lunedì 27 dicembre 2004

una mostra a Roma
«i colori degli antichi»

Repubblica 27.12.04
UNA MOSTRA SULLA POLICROMIA DELLE STATUE ROMANE
I COLORI DEGLI ANTICHI
DI GIUSEPPE DELLA FINA

«Il colore contribuisce alla bellezza, ma non è la bellezza» e ancora «un bel corpo sarà allora tanto più bello quanto più è bianco». Tali affermazioni si trovano nella Storia dell'arte dell'antichità di Johann Joachim Winckelmann e sono alla base di come abbiamo immaginato e continuiamo ad immaginare la scultura antica e, attraverso di essa, gli ideali di bellezza del mondo greco-romano. Ma, in buona parte, ci troviamo di fronte ad un equivoco: i Greci e i Romani non apprezzavano il bianco, ma al contrario la policromia.
Ora il tema è riproposto, alla luce di nuove indagini portate avanti ricorrendo a tecniche fotografiche a luce radente e a luce ultravioletta nonché ad analisi chimiche e mineralogiche, nella mostra I colori del bianco. Mille anni di colore nella scultura antica allestita all'interno dei Musei Vaticani (sino al 31 gennaio 2005). L'esposizione, curata da Paolo Liverani, illustra i risultati delle ricerche condotte nei laboratori degli stessi Musei Vaticani, della Gliptoteca di Monaco e della Gliptoteca Ny Carlsberg di Copenaghen.
La nostra attenzione si può soffermare su alcune delle antichità esposte, quali, ad esempio, la celebre Kore con il peplo e l'ancora più noto Augusto di Prima Porta, vale a dire su due statue databili rispettivamente intorno al 520 a. C. e in epoca augustea e quindi molto lontane cronologicamente e stilisticamente l'una dall'altra.
Le indagini hanno mostrato che le due opere erano in origine policrome, la ricostruzione della policromia della prima ha portato addirittura a rivederne l'interpretazione: sappiamo ora che ci troviamo di fronte non ad una fanciulla, ma ad una dea, ad Atena o, forse, ad Artemide. Le tracce del colore individuate mostrano infatti che la figura femminile indossava una sopravveste, l'ependytes, insegna del potere.
Il confronto diretto tra l'originale dell'Augusto di Prima Porta e una sua copia realizzata per l'occasione e policroma è ai nostri occhi «neoclassici» quasi sconvolgente, ma assai istruttiva dell'uso che si faceva della colorazione. La corazza, ad esempio, è lasciata bianca per consentire l'enfatizzazione delle scene, rese a colori, che la decoravano: si riferivano ad un avvenimento al quale l'imperatore attribuiva grande rilievo, ovvero la restituzione a Marte delle insegne militari di cui i Parti si erano impadroniti nella battaglia di Carrhae, una delle pagine più nere per la storia militare di Roma.
L'uso del colore andò ben oltre l'età di Augusto e lo testimonia bene un sarcofago, restaurato appositamente per la mostra, databile attorno al 300 d. C.: la fronte presenta il Buon Pastore e un'articolata scena pastorale. Su di esso si notano pennellate di rosso, di azzurro e di giallo, ma soprattutto una doratura di molte delle sue parti come il vello degli agnelli.