mercoledì 10 novembre 2004

sinistra
un intervento di Aprile

APRILE ON LINE
GRANDE ALLEANZA DEMOCRATICA. CHE FARE DOPO LA VITTORIA DI BUSH?

“Solo un San Francesco ci può salvare”. La rivoluzione non violenta di Bertinotti
Progetto, radici, identità, rappresentanza. Il nuovo lessico del segretario di Rifondazione che definisce “atti di sopraffazione” le “spese proletarie” di sabato scorso a Roma

George W. Bush e la sua vittoria bis. Ieri, nel dibattito che si è aperto nel centrosinistra italiano sul voto americano, è intervenuto pure Fausto Bertinotti con un’intervista a “Repubblica”. Come spesso accade in quest’ultimo periodo, i ragionamenti del segretario del Prc aiutano a pensare con idee e spunti mai banali.
Primo problema: qual è la natura della vittoriosa destra oltre Oceano? Dice Bertinotti: “La destra americana vince grazie a una gigantesca operazione ideologico-culturale”. Non trovando consensi sul terreno pragmatico della “guerra preventiva”, quella stessa destra ha investito (come ai tempi della lotta al comunismo) sulla contrapposizione Bene-Male. Ma con una novità: al tradizionale populismo conservatore ha aggiunto la mobilitazione di Chiese fondamentaliste e di circoli culturali radicali.
Secondo problema: come rispondere alla nuova offensiva liberista che si dimostra lungi dall’aver esaurito la propria spinta propulsiva? Bertinotti cita le parole di Norberto Bobbio all’indomani del crollo del Muro di Berlino: ora che il comunismo è caduto, non perdiamo di vista il tema dell’eguaglianza. Di qui la proposta che la sinistra europea ritrovi le ragioni di “essere parte” di un progetto non esercitandosi solo sui “contro”. Sul filo di questa analisi, il segretario del Prc non trova pienamente convincenti neppure le risposte laiche di Eugenio Scalfari che vogliono difendere dubbio e tolleranza da chi vuole imporre il Bene a colpi di accetta: “Quando la Chiesa è in crisi, ci vuole San Francesco. Ci vuole una rivoluzione dolce e non violenta ma pur sempre radicale che ti ripropone con forza il tema dell’eguaglianza”.
Per sfuggire all’accusa di ideologismo fumoso, Bertinotti – in modo davvero imprevisto – arriva perfino a citare “la svolta di Bad Godesberg”, il manifesto programmatico della socialdemocrazia europea del 1959. E, in effetti, rileggendo quelle citazioni, verrebbe da dire: magari la socialdemocrazia dei nostri giorni ritrovasse la forza ideale di quella di 45 anni fa! Il riferimento, anche se “Repubblica” vi fa il titolo ammiccante dell’intervista, serve a far intendere che la sinistra ha bisogno di idealità e proposte. E in questo percorso Bertinotti auspica per l’Europa perfino il recupero dell’etica giudaico-cristiana e della cultura del diritto greco-romana che hanno costituito la forza storica dell’identità del vecchio continente..
Terzo problema: si vince, come sostiene uno stanco refrain, conquistando il “centro”? Qui Bertinotti è categorico: “Io propongo di abolire, sia socialmente che culturalmente, la stessa nozione di “centro”… proviamo a dire quale blocco sociale la sinistra deve rappresentare e difendere. Tutto il resto verrà di conseguenza”.
Se solo un San Francesco (utopico e profetico) ci può salvare, è allora ovvio che le “spese proletarie” di sabato scorso a Roma siano definite dal leader del Prc un “atto di sopraffazione” perché la disobbedienza può a volte diventare un valore ma a condizione di “prefigurare politiche sociali più diffuse e largamente condivise”.
[Al. Ga.]