problemi dello Stato; ma fu anche il peggiore degli Stati. Gli Stati dell'ancien régime erano i cristianissimi tra gli Stati, ciò nondimeno erano gli Stati della volontà di corte».
Cattivi tempi devono correre per davvero, se per recuperare un minimo di garantismo e di attenzione ai diritti individuali delle persone in carne od ossa occorre richiamarsi al barbuto pensatore di Trevin. Ma almeno lui si scagliava contro «l'intromissione della religione nel diritto» perché sapeva che da ciò può scaturire solo una incertezza del diritto e molta repressione, magari in nome della lotta al peccato. Che tempi strampalati se si deve rinfacciare ai chiassosi liberali il motto di Marx: «nessuna legislazione può prescrivere la moralità». A chi proponeva di rintracciare le radici religiose della politica egli obiettava che «è sufficiente far scaturire lo Stato dalla razionalità dei rapporti umani». A chi invocava valori esterni alla costituzione e alla politica, replicava prontamente: «è cattivo uno Stato che non sia la realizzazione della libertà razionale». E poi quale sarebbe la forma di Stato suggerita dalla religione? Marx al riguardo era giustamente un po più dubbioso di quanto non sia Bersani e scriveva: «i cristiani vivono in Stati con costituzioni diverse, alcuni in una repubblica, altri in una monarchia assoluta, altri ancora in una monarchia costituzionale. Il cristianesimo non decide della bontà delle costituzioni, perché ne ignora le differenze. Non quindi in base al cristianesimo, ma in base alla stessa natura, all'essenza stessa dello Stato dovete stabilire la giustizia delle costituzioni statali; non in base alla natura della società cristiana, bensì a quella della società umana». Non solo non esiste una teoria cristiana dello Stato, ma Marx invitava a prendere sul serio l'autonomia della politica. Per Bersani la secolarizzazione è solo un dono cristiano. Per Marx ovviamente neanche per sogno. Egli non si limitava a difendere Montesquieu che «aveva commesso la leggerezza di dichiarare che la virtù politica, non quella della chiesa, era la qualità più importante nello Stato». Ma affermava il carattere laico e rivoluzionario del diritto moderno: «il codice francese di Napoleone non uscì già dall'Antico Testamento, bensì dalla corrente di idee di Voltaire, Rousseau, Condorcet, Mirabeau, Montesquieu e dalla rivoluzione francese». Occorre quindi ragionare sullo Stato non a partire dalla teologia ma dai rapporti sociali. Questa cautela èandata smarrita e il vento che soffia rigonfia una domanda che Ferrara ora fa a tutti i suoi ospiti e che tanto in imbarazzo ha messo Bertinotti: lei è credente?
Marx invitava a trasformare gli enigmi teologici in problemi terreniora tutti sono inclini a tramutare le prosaiche questioni politiche in sterili dilemmi teologici. Per spiegare la pretesa minaccia islamica, invece di spiegare la società araba e una promessa tradita di modernizzazione in tanti oggi rinvengono nel corano l'ostacolo che blocca un'area del pianeta che riscopre il fondamentalismo. Davvero siamo in un mondo capovolto dove i processi reali vengono sostituiti dai libri sia pure sacri e per di più senza un soggetto che lotta per raddrizzarlo. Bertinotti, che questo presente rifiuta, chiede soccorso all'etica cristiana presa sul serio e a san Francesco. C'è però a portata di mano un'etica cristiana capace di incidere in qualche maniera sulle cose del mondo? Ascoltiamo ancora il perfido Manx «leggete il De Civitate Dei di sant'Agostino. Ritenete forse ingiusto rivolgervi ai tribunali, se venite imbrogliati? Eppure l'apostolo scrive che è ingiusto. Presentate la guancia destra, se vi percuotono la sinistra, o non impiantate piuttosto un processo per ingiurie di fatto? Eppure il vangelo lo vieta. Non pretendete forse su questa terra un diritto razionale, non mormorate forse al minimo aumento di una tassa, non andate forse fuori dai gangheri al minimo affronto alla vostra libertà personale? Eppure vi è stato detto che i dolori di questa terra non sono all'altezza dello splendore futuro. La maggior parte dei processi e delle leggi civili non tratta forse questioni di possesso? Eppure vi è stato detto che i vostri tesori non sono di questo mondo». Il vangelo, che per Bertinotti andrebbe preso sul serio per evocare un mondo altro, per Marx era affetto da una colossale sterilità assiologica dinanzi agli sterminati interessi quotidiani. Egli a più riprese ironizzava contro lo «scambio tra comunismo e comunione».
Assumere Francesco come metafora della critica radicale di ciò che esiste non avrebbe certo convinto Marx per il quale anzi non c'era «nulla di più facile che dare all'ascetismo cristiano una vernice socialista». Libertà, governo del tempo, godimento erano proprio un'altra cosa rispetto all'ascetismo dei rivoluzionari dolci. Il soggetto sociale non erano i poveri. Sull'efficacia reale dell'etica cristiana nel mutare i rapporti di forza nella società è difficile scalzare il sano scetticismo di Marx: «i principi sociali del cristianesimo hanno avuto mille ottocento anni di tempo per svilupparsi, e non hanno bisogno di essere ulteriormente sviluppati. I principi sociali del cristianesimo hanno giustificato la schiavitù antica, esaltato la servitù della gleba medievale, e se necessario si prestano anche a difendere l'oppressione del proletariato».
Bertinotti ora invoca l'etica cristiana e lascia sempre più sbiadito un movimento critico che sfida le immagini e le strutture del capitale come ideologia e come rapporto di potere. Le sinistre sono due, entrambe confuse appaiono. Il termine caro ad Ortega y Gasset, invertebrata, descrive alla perfezione la attuale condizione della sinistra in Italia.