giovedì 27 gennaio 2005

Su Avvenimenti n°3 21-27 gennaio
Bambina provetta
Niente accordicchi parlamentari. Sulla fecondazione assistita quattro si al referendum.
di Simona Maggiorelli


Bambina provetta. Semplicemente sana. Con una nascita che la rende uguale e con le stesse possibilità di partenza, fisiche e psichiche, di tutti gli altri bambini. Non esattamente bionda con occhi azzurri o progettata pezzo a pezzo secondo i desideri astratti di papà e mamma. Semplicemente una bambina o un bambino che, nonostante i genitori siano portatori di malattie genetiche, grazie alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita con cui è stata concepita, potrà avere una vita normale. Tecniche che in Italia, dal 19 febbraio scorso, sono regimate dalla legge 40, che - unica in Europa con queste restrizioni - proibisce a una coppia sterile di ricevere gameti da donatori e alle coppie portatrici di malattie genetiche, la diagnosi pre-impianto. Ma proibisce anche la conservazione e la ricerca sugli embrioni e obbliga la madre a ricevere un numero fisso di tre embrioni, sani o malati che siano. "Apparentemente creando un piano di uguaglianza, fra embrione e madre. Di fatto, già all'articolo 1 è l'embrione a dettare le condizioni, pur essendo, non dimentichiamolo, ancora solo una potenzialità", ricorda la senatrice Ds Vittoria Franco, che proprio su questa delicata materia sta per pubblicare un libro per Donzelli.
Così come, secondo la discussa legge 40, la donna che è ricorsa alle tecniche in vitro non può rifiutare l’impianto dell’embrione, anche se malato. Semmai dopo il concepimento potrà scegliere di abortire.
"Tanto varrebbe allora, permettere la diagnosi preimpianto dell’embrione, piuttosto che arrivare a sopprimere un feto", commenta la senatrice della Lega Nord Rossana Boldi che, diversamente dai cattolici del centrodestra e della Margherita, ha scelto di votare no alla legge. "Anch’io sono cattolica - precisa -. Ma in casi di questo genere non posso obbligare un’ altra persona a non fare ciò che io non farei". E dopo che la Corte Costituzionale ha riconosciuto la validità di quattro quesiti referendari su cinque, sottolinea con vigore: "L’importante è che non si mescolino le carte, che non si raccontino storie alla gente. Sono un medico e so che non è vero che i portatori di malattie genetiche che desiderano mettere al mondo dei bambini sani vogliano fare dell’eugenetica. Semplicemente conoscono la gravità della propria patologia. Nel caso di talassemici, per esempio, sanno che i loro bambini nella migliore delle ipotesi dovranno sottoporsi a trattamenti per tutta la vita. E che, una volta diventati grandi, si troverebbero davanti al medesimo destino di dover mettere al mondo figli malati". E sul capitolo di legge che obbliga la donna a far sviluppare e farsi impiantare tre embrioni, dice: "una clausola che nega il rapporto di valutazione strettissima che ogni paziente deve avere con il proprio medico. Ogni caso è diverso dall’altro. Una ventenne alla qual vengano impiantati tre embrioni ha molte possibilità di andare incontro a un parto plurigemellare; per una quarantenne è probabile che nemmeno tre siano sufficienti. E ripartire, ogni volta, con un nuovo ciclo di stimolazione ormonale non è senza danno. Oppure mettiamo il caso di una grave
sterilità maschile, non è possibile procedere al prelievo di spermatozoi più e più volte". Insomma per la senatrice leghista, come per altri
liberal della maggioranza, non basterebbe un leggero maquillage alla legge. "Occorrono cambiamenti di sostanza - ribadisce -. E la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del quesito totalmente abrogativo, per quanto renda più difficile le cose per il cittadino, stana chi nel centrodestra ha votato questa legge ob torto collo, seguendo ordini di scuderia". Affermazioni forti che si aggiungono alle denunce del centrosinistra su un iter legislativo blindato. "Diciamo la verità - incalza la senatrice capogruppo del Carroccio in commissione Sanità del Senato - non è poi così vero che questa legge sia stata approvata da una larghissima maggioranza convinta di
quello che stava facendo. Al momento del voto a molti è stato detto: meglio una cattiva legge che nessuna legge. In aula il senatore Cursi ha espresso parere negativo sugli emendamenti. Con un pronunciamento di questo genere da parte del governo, era difficile per noi votare contro la legge". Insomma, lascia intendere la senatrice Boldi, in accordo con molti suoi autorevoli colleghi medici e scienziati: sul dibattito sulla fecondazione assistita pesano ancora troppo oscurantismo e ignoranza. Ma anche i diktat del Vaticano. "Che ci sia una campagna in atto da parte della Chiesa è indubitabile - commenta Maura Cossutta dei Comunisti Italiani -. Il fatto stesso che il Papa, accogliendo i diplomatici, abbia lanciato come primo tema la difesa dell’embrione, ne è la dimostrazione. E la sua campagna ha trovato robusti appoggi nei nostri organi istituzionali". Così l’ostentata liberalità di Berlusconi che oggi concede ai suoi libertà di coscienza e di voto, va a braccetto con le manovre di Gianni Letta, che, per lanciare un segnale al Vaticano, ha fatto in modo che il governo si presentasse alla Corte perché dichiarasse inammissibili i quesiti referendari. "La Consulta ha preso una decisione politica gravissima - denuncia il segretario dei Radicali Italiani Daniele Capezzone -, spazzando via il pericolo del quesito totalmente abrogativo, l’unico quesito che avrebbe permesso davvero di fare chiarezza. E così facendo ha aperto la strada a leggi e leggine che potrebbero svuotare dall’interno il senso del referendum, magari lasciando in piedi solo il quesito che riguarda la fecondazione eterologa, tema accettato solo dai laici". Maggioranza e prodiani, intanto, fanno da opposte sponde i medesimi scongiuri perché non si arrivi al referendum, puntando su accordi parlamentari dell'ultima ora (sono ben sette i disegni di legge in discussione, da quello diessino di Angius, a quello targato Forza Italia firmato da Tomassini e Bianconi, passando per l'ecumenico Amato), ma anche sul non raggiungimento del quorum pigiando l’acceleratore sull’astensionismo, già più volte auspicato dal Cardinal Ruini. "Storicamente la paura della scienza è sempre stata sfruttata dal potere e dalle gerarchie ecclesiastiche. Salvo poi sentirsi dire dopo 500 anni che Galileo è stato assoluto, ma il progresso scientifico non può essere fermato - commenta la senatrice Cinzia Dato, esponente dell’area laica della Margherita -. Spero che il paese non si lasci scappare l’occasione del referendum. Che lo utilizzi per un confronto pubblico aperto sui temi della scienza e della libertà di ricerca".
"Uno degli aspetti più controversi di questa legge davvero inaccettabile - attacca la Dato - è che implicitamente tenta di normare la ricerca, cioè aree molto più vaste di quelle di quelle dichiarate nelle intenzioni". In pratica la legge 40 lo fa vietando la conservazione degli embrioni e dicendo no alla ricerca su quelli conservati in celle frigorifere (In Italia sono circa 31mila). "Perché aspettare che vengano gettati in un lavandino? - domanda la senatrice della Margherita - proprio quando la scienza sta dimostrando che le cellule staminali di origine embrionale servono alla cura di molti tipi di malattie oggi incurabili. Prendiamo il caso dei trapianti, la Chiesa li ammette. Ma sappiamo anche che in India c’è chi si vende reni e cornee. Sappiamo anche che in Brasile e in altri paesi bambini vengono rapiti e uccisi perché esiste un mercato illegale di organi. Allora perché chiudere gli occhi di fronte a tutto questo in nome della sacralità dell’embrione? E proprio in un momento in cui attraverso cellule staminali embrionali si potrebbero sviluppare tecniche di autotrapianto?". "Per far ripartire la ricerca, ma anche per tutelare i diritti delle donne - dice Maura Cossutta dei Comunisti Italiani - il primo obiettivo, ora, è l’abrogazione dell’articolo 1 della legge 40, che tutela i diritti dell’embrione. Così si smantella tutto l’impianto della legge da cui promanano tutti i divieti, all’eterologa, al congelamento per la conservazione, il divieto alla ricerca sulle cellule staminali embrionali". E aggiunge: "Da medico so che, per quanto sia utile la ricerca sulle staminali adulte e dal cordone in particolare, molto più si può ottenere dalle ricerche sulle staminali embrionali perché più plastiche, con grande capacità di moltiplicarsi e soprattutto, essendo ancora indifferenziate, con la possibilità di poter essere utilizzate nella cura di organi differenti". Anche per questo l’informazione è il primo obiettivo annunciato dal comitato referendario per i sì ai quattro quesiti. Remando contro la scarsa collaborazione dimostrata fin qui dalla tv, a cui ora si aggiunge la spada di Damocle degli acting out di Celentano. "Non serve stare a parlare di filosofia - rilancia Maura Cossutta, in polemica con Paolo Prodi e i suoi richiami ad Habermas -. in questa campagna serve molto di più partire dalle esperienze concrete, dar voce alle associazioni di malati. Con questa assurda legge non si può negare loro possibilità di cura". E non solo. Bisogna avere il coraggio di parlare di valori come la libertà, la responsabilità delle persone la laicità dello Stato. "Perché non è affatto vero - conclude la parlamentare del PdCI - che i laici siano ideologici e i cattolici etici". A questi stessi temi di grande respiro si richiama anche Elettra Deiana, parlamentare di Rifondazione Comunista. "Credo che la campagna referendaria debba fare perno su questi temi. E che debbano entrare già nella discussione politica delle regionali. Perché - aggiunge - la battaglia contro la legge 40 non è un fatto marginale, ma una questione di civiltà". E non può aspettare. "Le grandi manovre per accordi di piccolo cabotaggio sono già cominciate", avverte Deiana. Una preoccupazione condivisa dalla gran parte delle forze che compongono il comitato referendario. "La decisione della Corte Costituzionale - dice Deiana - toglie lo strumento più efficace per dire no questa legge". "Una legge che - ribadisce - è in alcun modo emendabile, perché il suo impianto complessivo è antidemocratico, incostituzionale, lesivo dei diritti fondamentali". Una legge che apre la strada a un pericolo ulteriore: la messa in discussione della legge 194. "Già la maggioranza ne parla esplicitamente in parlamento e sui giornali - avverte Deiana - e non attraverso figure minori, ma per bocca di Buttiglione, di un ministro che, in quanto tale, dovrebbe garantire la legalità della Repubblica attraverso il rispetto delle sue leggi".