giovedì 24 marzo 2005

brevi dal web

repubblica.it 24 marzo 2005
Sentenza della suprema Corte nei confronti di un uomo di Trapani
"Responsabile del crac matrimoniale e di aver leso la dignità della consorte"
Cassazione, condannato il marito che non fa sesso con la moglie

ROMA - Il marito che rifiuta di fare sesso per anni con la moglie per la corte di Cassazione è colpevole due volte: non solo del crac matrimoniale ma anche per avere leso la "dignità" della consorte in quanto "donna" e come "moglie". La suprema corte, richiamando i coniugi ai loro doveri coniugali, prende spunto dal caso analizzato per stabilire che i mariti che rifiutano di fare l'amore con la moglie, in caso di separazione, si devono fare carico anche dei danni morali arrecati alle consorti con il loro 'rifiuto'.
Per essersi rifiutato "per ben sette anni di intrattenere normali rapporti affettivi e sessuali con la moglie", Francesco G., un uomo di Trapani, si è visto rendere definitivo l'addebito della separazione dalla moglie Piera N. Non solo, per la Prima sezione civile (sentenza 6276/05), l'uomo, avendo negato l'amore, ha arrecato "gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner", causando una "situazione che oggettivamente provoca senso di frustrazione e disagio, spesso causa di irreversibili danni dell'equilibrio psicofisico".
Invano il marito, cui già il Tribunale di Trapani (nel maggio 2000) e la Corte d'appello di Palermo (nel novembre 2001) avevano attribuito la colpa della separazione, si è difeso in Cassazione, sostenendo di avere interrotto i rapporti con la moglie perché "aveva preso le difese del fratello quando questi lo aveva ingiustamente accusato di essersi appropriato di somme appartenenti alla cooperativa edilizia da cui era stato realizzato l'appartamento coniugale e della quale era diventato presidente".
La suprema Corte, allinenandosi "pienamente" al verdetto dei giudici di merito che avevano sottolineato come anche il comportamento tenuto dalla moglie "non era certo confrorme ai doveri di solidarietà verso il marito", non ha potuto fare a meno di evidenziare la "gravità" del comportamento del marito che rifiutandosi di fare sesso ha causato alla consorte "lesione alla dignità di donna e di moglie".
Perché, come scrive il consigliere Sergio Del Core, non si può "dubitare che il rifiuto, protrattosi per ben sette anni, di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge costituisca gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner e situazione che oggettivamente provoca senso di frustrazione e disagio, spesso causa di irreversibili danni sul piano dell'equilibrio psicofisico".
Un rifiuto, quello della "prestazione sessuale" che, "ove volontariamente posto in essere non può che costituire addebitamento della separazione" in quanto rende "impossibile all'altro il soddisfacimento delle proprie esigenze di vita dal punto di vista affettivo e l'esplicarsi della comunione di vita nel suo profondo significato". Francesco G., il cui ricorso è stato dichiarato "inammissibile" dovrà sborsare anche 3.100 euro per avere portato la moglie in giudizio.

repubblica.it/salute 24 marzo 2005
L'insonnia si vince - Diagnosticare e curare subito
Approvate le Linee guida per il trattamento Un utile strumento indirizzato soprattutto ai medici di base. Le categorie a rischio, lo stile di vita e i farmaci possibili

Nate le prime Linee guida italiane per il trattamento dell'insonnia. Presentate in occasione della 5 Giornata del Dormiresano permetteranno ai medici di famiglia di poterla meglio diagnosticare e curare, anche e soprattutto in presenza di patologie concomitanti, in particolare le cardiovascolari e i disturbi dell'umore. L'insonnia può influenzare la prognosi di ipertensione e ischemia cardiaca (67%), spiegano gli esperti, e va sempre curata in presenza di depressione o disturbi dell'umore (il 70% degli insonni con conseguenze diurne mostra sintomi depressivi, contro il 38% dei pazienti senza disturbi del sonno).
Frutto della collaborazione tra 2000 medici di medicina generale e esperti dell'Aims (Associazione italiana medicina del sonno) le Linee "prevedono l'indicazione da parte del medico degli stili di vita adeguati, se necessario dell'uso dei farmaci ipnotici "ecologici", i non benzodiazepinici di ultima generazione - come lo zolpidem - privi di conseguenze sulle funzioni cognitive, scoraggiando e condannando autogestione e autoprescrizione (il 7,3% ricorre a cure fai da te)", spiega Luigi Ferini Strambi, presidente Aims.
Questi farmaci non costringono a una terapia continua e possono essere assunti al bisogno, sotto stretto controllo del medico, migliorando la qualità di vita (5 insonni su 10 hanno difficoltà di concentrazione e memoria) e diminuendo l'elevato rischio per i 12 milioni di italiani che soffrono di insonnia di veder compromesso seriamente il loro stato di salute generale. Il 40,5% degli insonni rifiuta le terapie, spesso per paura dei vecchi farmaci che davano assuefazione ed effetti collaterali.
"Entro un anno e mezzo avremo farmaci anche più evoluti dello zolpidem per una terapia sempre più personalizzata", sotiene Ferini Strambi.
Più di 4 su 10 pazienti che si recano tutti i giorni dal medico di famiglia è insonne. "Il medico di base grazie a una corretta indagine sul paziente può diagnosticare gran parte delle insonnie e impostare una terapia. Nel 70% dei casi è necessario il ricorso al farmaco, anche se è fondamentale anche la terapia comportamentale. Quando serve, il farmaco va dato subito, per evitare il "condizionamento negativo"", che l'insonne cioè, non riuscendo a dormire per giorni instauri un meccanismo d'ansia che può cronicizzare il disturbo. "Importante oltre al tempismo, la valutazione a distanza: il primo "follow up" a un mese circa. Non vogliamo creare soggetti farmaco-dipendenti", conclude lo specialista.

repubblica.it/salute 24 marzo 2005
Tra i depressi over 65 prime le donne

TRA i disturbi che più colpiscono gli anziani c'è la depressione, alla quale il Cnr ha dedicato uno studio che ha coinvolto 5600 persone in 12 anni. I numeri dicono che le donne over 65 sono le più colpite (58 per cento contro il 34 degli uomini). Inoltre tra le vittime del male oscuro, una su quattro viene colpita da un attacco di cuore. Tale conseguenza è dovuta al fatto che i depressi spesso fanno una vita meno sana. Per gli esperti è un problema di salute pubblica.

tempomedico.it 24 marzo 2005
Cannabis e psiche: un'associazione pericolosa
Nelle persone predisposte aumenta il rischio di psicosi nell'età adulta
di Chiara Finotti - Tempo Medico n. 790

La cannabis è ancora una volta sotto accusa: uno studio condotto presso l'Università di Maastricht, in Olanda, ha confermato la pericolosa associazione tra un suo consumo durante l'adolescenza e la comparsa di psicosi in età adulta.
"In realtà tale binomio è noto da tempo" spiega Jim van Os, coordinatore dello studio. "Il nostro è tuttavia il primo studio prospettico che evidenzia una relazione fra la predisposizione del soggetto ai fenomeni psicotici e il ricorso alla cannabis. Da studi recenti è emerso come l'uso di cannabis e la predisposizione individuale alle psicosi abbiano un effetto sinergico nell'innescare il fenomeno psicotico".
L'indagine ha coinvolto oltre 2.400 soggetti sani di età compresa fra i 14 e i 24 anni, invitati a rispondere a interviste standardizzate e coordinate da un'équipe di psicologi. L'attenzione degli studiosi si è focalizzata sulla loro abitudine a fare uso di cannabis, su un'eventuale predisposizione alla psicosi e sulla comparsa di sintomi psicotici; le interviste sono state condotte al momento del reclutamento dei partecipanti, avvenuto nel 1995, e ripetute quattro anni più tardi. La predisposizione a questo tipo di sintomatologia è stata determinata facendo riferimento a scale di valutazione attraverso l'assegnazione di un punteggio.
I dati raccolti, rielaborati eliminando i possibili fattori interferenti (l'età, il sesso, il background socioculturale, il consumo di altre droghe, di tabacco e alcol ed eventuali sintomi di depressione), dimostrano che il ricorso alla cannabis durante l'adolescenza aumenta il rischio di sviluppare una sintomatologia psicotica nell'età adulta, secondo un relazione dose-risposta. Tale rischio risulta più marcato negli individui che, all'inizio dello studio, presentavano una fisiologica predisposizione al disturbo.

corriere.it 24 marzo 2005
Non mancano gli esempi storici: da Henry Ford a Cristoforo Colombo
Ottimisti e mai stanchi? Siete «ipomaniaci»
I medici ormai la classificano come una malattia: colpisce chi «si butta» sempre e comunque, e a volte cade in depressione

NEW YORK – Che cos’hanno in comune il grande esploratore Cristoforo Colombo, il magnate automobilistico Henry Ford, la poetessa Emily Dickinson e il pioniere della mappatura genetica J. Craig Venter? Sono tutti “ipomaniaci", affetti cioè da una malattia, appena scoperta dagli scienziati Usa, che induce chi ne è affetto ad essere ambiziosissimo, ottimista, iperattivo e in definitiva a sfondare più degli altri.
«E’ una vera e propria psicosi maniaco-depressiva caratterizzata da forti correnti di energia mentale e creatività, ma senz’alcuna traccia di depressione», spiega al New York Times il professor Ronald Kessler, docente alla Harvard Medical School. «Questo disturbo mentale si chiama ipomania e affligge molte più persone di quanto si pensasse finora». «Se si guarda all’intero campo del disturbo maniaco-depressivo, meglio noto come bipolarismo, - incalza Kessler, - si può notare che dal 10 al 15% di quei pazienti non si deprimono mai. Lo scopo esistenziale di questi «malati» è l’ipomania costante: non si dorme mai troppo e si è sempre svelti, volonterosi, propositivi».
Circa il 6% degli studenti universitari americani hanno un punteggio alto nei test di personalità che misurano tendenze ipomaniacali, mentre circa il 10% dei bambini Usa hanno personalità «molto esuberanti»: una qualità principale dell’ipomania. Spesso persone afflitte dall’ipomania sono agitate, ansiose e piene di curiosità.
Come Laurence McKinney, 60enne di Boston, che dopo essersi laureato in matematica ad Harvard ha fatto di tutto nella vita: ha fondato una ditta farmaceutica, suonato in gruppi rock, creato chitarre per una delle maggiori marche di strumenti musicali e scritto un libro sulla neuroscienza della spiritualità. Nel tempo libero, oggi, fa il consulente aziendale.
Il fattore che porta la persona ipomaniacale ad avere tanto successo è che i piccoli trionfi nella vita creano in lui un enorme aumento di fiducia in se stesso, più della persona normale, stimolandolo a raggiungere livelli sempre più alti di successo. «Io non credo per nulla d’essere più intelligente degli altri, ma sono più veloce - afferma McKinney, - faccio più errori ma li faccio più velocemente degli altri: ho così tante padelle sul fuoco nello stesso tempo che qualche frittata riesce bene anche a me».
«Molte persone con inclinazioni ipomaniacali hanno una notevole determinazione», dice il dottor Kay Redfield Jamison, professore di psichiatria alla Johns Hopkins University ed autore del libro «Exuberance», in cui sostiene che episodi ipomaniacali sono spesso accompagnati da ispirazioni scientifiche, matematiche e letterarie. «Tanti geni del passato erano affetti da questo disturbo», assicura Jamison.
Il vero problema, secondo il prof Peter Whybrow, direttore dell’istituto neuropsichiatrico dell’università della California a Los Angeles, è che nella maggior parte dei casi le persone ipomaniacali crollano a mezz’età. «Di solito questi individui sono ricoverati o debbono andare dallo psichiatra, dopo che qualcosa nella vita gli va male. E riflettendo sul loro passato, precisa Whybrow, - si accorgono di aver intrapreso tantissimi progetti, ma di averne portati a termine ben pochi».