mercoledì 10 novembre 2004

ringraziando di cuore ciascuna delle numerosissime compagne e compagni che hanno fatto circolare l'informazione tramite sms e e.mail

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L'ARTICOLO
IN PRIMA PAGINA DEL CORRIERE DELLA SERA
DEL 10 NOVEMBRE 2004

Ritorno agli anni Settanta
I RAGAZZI DELLE PSICO ASSEMBLEE
di GIULIANO ZINCONE

Nella penombra di Villa Piccolomini (Roma), ecco le schiere ordinate e pazienti di giovani che s’avviano verso il capannone dove si celebra l’Evento. La quantità di chi accorre è stupefacente. In fondo si tratta soltanto della presentazione di un libro pacifista di Fausto Bertinotti. Ritenevamo che l’incontro fosse riservato a pochi curiosi della politica. E invece gli spettatori sono almeno duemila, molti seduti in terra con le loro tecnoscarpette, le pance graziose e gli sguardi attenti. C’è perfino un maxischermo, per quelli che non trovano posto nella maxitenda. Quale sarà il segreto di quest’incredibile affollamento? Non certo la fama della libreria organizzatrice (Amore & Psiche), e nemmeno il fascino di Bertinotti, che si sorprende e quasi si spaventa, di fronte a una platea tanto folta. Il segreto si chiama Massimo Fagioli, psicanalista eretico che invita a smascherare «quell’imbecille chiamato Freud» e che, negli anni Settanta, intercettò le disperazioni di molti studenti e di molti intellettuali delusi dai loro sogni rivoluzionari. Noi credevamo che quella stagione fosse superata. E invece, no. Ancora oggi, migliaia di giovani seguono le psico-assemblee di Fagioli. La moltitudine che applaude Bertinotti è proprio la stessa che frequenta i seminari di «analisi collettiva» guidati dal Maestro. E il leader di Rifondazione se la cava piuttosto bene di fronte a questo pubblico febbrile, parlando della non violenza, senza sconti per la sua tradizione politica. Anzi: egli sostiene che nessuna aggressione è scusabile, per nessun fine, e che è stolto giustificare la prepotenza di sinistra mentre si condanna quella di destra.
Dopo Bertinotti, parlano anche Marco Bellocchio, regista discepolo di Fagioli, e Pietro Ingrao. Entrambi, ormai, si dichiarano buonissimi. Il cineasta rinnega le crudeltà dei suoi film migliori, il vecchio dirigente comunista esprime il proprio disgusto per la «guerra preventiva» di Bush, sorvolando su tutte le «guerre di liberazione» e su tutte le «violenze proletarie» che egli approvò fino all'altro ieri. Applausi, applausi, a Villa Piccolomini: soprattutto per il pacifista libertario Bertinotti, che qui non parla di comunismo e che farebbe bene a cancellare questa parolaccia dal nome del suo partito.
Mentre a Roma si celebrava il trionfo dell'antagonismo non violento di Massimo Fagioli, dei suoi fedeli e del convertito Fausto, nell'intera Penisola esplodeva l'immortale dibattito sul disagio giovanile, un discorso che ci sentiamo ripetere fin dai tempi d'Assurbanipal e che sembra sempre fresco, poiché le recenti statistiche ci spiegano che «un ragazzo su cinque soffre di disturbi mentali». Oddìo, che cosa sono questi disturbi? Sono quelli che si decantano nei seminari di Fagioli? Sono quelli delle persone che non trovano più identità (disciplina, organizzazione) in nessun gruppo o gruppetto d'opposizione radicale? Oppure sono quelli di coloro che vengono disprezzati, quando esprimono la loro estraneità, di fronte alle parole politiche anziane e incredibili megafonate dai teleschermi?
Che cosa sta accadendo, nel cosiddetto pianeta giovanile? Niente di «progressista» diremmo. A Milano, qualche studente del Parini allaga la scuola, e l'esempio dei teppisti contagia altri due istituti italiani. Negli anni Settanta, molte scuole venivano vandalizzate o bruciate, nei quartieri poveri del Sud. Ma allora, accanto alla brutalità, c'erano (penose) motivazioni ideologiche: alcuni estremisti distruggevano le aule perché le consideravano simboli dello Stato capitalista. Adesso le aggrediscono perché hanno paura del compito in classe. Analogo è il percorso degli «espropri proletari». A Roma, i «disobbedienti» del gruppo San Precario hanno rubato volumi (li leggeranno?) alla libreria Feltrinelli e merci varie in un ipermercato. Con azioni simili a queste, gli autonomi degli anni Settanta pretendevano di «creare isole di comunismo». Sbagliavano e delinquevano, ma coltivavano, tra l'altro, un (folle) progetto politico. I ladri d'oggi, invece, protestano contro il carovita, e si vantano di donare ai proletari i pani e i pesci dei giorni nostri: schermi ultrapiatti e telefonini.
C'è, infine, la recrudescenza della criminalità giovanile napoletana. La classe dirigente locale continua a squittire slogan contro l'assenza dello Stato, che invece è fin troppo presente, con i suoi carabinieri, con i suoi poliziotti e con i suoi inascoltati sermoni. Chiaro: la delinquenza esiste dappertutto. Ma a Napoli essa viene tollerata, giustificata e assecondata da una parte considerevole della popolazione. Perché negarlo? A parte Raffaele La Capria, che è un solitario fuoriclasse, le forze politiche, gli intellettuali e i giornali non osano sbattere la verità sulla faccia dei loro lettori/elettori vesuviani: hanno paura di perdere consensi.
Però, altrove, ci sono anche i giovani che affollano i seminari di Massimo Fagioli e (addirittura) la presentazione di un libro che parla della non violenza. Sono ragazzi affamati di appartenenze, ma anche di dubbi. Persone normali, insomma.
Giuliano Zincone


STESSO AUTORE, STESSA TESTATA

più di ventisei anni fa...

Il Corriere della Sera 12 marzo 1978
Psicoanalisi d'assemblea all'Università
A ROMA È SCOPPIATO L'ANTI FREUD
di Giuliano Zincone

Roma – "Ho sognato che rimproveravo mio figlio. Poi stiravo un suo grembiule, usando acqua distillata, e il grembiule diventava un fazzoletto. Cambia scena, ci sono dei bambini che giocano. Parlo con uno di loro, il suo muco mi va in bocca. Penso alla nascita". Siamo in un’aula dell’istituto di psichiatria dell’università di Roma, assistiamo a uno dei tre seminari settimanali tenuti dal professor Massimo Fagioli. La stanza è affollata da duecento persone, arrivate con due ore di anticipo per assicurarsi i posti migliori. Per curarsi collettivamente, raccontando i propri sogni, Fagioli risponde: "Tu annulli la nascita. Al tuo bambino dai un fazzoletto per piangere, invece di dargli investimento sessuale (interesse). La madre tenta sempre di annullare la nascita, l'Io del bambino". Gli analizzandi sono quasi tutti giovani: studenti, psicanalisti in crisi, casalinghe, gente del cinema, intellettuali. I seminari sono gratuiti, il metodo analitico è fondato sulle teorie di Massimo Fagioli, contenute nei suoi tre libri, Istinto di morte e conoscenza, La marionetta e il burattino. Psicoanalisi della nascita e castrazione umana (Ed. Armando), Freud non è solo rifiutato, ma severamente sbeffeggiato. Senza il minimo riguardo, Fagioli lo definisce come "il vecchio imbecille sadico". Jung, invece, è paragonato a un "manicomio medioevale". I pazienti vengono da esperienze di estrema sinistra, molti sono tuttora militanti. Il loro atteggiamento, nei seminari, non manifesta, in genere, disturbi gravi o disperazioni, ma una specie di ansietà, una scontentezza profonda e diffusa. La fame di benessere mentale sta diventando un fenomeno di massa, tra i giovani e gli intellettuali delle nostre città. Le radio private trasmettono sempre più spesso conversazioni, sfoghi, interpretazioni selvagge dei sogni. Si moltiplicano i gruppi d'incontro, i gruppi reichiani, si importa dall’America la "terapia dell’urlo", la "terapia del contatto". Le istituzioni psichiatriche sono screditate, i movimenti dell’antipsichiatria, i "manicomi aperti", oscillano tra la negazione della malattia mentale e la ammissione della propria impotenza. Molti psicoanalisti confessano candidamente di non credere nell’efficacia terapeutica del proprio mestiere. Fagioli, invece, ci crede. Ha comunicato nel 1975 questo lavoro all’università, con un piccolo seminario per colleghi sfiduciati. E adesso ha in cura tre grossi gruppi, seicento persone in tutto, legate a lui (e tra di loro) dalla voglia di liberarsi della "corazza caratteriale" del "linguaggio della razionalità cosciente" di "debellare le tre streghe che rendono pazzi gli uomini: "invidia, bramosia, fantasia di sparizione" e di riscoprire il proprio Io, "l’inconscio mare calmo". La famiglia e la coppia, istituzioni che i rotocalchi danno per sepolte, sono al centro dei sogni e delle ansie degli analizzandi: Le interpretazioni di Fagioli tentano costantemente di recuperare i racconti e le preoccupazioni individuali alla dimensione collettiva, al rapporto con l'esperienza analitica e col gruppo. "Sogno che la mia ragazza è incinta". Nasce un bambino. I preparativi per il parto comprendono l’uso di sacchi di plastica: dentro ci mettiamo carne, latte". Risponde Fagioli:" All’inizio non riuscivi a capire il lavoro di analisi, perché l’analisi è frustrazione. Ma non è vero che non hai capito: il bambino è nato. Vorresti metterlo nella plastica, come per dire che non ha un Io. E invece lo ha: il vecchio Imbecille (Freud) non ci convince. Ti fa rabbia che il bambino, cioè l'Io, venga fuori a tuo dispetto. Ma in una situazione di analisi collettiva è proprio così: che tu lo voglia o no, l’inconscio reagisce". Un altro giovane: "Per motivi materiali mi riesce difficile separarmi dai miei genitori. Tento di farlo, ma con odio e desiderio di vendetta": Fagioli: "No, l’odio e la rabbia li hai nei nostri confronti, perché il seminario ti impedisce di fare i tuoi giochetti furbastri". Certo, per un osservatore esterno, molte allusioni (come questa sui "giochetti furbastri") sono incomprensibili. Chi partecipa, invece, non solo capisce tutto, ma stabilisce con gli altri dei rapporti molto particolari, fino a sognare soggetti analoghi. Alcuni analizzandi provano a mettersi (o a rimettersi) in proprio, a "curare" a pagamento altre persone. Ma incorrono nella scomunica: con estrema durezza, Fagioli accusa in pubblico i rei confessi di seminare ansia e paralisi nella assemblea, di derubare e rovinare i loro "pazienti". Ecco un’analista selvaggia ammettere in lacrime la propria colpa: "La settimana scorsa hai detto cose terribili sul mio conto. Ho sognato tanto sangue che usciva da tutte le aperture del mio corpo". Fagioli le risponde seccamente di restituire alle sue vittime i soldi che ha rubato. "I miei genitori si separarono quando avevo quattro anni – racconta una ragazza -. Mio padre sparò a mia madre, tentò di uccidere anche me, mi rincorse con una pistola. Adesso sogno ancora che mio padre vuole uccidermi. Sogno un bambino sgozzato. Molto sangue. Sogno che un giudice mi chiede di raccontare i momenti belli della mia vita. E io mi sento in colpa: non posso rispondere, perché di momenti belli non ne ho avuti mai". Interpreta Fagioli: "il bambino sgozzato è l’Io. Per recuperarlo devi superare l’identificazione con tuo padre e con tua madre. Devi mettere la tua storia personale in un discorso sociale, in un rapporto. Non sei sola. Molti padri, molti psicoanalisti tentano di ammazzare i figli, pazienti". Prevalgono nei seminari, la fede nel maestro e l’ansia di esserne gratificati. Ma ci sono anche casi di scetticismo. "Massimo, mi chiamo Emilia, devo assolutamente parlarti. E’ la prima volta che vengo, non mi convinci, a sentire tutti questi sogni non mi sono divertita per niente…..". La interrompe un’altra donna, piangendo: "Quando neghi il ruolo di Massimo uccidi i bambini. Ho sognato che ero a Parigi, in una situazione di post-sessantotto, al pronto soccorso, vedo una testa e le tolgo il cervello. Ho fatto cose tremende nella realtà materiale, faccio male ai bambini, lunedì scorso mi hai detto quel che mi merito, mi sono sentita una delinquente, e mia figlia mi dice sempre vaffanculo. L’unico che aiuta sei tu". Il marito di questa signora è riuscito a scrivere una sceneggiatura e lei lo invidia. Il giorno dopo, Fagioli dirà al marito: "Ieri tua moglie Caterina ha avuto una crisi di invidia nei tuoi confronti. Lei non ammette che una persona possa realizzarsi, fare progressi". No, Fagioli non è certo un analista permissivo, non usa la bacchetta magica per far sparire i sentimenti di colpa dei pazienti. Ma questa, forse, è una delle cause del suo successo, nei confronti di un gruppo sociale per il quale la contestazione del principio d’autorità ha coinciso con la caduta di un intero sistema di valori. A noi sembra che (al di là dei suoi compiti specifici) Fagioli interpreti in modo piuttosto "contemporaneo" un ideale di società fraterna (non gerarchica) capace di darsi discipline e regole del gioco orientate verso finalità comuni. "Bisogna prima far l’amore con la madre, e poi uccidere il padre", dice Fagioli, capovolgendo la storia di Edipo. Il che significa (se interpretiamo correttamente) che, prima di abbattere l’autorità, è necessario esser certi della propria identità e dei propri fini. Molti giovani e molti intellettuali, orfani di utopie e delusi dall’azzeramento culturale generato dalle loro esperienze recenti, vogliono sentirsi dire proprio questo. E, in attesa della "società fraterna" accettano di buon grado l’autorità ("liberante" ma ben presente) di Massimo Fagioli. Parliamo col professore. E’ molto severo. Condanna l'omosessualità ("è annullamento, è legata alla pulsione di morte"), condanna la masturbazione ("è fantasticheria sadomasochista"), condanna i suoi colleghi che negano il loro ruolo ("ma poi ricorrono ai farmaci"). "Io – dice – credo nella cura, credo nella conoscenza e nella trasformazione, come Marx. Individuo le dimensioni disumane (indifferenza, invidia, bramosia) e le frustro. La frustrazione genera interesse, desiderio di cambiare, di guarire. Con l’analisi collettiva il salto di qualità è enorme, il lavoro è molto più efficace. Ma alla base ci sono le mie teorie. Io ho avuto il coraggio e la capacità di rifiutare Freud, l’imbecille che non aveva capito niente, che era al livello di un medico che crede che il fegato sia nella coscia sinistra". La teoria di Fagioli è abbastanza complicata da riferire. L’analista ce ne offre uno schema: "La malattia mentale non è congenita. Tutti gli uomini nascono sani. Trasformano l’esperienza materiale del loro rapporto col liquido amniotico in "inconscio mare calmo". La prima fantasia-ricordo (Io) è l’inconscio mare calmo che corrisponde a interesse e desiderio. Questo sentimento dovrebbe trovare risposta nella madre, che invece non lo soddisfa. Anzi, la madre tratta il bambino con fastidio, come un oggetto vile da plasmare, educare. Il desiderio infantile di ricevere latte e interesse diventa delusione. Il desiderio delusione si scinde in odio, rabbia, invidia, bramosia. Genera rapporti sadomasochisti o indifferenza. Eliminare l'indifferenza e frustrare il sadomasochismo porta alla scoperta dell’inconscio mare calmo, al recupero dell'Io, alla guarigione". Una teoria come questa, fondata sui "rapporti", privilegia necessariamente la dimensione collettiva e sociale. "Per me – dice Fagioli – non c’è sessualità senza socialismo, e non c’è socialismo senza sessualità. La società borghese è masturbatoria, divide nettamente il comportamento pubblico da quello privato. Nella società borghese, uno può essere un buon cittadino anche se violenta la moglie e picchia i figli, basta che rispetti il codice penale. Ci si meraviglia se i bambini diventano pazzi. Ecco, questa cose bisogna combatterle, non rassegnarsi, non assumere un atteggiamento consolatorio. Un analista che consola, condanna a morte il paziente. Viviamo in una società dove la famiglia ha ancora un enorme potere distruttivo, dove c’è una miseria sessuale tremenda. La gente, a casa, si annulla, assume dei ruoli astratti: i genitori, i figli, non sono più persone con le quali stare bene, ma autorità, sudditi, maschere"" Fagioli è severo anche con quei gruppi di psichiatri che privilegiano l’azione politica rispetto alla terapia. "Loro – dice – pensano che tutti i mali vengano dalla società e che quindi o si fa la rivoluzione o non si può curare nessuno E invece non è vero, non è automatico che tutto si aggiusti, dopo aver risolto i problemi politici ed economici. Ci vuole un interesse specifico per la dimensione psichica. Questo è il nostro compito. La trasformazione politica spetta ai partiti di sinistra. E, nel frattempo, rassegnarsi è un delitto, bisogna lavorare nonostante le istituzioni, nonostante la società. Altrimenti si finisce in un vicolo cieco: devo fare la rivoluzione perché la società mi condiziona, ma siccome la società mi condiziona non posso fare la rivoluzione. Troppo comodo". G. Zi.